All’incasso i partiti si spartiranno circa 18 milioni dell’Irpef. Ma hanno tagliato fuori le associazioni di un intero settore

Tra qualche settimana, oltre 3mila associazioni culturali, su un totale di 6lmila attive in Italia, andranno a beneficiare di una piccola ossigenazione derivante dalla quota del “2 per mille” dell’Irpef che i contribuenti hanno destinato loro l’anno scorso, apponendo una crocetta nel riquadro del Modello 760 e simili. Sono le 3.029 associazioni (meno del 5 % del totale) che si sono iscritte in un apposito registro curato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

In effetti, una norma introdotta nel 2016 dal Governo Renzi ha affiancato questa chance del “2 per mille” alle associazioni culturali al tradizionale “8 per mille” per le confessioni religiose, al “5 per mille” per il non profit e la ricerca ed al “2 per mille” che è possibile destinare ai partiti politici. La norma è però stata cancellata, inspiegabilmente, negli anni successivi. Recuperata, per volontà di Dario Franceschini, nel 2021. Non è dato sapere quanto abbia prodotto, perché l’Agenzia delle Entrate non ha ancora rivelato il flusso dell’anno scorso: per il 2016, fu nell’ordine di solo 10 milioni di euro, a favore di 1.130 associazioni culturali. Pochi danari, ma assolutamente preziosi per un settore che si scontra con meccanismi di finanziamento pubblico alla cultura che sono rigidi, vetusti, anelastici.

A bocca asciutta

Se è vero che lo Stato italiano inietta ormai nel sistema culturale ben 750 milioni di euro a favore del settore cinematografico ed audiovisivo (anche a favore di imprese che poi vengono paradossalmente acquistate da gruppi stranieri) e 400 milioni nel settore dello spettacolo dal vivo (con i carrozzoni degli enti lirici a fare la magna pars), tutto il mondo delle associazioni culturali permane trascurato anzi negletto.

In questi giorni, pochi osservatori hanno scoperto che il “2 per mille” alle associazioni culturali non è più possibile nella dichiarazione dei redditi di quest’anno. Ad inizio maggio, un gruppo di parlamentari del Partito democratico (guidati da Rosa Maria di Giorgi) ha presentato un’interrogazione a risposta immediata, e Franceschini – rispondendo durante il “question time” – si era impegnato a rinnovare la misura, ma ormai se ne riparlerà nel 2023. Fatto salvo un intervento d’urgenza del Governo con un decreto legge: possibile ma difficile. Ancora una volta, il mondo delle associazioni culturali italiane resta a bocca asciutta. Quello della cultura è soltanto uno degli aspetti dell’universo “non profit”. Il “non profit” italiano non è ancora stato studiato approfonditamente, ma ha ormai dimensioni impressionanti: secondo le ultime rilevazioni Istat, si tratta di oltre 362mila enti, che impiegano complessivamente poco meno di 900mila dipendenti.

Di questi 362mi1a enti, il settore dello “sport” rappresenta il 33,1 % delle istituzioni “non profit”; seguono le “attività culturali e artistiche” (16,9 %), le “attività ricreative e di socializzazione” (13,6 %), la “assistenza sociale e protezione civile” (9,5 %). Al quinto posto, gli enti di “relazioni sindacali e di rappresentanza di interessi” (6,6 %), poi quelli “religiosi” (4,7 %), I”‘istruzione e ricerca” (3,9 %), la “sanità” (3,7 %).

Le associazioni attive nel settore della cultura e dell’arte sono ben 61.186 e danno lavoro a circa 21.500 dipendenti: già questo dato evidenzia il carattere diprevalente precariato che caratterizza questa dimensione del “lavoro culturale” in Italia. II 92 per cento di queste non profit culturali non ha nemmeno 1 dipendente!

Nel 2005 (Legge Finanziaria per il 2006), è stato introdotto il “5 per mille”, un istituto fiscale, fortemente voluto dall’allora ministro forzista Giulio Tremonti, che prevede – in una ottica di sussidiarietà – la possibilità per il contribuente di devolvere il cinque per mille della propria imposta sul reddito delle persone fisiche a soggetti che operano in settori di riconosciuto interesse pubblico per finalità di utilità sociale.

A chi Sì e a chi No

Di fatto, però, le associazioni culturali sono escluse, e quindi nel 2016 fu introdotto un “2 per mille” ad hoc per loro. Ha funzionato per un anno, è stato rimosso incomprensibilmente per 4 anni, è riapparso l’anno scorso, ma nel 2022 viene killerato… Erratiche e bislacche dinamiche parlamentari e governative.

Resta in vigore, per fortuna, il “5 per mille”, la cui dotazione ha comunque registrato andamenti altalenanti: nel 2010, la Legge di Stabilità riduceva la copertura da 400 milioni di euro a 100 milioni soltanto; la Legge di Stabilità 2015 stabilizzava la dotazione, con una copertura fissata a 500 milioni…

Hanno beneficiato del “5 per mille”, per l’anno 2021, secondo dati dell’Agenzia delle Entrate resi noti in questi giorni ben 72.738 enti, per un flusso di 525 milioni di euro: in testa, come settore, si conferma il “volontariato”, destinatario di oltre 331 milioni. Il secondo settore è la “ricerca sanitaria”, premiata con oltre 76 milioni di euro, mentre al terzo posto la “ricerca scientifica”, con 66 milioni…

E naturalmente resta intonso il “2 per mille” ai partiti, che quest’anno (Irpef 2020) porterà nelle casse oltre 18 milioni di euro…

Anche il meccanismo del “5 per mille” è comunque sotto minaccia. Il senatore leghista Gianfranco Rufa ha proposto che la destinazione del “5 per mille” venga estesa anche al sostegno delle Forze dell’Ordine e ai familiari dei caduti in servizio. Obiettivi apprezzabili in sé, ma le cui risorse vanno trovate altrove. La proposta è stata approvata al Senato il 9 giugno 2021, con il voto favorevole dei principali gruppi e l’astensione di Pd e Leu. II 6 aprile 2022 il testo di legge è stato incardinato in Commissione Bilancio della Camera, con relatore Laura Cestari (Lega). Nei giorni scorsi, grazie ad una campagna di opposizione promossa da “Vita”, dal Forum del Terzo Settore, e da soggetti come Emergency, Fai, Save the Children, Airc, Telethon (e tanti altri), la prospettiva è stata rimandata, ma la mina vagante permane.

Le due vicende si intrecciano in qualche modo. II “5 per mille” per il terzo settore a rischio. II “2 per mille” per le associazioni culturali cancellato. Lo Stato italiano conferma la superficialità con la quale guarda al “non profit”, e conferma il deficit di intervento organico, sistemico, strategico nella cultura. D’altronde restiamo tra i Paesi che spendono meno in cultura a livello europeo. E, soprattutto, spendiamo male. Le piccole imprese culturali e creative hanno difficoltà non soltanto a crescere, ma anche a sopravvivere. La Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni ha annunciato fondi per 155 milioni, attinti dal Pnrr: si attendono i bandi entro fine giugno. Si spera che non siano bandi rigidi e burocratici e soprattutto che emerga finalmente una strategia di sistema, per sostenere soprattutto le micro- imprese, gli indipendenti, i giovani artisti e creativi.

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