Impazza confusione. Non soddisfatti dell’inevitabile “filtro” dei media, abbiamo deciso, nel pomeriggio di sabato 21 e domenica 22 marzo, di recarci direttamente alla “fonte”, ovvero al Dipartimento della Protezione Civile, a Saxa Rubra, sulla via Flaminia, a poca distanza dalla sede Rai: in effetti, la mera videoregistrazione della ormai tradizionale conferenza stampa del Commissario Angelo Borrelli, che si tiene presso il Dipartimento, non consente di comprendere alcuni aspetti e l’atmosfera del “dietro le quinte”, dato che si tratta di una telecamera fissa sul tavolo di presidenza.

A parte le solite prassi burocratiche per l’accredito dei giornalisti, quel che stupisce è che i colleghi che seguono “live” la conferenza stampa delle 18 siano veramente pochi, nemmeno una decina: in forza quelli di Rai (da Tg1 a RaiNews), e qualche redattore di agenzie stampa (da Italpress a Nova). La diretta della trasmissione stimola comunque un profluvio di dispacci di agenzia, di giornalisti che non si avventurano fino alle lande di Saxa Rubra, e scrivono quindi dalle proprie redazioni mentre guardano la diretta di Borrelli.

Impressione coreografica: giornalisti seduti in ordine sparso (ovviamente a distanza di sicurezza) e comunque a dieci metri dalla presidenza, le conferenze iniziano puntuali, e sono sempre presenti una decina di gentili funzionari del Dipartimento, atmosfera complessivamente serena, anche se ogni volta sembra di assistere ad un bollettino “necrologico”, per quanto il Commissario Borrelli adotti sempre la stessa sequenza narrativa, con tono pacato, con prossemica misuratissima: prima i guariti, poi i contagiati, infine i deceduti.

La sessione di domenica ha registrato una qualche preoccupazione, perché era stata diffusa, qualche ora prima dell’inizio, la notizia che 12 dipendenti della Protezione sono risultati “positivi” al test Covid, ma l’Ufficio Stampa ha subito precisato che nessuno di loro aveva avuto contatti con la sala ove si tiene la conferenza. Sospiro di sollievo dei presenti.

Abbiamo posto alcuni quesiti, sia sabato al Presidente dell’Istituto Superiore per la Sanità, Silvio Brusaferro, sia domenica al Presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli. In effetti, ogni giorno, il Commissario viene affiancato da un esperto, e talvolta dai rappresentanti di altre istituzioni.

Non v’è alcuna censura, ed i giornalisti possono esprimersi in assoluta libertà: questa dinamica va certamente molto apprezzata.
Piuttosto, a conferenza stampa conclusa, domenica sera, alcuni funzionari della Protezione hanno sostenuto che forse da lunedì 24 marzo non sarebbe stato consentito l’accesso ai giornalisti alla sede della Protezione Civile (come ovvio, sempre per ragioni di sicurezza), e che le domande sarebbero forse state accolte soltanto via email, inviate prima delle 16:30. Insieme ad altri colleghi, abbiamo lamentato che questa modalità potrebbe determinare rischi di deriva censoria, e che certamente andrebbe a limitare processi dialogici, violando diritti essenziali degli operatori dell’informazione (e – si consenta – dei cittadini, ovvero il loro diritto ad essere informati in modo plurale).

Abbiamo quindi domandato a Brusaferro se, nell’assumere decisioni così draconiane di limitazione della libertà di movimento dei cittadini, il Governo (ovvero il Ministero della Salute, il Dipartimento della Protezione Civile, il Ministero dell’Interno, eccetera) abbia valutato con attenzione le possibili conseguenze nel tessuto psico-sociale del Paese, dato che queste riduzioni di diritti (garantiti costituzionalmente) riguardano decine e decine di milioni di persone.

I rischi di effetti perversi di queste limitazioni sono molti: basti osservare che le telefonate di denuncia per molestie al Telefono Rosa in questo periodo sono scese della metà (rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso), e si tratta soltanto di un esempio “micro” di quel che può avvenire nella intimità dei nuclei familiari, tra conviventi e simili.

Brusaferro ha riconosciuto l’importanza del quesito, ed ha ricordato anche quei milioni di cittadini diversamente abili che, con queste disposizioni così rigide, si vedono privati di parte dell’assistenza che lo Stato – nel bene e nel male – assegna loro…
In sostanza, però, il quesito che abbiamo posto è caduto nel vuoto, anche se il Presidente dell’Iss ha voluto rimarcare che il Ministro ed il Governo sono sensibili alla materia, e proprio nella mattinata di sabato era stato coinvolto in una riunione di lavoro il Presidente dell’Ordine degli Psicologi.
Sensibili” a parole, commentiamo noi.

È vero che la malattia, il dolore, la morte meritano assoluto sacrosanto rispetto, ma crediamo che la limitazione di diritti fondamentali possa determinare, nel breve-medio periodo, conseguenze assai gravi, meno “evidenti” iconologicamente del crash del sistema sanitario o delle bare esposte, ma striscianti nel tessuto psichico e sociale del Paese.

Quanti giorni, quante settimane potremo resistere, barricati / reclusi in casa?!
Non ci è piaciuta poi la “visione” iperpositiva ed idilliaca proposta dal Professor Brusaferro: ha teorizzato “la famiglia” come nucleo sociale nel quale l’emergenza Covid può provocare occasioni di maggiore e migliore dialogo interno, sviluppo di rinnovate relazioni, migliore solidarietà intergenerazionale… Ha comunque riconosciuto con onestà che questo era il suo modo di vedere il bicchiere “mezzo” (o comunque in qualche modo) pieno…

Domenica pomeriggio, abbiamo invece posto al Presidente del Consiglio Superiore di Sanità un quesito sulle misure di precauzione, dato che nella mattinata l’Ordine dei Biologi aveva diffuso sul proprio sito web un documento che propone un “Protocollo” di “Azioni Contro il Covid-19”, a cominciare “dall’ingresso in casa” (che risultava curato da un non meglio identificato “Grupo Especial de Operaciones de Salvamento” ovvero “Geos”), con suggerimenti come: “quando torni a casa, cerca di non toccare niente”, “togliti le scarpe”, “disinfetta le zampe del tuo animale domestico”… Un documento che contrasta le indicazioni essenziali – ed in verità semplici – diramate dal Governo e specificamente dall’Istituto Superiore di Sanità, ovvero: mantenere la distanza di almeno 1 metro, lavarsi spesso le mani, evitare di starnutire e tossire in presenza di altri… Un documento che stimola invece ulteriori ansie, alimentando quei processi di isteria di massa che sono ormai striscianti.

Il Professor Locatelli ha manifestato quasi un “no comment”, evitando una naturale polemica, limitandosi a sostenere che ci si deve attenere esclusivamente a quel che viene indicato sul sito del Ministero della Salute e sul sito dell’Istituto Superiore per la Sanità.

Scavando nel web, emerge che il documento firmato “Geos” è stato prodotto da una fondazione di volontari attiva in Bolivia, e deve essere stato tradotto in italiano da qualche solerte ma approssimativo cittadino…

Alle ore 21 di domenica sera, piace osservare che il documento non è più disponibile sul sito web dell’Ordine Nazionale dei Biologi, ma è ancora presente su molti altri siti internet (vedi alla voce “fake news”), e ci si domanda qual è il criterio con il cui ogni istituzione produce dei documenti autonomi su materie così delicate: la libertà di opinione è sacrosanta, ma emerge ancora una volta l’esigenza di una “fonte informativa istituzionale” unica ed univoca.

In effetti, anche i siti web dei vari dicasteri non sono esattamente allineati tra loro, e non emerge una “voce” unica, una fonte di riferimento, che consenta di superare lo stato di crescente confusione, alimentata anzitutto dal web ma anche dai media “mainstream”.

Basti osservare quel che accade in Rai, in perdurante assenza di una “cabina di regia” editoriale-redazionale: abbiamo proposto che RaiNews24 divenga il canale istituzionale del Paese, con una informazione dedicata, 24 ore su 24, soltanto all’epidemia, ma il suggerimento non è stato ancora colto.

E quindi anche la televisione pubblica finisce per divenire il megafono di messaggi talvolta imprecisi, confusi, contraddittori, polisemici…
Conclusivamente, al di là della compressione opinabile di diritti costituzionali (la libertà di movimento), emerge un problema grave di flussi informativi ridondanti e discordanti: su questa materia il Governo dovrebbe assumere una linea comunicazionale seria.

Purtroppo, l’esperienza delle settimane scorse non sembra abbia insegnato granché al Premier ed al suo “comunicatore” Rocco Casalino: se penosa è stata infatti la gestione della comunicazione relativa alla chiusura delle scuole, il 4 marzo scorso, non meno imbarazzante la diretta dell’annuncio di una ulteriore “stretta” alle attività del Paese domenica notte, utilizzando Facebook invece che Rai. E che dire della inevitabile confusione che si è determinata, dalle 23:30 di sabato 22 (discorso del Premier) alle 20:30 di domenica, allorquando v’è stata finalmente divulgazione del testo effettivo pubblicato in una edizione straordinaria della Gazzetta Ufficiale?!

Un Paese serio non può essere governato in modo così maldestro. Ancor più durante una così dura emergenza. E non si tratta, in verità, soltanto di un problema di comunicazione.

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