La cultura, così come le arti e i media, non sembrano prioritarie, una volta ancora, nell’agenda dei politici italiani, almeno in quella presentata da Meloni e Salvini e Berlusconi.

Chi redige queste noterelle può vantare oltre trent’anni di pratica nella frequentazione del sistema culturale italiano, ed anche una qualche esperienza come “consigliere del Principe” (fosse egli un ministro o un sottosegretario o un assessore regionale o comunale): sa bene, quindi, che spesso i “programmi elettorali” sono il risultato di una convulsa attività di redazione, affidata a consulenti ed esperti di fiducia ed ai “portaborse” degli eletti… In rare occasioni, un “programma elettorale” è il risultato di studi approfonditi e di consultazioni condivise (magari con logica “bottom up”…). Viene elaborato in modo caotico nelle segrete stanze dei piani alti.

Non interessa sapere “chi” materialmente ed esattamente abbia redatto il programma del centro-destra, che è stato anticipato ieri alla stampa ed ai media, e che viene presentato dalla triade Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) e Matteo Salvini (Lega Salvini) e Silvio Berlusconi (Forza Italia). Co-firmano i “centristi” della lista “Noi Moderati, che unisce l’Udc di Lorenzo Cesa, Coraggio Italia di Luigi Brugnaro, Italia al Centro di Giovanni Toti e Noi con l’Italia di Maurizio Lupi (complimenti ai rispettivi creativi per il fantasioso “naming” di queste aggregazioni politiche…). Il testo sarebbe stato chiuso “in tipografia” martedì sera ed un estratto è stato anticipato ieri mercoledì da “Affari Italiani.it” (che si vanta di essere “il primo quotidiano digitale, dal 1986”) diretto da Angelo Maria Perrino. La versione definitiva del testo è stata approvata ieri pomeriggio e viene consegnata questa mattina al Viminale insieme ai simboli del centrodestra.

Non interessa, in questa sede, analizzare come siano state “mediate” le tesi dei partiti alleati in materia di “flat tax” (la tesi appare ammorbidita e non viene indicata alcuna soglia per l’aliquota), o di elezione diretta del Presidente della Repubblica (tesi cara alla Meloni), di sicurezza e immigrazione (ritorno ai decreti salviniani), e finanche realizzazione del Ponte sullo Stretto (vecchia idea di Berlusconi), eliminazione del reddito di cittadinanza… Tutte tematiche di indubbia importanza, sia ben chiaro.

Quel che qui ci limitiamo ad osservare è che l’attenzione rivolta alla cultura, alle arti, allo spettacolo, ai media è assolutamente modesta e marginale, con un approccio nel quale prevale – in sintesi estrema – il “made in Italy”, ed uno sfuggente cenno al digitale come strumento di modernizzazione delle filiere del turismo e della cultura

Un po’ poco.

Estrapoliamo il Capitolo 10 del cosiddetto “accordo quadro di programma”, ovvero dal documento in 15 punti (e 17 pagine) intitolato “Per l’Italia” ovvero “Accordo quadro di programma per un Governo di centrodestra”.

Il titolo è sintomatico: “Valorizzare la Bellezza dell’Italia nella sua immagine riconosciuta nel mondo”:

  • Tutela e promozione del Made in Italy, con riguardo alla tipicità delle eccellenze italiane
  • Italiani all’estero come ambasciatori dell’Italia e del Made in Italy: promozione delle nostre eccellenze e della nostra cultura attraverso le comunità italiane nel mondo
  • Costituzione di reti di impresa del comparto turistico, per la promozione e commercializzazione del settore, anche a livello internazionale. Sostegno al settore dello spettacolo e incentivi per l’organizzazione di eventi a livello nazionale
  • Sostegno alla presenza dell’Italia nei circuiti dei grandi eventi internazionali
  • Tutela della nautica e delle imprese balneari: 8000 km di litorale, 300.000 addetti del settore, un patrimonio che va tutelato
  • Tutela e promozione del patrimonio culturale, artistico, archeologico, materiale e immateriale, e valorizzazione delle professionalità culturali che costituiscono il volano economico e identitario italiano
  • Valorizzazione e promozione di un’offerta turistica diversificata

Da segnalare che la formula (generica assai) “Sostegno al settore dello spettacolo e incentivi per l’organizzazione di eventi a livello nazionale” è un sub di “Costituzione di reti di impresa del comparto turistico, per la promozione e commercializzazione del settore, anche a livello internazionale”: non un punto a sé.

Emerge evidente una prevalenza del “turismo” sulla “cultura”.

Emerge una prevalenza del concetto di “promozione”, sia essa turistica o culturale, in chiave economica: teoria ed apologia del “made in Italy”.

Provoca un sorriso che il tema “tutela della nautica e delle imprese balneari” sia anteposto a “tutela e promozione del patrimonio culturale”: peraltro, di questo settore (nautica e balneare), vengono citati due dati essenziali, ovvero 8mila chilometri di litorale e 300mila addetti del settore, mentre del pur ricco settore delle imprese culturali e creative, nessun… numero!

Certo, i redattori hanno cercato di recuperare qualche punto, scrivendo un generico auspicio di “valorizzazione delle professionalità culturali che costituiscono il volano economico e identitario italiano”, così enfatizzando le due funzioni della cultura, attraverso la formula “volano economico” (e qui giunge l’eco delle tesi storiche di Dario Franceschini) e “volano identitario” (e qui l’eco delle tesi di Giorgia Meloni).

Nel programma del centro-destra, quasi assente la parola “digitale”!

E che dire del “digitale”?

La parola “digitale” non appare nemmeno 1 volta una in tutto il documento, ma ci sono due citazioni di “digitalizzazione”: una è proprio rispetto alle filiere turistiche e culturali (come abbiamo appena citato) e l’altra è – peraltro non meno generica – riferita alla pubblica amministrazione: “Digitalizzazione, efficientamento e ammodernamento della Pubblica Amministrazione”, nel Capitolo 3 (intitolato “Riforme istituzionali, della giustizia e della Pubblica Amministrazione secondo Costituzione”). Si legge anche di “potenziamento e sviluppo delle infrastrutture digitali ed estensione della banda ultralarga in tutta in Italia”, nel Capitolo 2 (“Infrastrutture strategiche e utilizzo efficiente delle risorse europee”): bene, ma un po’ generico, nevvero?! E che dire delle dinamiche – delicate e strategiche – relative a Telecom Italia piuttosto che a RaiWay?! Nessuna traccia.

Questo capitolo 10 del programma del centro-destra sembra scritto da consiglieri e “ghost writer” dei ministri Giancarlo Giorgetti (Sviluppo Economico), Luigi Di Maio (Esteri), Massimo Garavaglia (Turismo). Anche se Di Maio ovviamente è schierato con parte avversa, avendo deciso di “associarsi” al gruppo elettorale di “centro sinistra”, con la lista “Impegno Civico”, in compagnia del democristiano sempiterno Bruno Tabacci

Sarà stata coinvolta, nella redazione di questo programma, l’esponente di punta, in materia di cultura, della Lega, qual è la Sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni (peraltro assai stimata dal leader Salvini)?! Se la risposta è positiva, il risultato appare deludente.

Basti osservare che è totalmente assente la parola “moda”, che forse, anche in termini di “made in Italy”, conta un po’ di più del settore… balneare!

Nemmeno 1 citazione una per “design” o anche “industrie creative”…

La Rai non è nemmeno citata, né la moda, né il diritto d’autore, né l’associazionismo culturale

Altra rimozione: “televisione” (ed ovviamente Rai!)… E nessuna traccia di quelle ipotesi di “regionalizzazione” del servizio pubblico mediale, che pure erano emerse in ambienti della Lega qualche settimana fa (vedi “Key4biz” di martedì scorso 9 agosto, “Rai, la proposta: “Regionalizzarla insieme al canone”. Di cosa si tratta?”). Anche se la questione potrebbe però rientrare nel Capitolo 3, quando si auspica il massimo riconoscimento delle autonomie ed il federalismo fiscale…

Altra rimozione: “media”. Anzi… no, un cenno c’è, ed indiretto: si annuncia “stop ai processi mediatici” (sempre nel Cap. 3 dedicato alle “riforme istituzionali…”).

Non un cenno sul “diritto d’autore”… Nulla sull’esigenza di regolare in qualche modo i “social media”, anche per quanto riguarda il problema dell’accesso dei minori alla pornografia…

la stampa, l’editoria, i quotidiani (che un qualche – e magari innovativo – sostegno dallo Stato dovrebbero riceverlo)? Non pervenuti.

Non un cenno agli incentivi fiscali a favore della cultura (quel “2 per mille” cancellato nel 2022 dall’attuale Governo: vedi “Key4biz” del 17 giugno 2022, “Cultura, saltato il 2 x mille: a bocca asciutta oltre 3mila associazioni”).

Non un cenno all’associazionismo culturale, quell’universo sociale rimosso dai più, eppure ricchissimo e prezioso, come ricordavamo qualche giorno fa anche su queste colonne: vedi “Key4biz” di ieri l’altro martedì 12 agosto, “Qualcuno si ricorderà delle oltre 54.000 associazioni culturali italiane nei programmi elettorali?”.

Deserto di idee.

I responsabili di questo disastro redazionale (in materia di cultura e digitale)?!

Il programma è stato co-redatto dal “tavolo di lavoro” formato da: per Fratelli d’Italia, dal
senatore Giovanbattista Fazzolari e dall’europarlamentare e Co-Presidente dell’Ecr Raffaele Fitto; per la Lega, dal Responsabile dei Dipartimenti Armando Siri e dal Capogruppo al Senato Massimiliano Romeo; per Forza Italia, dal Responsabile dei Dipartimenti Alessandro Cattaneo e dal Vice Presidente della Camera Andrea Mandelli… Ieri Cattaneo e Mandelli si sono addirittura vantati che “questo programma elettorale è frutto di un lavoro condiviso e virtuoso, che sottolinea la qualità delle idee e la sostanza dei contenuti del centrodestra”. Ahinoi, questa “qualità” e “sostanza” ci appaino piuttosto deboli, in materia di cultura e media e digitale…

Sicuramente non è stato coinvolto – almeno per quanto riguarda Fratelli d’Italia – Morgan… L’eccentrico cantante aveva dichiarato qualche giorno fa, in un’intervista al quotidiano “il Giornale”: “sto consigliando Giorgia Meloni per il programma elettorale. Ho detto la mia sull’uso dei vocaboli, sulle parole che poi sono parte del mio mestiere. Anche sulla linea politica, qualcosina eh, ma non ne voglio parlare”. Immaginiamo che Morgan qualche parola in materia di cultura ed arte l’abbia spesa, ma evidentemente non è stata accolta… Peraltro, la stessa Giorgia Meloni, in un’intervista alla radio Rtl 102.5 ha poi precisato, per quanto riguarda il contributo al programma elettorale, “non è vero, ma ogni tanto ci sentiamo”. Il musico ha poi precisato che non si candida alle elezioni e che lui resta un “anarchico”…

Auspici generici e bonari intendimenti, almeno in materia di cultura e media

Conclusivamente, auspici generici e bonari intendimenti, da parte della coalizione del centro-destra, in materia di cultura e media, arti e digitale.

Grande delusione. Tecnica e civile.

Indipendentemente dalla parte politica per la quale si nutre stima e simpatia.

Attendiamo ora di poter leggere i programmi elettorali del centro-sinistra, inclusa l’inedita alleanza tra Carlo Calenda e Matteo Renzi, e del Movimento 5 Stelle, che notoriamente correrà da solo.

Il programma del Partito Democratico è ad oggi ancora in fase di “rifinitura”, anche perché il testo deve essere approvato dalla Direzione del partito, che è convocata per domani sabato 13 agosto.

Diverte infine osservare la polemica dei grillini verso il Partito Democratico, in materia di “programma”: “il Pd sta tappezzando l’Italia con dei manifesti pubblicizzando una norma che è della Ministra delle Politiche Giovanili, la nostra Fabiana Dadone, per le agevolazioni fiscali sugli affitti per studenti e lavoratori under 35. Fanno campagna elettorale con le nostre misure e promettono quello che abbiamo già realizzato”. E “scagli la prima pietra chi è senza peccato”, ha commentato qualcuno: il M5s propone in effetti nel suo programma (il cui coordinamento redazionale Giuseppe Conte ha affidato al senatore Gianluca Perilli) di abolire gli stage e i tirocini gratuiti, proprio come aveva annunciato di volere Enrico Letta mesi fa in un’intervista a “Che tempo che fa”…

Il rischio che ogni programma finisca per apparire la caricatura degli altri è latente.

Peraltro, va ricordato che ormai in Italia la “forma-partito” è divenuta liquida, anzi spesso evanescente.

Chi scrive queste note ha bella memoria di come uno degli aspetti positivi della politica ai tempi della Prima Repubblica fosse l’attività dei centri studi dei partiti e di fondazioni culturali che di essi erano spesso emanazioni (tra tutti, emerge la memoria di “MondOperaio”, il “think tank” del Partito Socialista Italiano…).

Si trattava di laboratori di idee, dalle cui elaborazioni attingevano i partiti anche in occasione delle campagne elettorali. Scomparsi.

E quindi oggi ci si affida a redattori che appaiono piuttosto generici e confusi e finanche… improvvisati.

Dilettanti allo sbaraglio, che si copiano pure l’un l’altro?!

E tutto questo contribuirà certamente ad alimentare il preoccupante fenomeno dell’astensionismo elettorale.