il Governo non riesce ad affrontare il caos informativo sulla seconda ondata della pandemia. Cambia parzialmente la strategia comunicazione, accentrata da Conte e Speranza.

Dal punto di vista “mediologico”, la situazione della pandemia peggiora anche in Italia, giorno dopo giorno: si assiste ad una rinnovata crescita impetuosa della infodemia, ovvero dello stato confusionale determinato da un Governo incapace di “governare” i flussi informativi che esso stesso – tra Stato centrale e Regioni e amministrazioni locali – produce.

Abbiamo più volte analizzato, anche su queste colonne, la deriva in atto da mesi, ed abbiamo auspicato una “voce unica” da parte del Governo (che trovasse nella Rai il primo diffusore), allorquando si continua ad assistere invece ad uno snervante ed esasperante policentrismo.

Nuova organizzazione della “comunicazione” governativa: accentrare i flussi? Non funziona

Non è stato riattivato – come pure auspicavamo (pur con tutti i dubbi del caso), a fronte del novello caos (vedi da ultimo “Key4biz” del 23 ottobre 2020, “Tra cinema e Rai, si rinnova l’ansia da pandemia”) – il rito della quotidiana conferenza stampa delle ore 18 presso la Protezione Civile della Presidenza del Consiglio, ma sono stati definiti dei nuovi appuntamenti: da questa settimana, sono stati previsti tre incontri con la stampa ed i media.

Quel che appare evidente è una decisione – da attribuire certamente in primis al consigliere per la comunicazione del Premier, Rocco Casalino – di “accentrare” i flussi tra Giuseppe Conte ed il Ministro Roberto Speranza.

Non sta funzionando.

L’analisi della situazione epidemiologica e i dati del monitoraggio settimanale della “Cabina di Regia” (di cui al Decreto del Ministero della Salute del 30 aprile 2020), da questa settimana, sono stati – da questa settimana e saranno oggetto nelle prossime – di 2 conferenze stampa, il martedì ed il venerdì alle ore 16, presso la sede centrale del Ministero della Salute (sul Lungotevere Ripa).

Il giovedì alle ore 18:30, ogni settimana, si terrà invece presso la sede di Invitalia (in via Calabria), una conferenza stampa del Commissario Straordinario per l’Emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, sulle attività per il contrasto e il contenimento dell’epidemia.

Ieri c’è stata la prima conferenza stampa di questo “new deal” comunicazionale deciso dal Governo, ed Arcuri è stato rilanciato alla grande sui telegiornali di ieri e sui quotidiani di oggi.

Non è stato invece riattivato il confronto con la stampa presso l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e non se comprendono le ragioni.

A naso, sembra che stia prevalendo la volontà di “centralizzare” i flussi, riducendo il confronto diretto dei giornalisti con i tecnici, ovvero con gli esperti del Comitato Tecnico Scientifico (Cts).

È un bene? È un male?!

Premesso che “i tecnici” (molti non facenti parte del Cts) continuano comunque ad imperversare “uti singuli” in televisione e sui giornali, riteniamo sia un male.

La conferenza delle 18 presso la Protezione Civile, con tutti i suoi deficit, era divenuta comunque “la voce” della scienza (pur con le perplessità del caso). Spesso gli esperti non rispondevano in modo esaustivo, ed erano costretti a dichiarare “noi siamo i tecnici, la decisione finale è del Governo”.

Con questa nuova modalità, si è paradossalmente accresciuta la confusione.

In questo modo, il Governo ha cercato di evitare che emergessero pubblicamente alcune contraddizioni, ovvero la tesi secondo la quale l’Esecutivo ha sempre deciso “in accordo” con il Cts.

Il tentativo di ridurre il rischio di evidenziare le “contraddizioni interne” (e le ipocrisie?!) tra Governo e Cts

Un’analisi storica di quel che è accaduto nei mesi scorsi evidenzia come ci sia stato una qualche ipocrisia, in questa dialettica “interna”.

La gentile Anna Mirella Taranto, Capo Ufficio Stampa dell’Istituto Superiore di Sanità, ci ha precisato “il Ministero della Salute ha un ruolo importante nel contrasto dell’epidemia. È il ministero impegnato in prima linea tra tutti i ministeri. È assolutamente pertinente che dalla sua sede si diffonda comunicazione istituzionale con l’ausilio di tutti noi”. Tesi incontestabile, ma ci si domanda per quale ragione il Ministro Roberto Speranza abbia ritenuto di avocare a sé (e non soltanto avocando a sé – anche simbolicamente – la “location”), quasi a voler imporre un controllo (politico) sui flussi di informazione.

Nel bene e nel male, la quotidiana conferenza stampa delle 18 alle Protezione Civile e la conferenza stampa settimanale delle ore 12 all’Istituto Superiore di Sanità consentivano ai giornalisti di porre domande, anche aspre ed imbarazzanti, allorquando l’assetto attuale riduce questa chance.

In sintesi, Rocco Casalino ha suggerito la nuova strategia: conferenze stampa del Ministero e di Invitalia tre volte a settimana, ed interventi estemporanei del Presidente del Consiglio.

Numerologia caotica: petardi isterici ogni sera sul Tg1

Quel che appare insopportabile è la grancassa che viene prodotta “a latere”, ovvero a partire da flussi di dati che non vengono interpretati in modo minimamente critico, che vengono sparati ogni sera come petardi dai Tg della Rai (meno isterico l’approccio di SkyTg24 e de La7) con toni sempre allarmisti (basterebbe analizzare il tono di voci dei giornalisti che commentano, che produce – da solo – tensione ed ansia).

Che cosa determina tutto questo?!

Che fiumi di cittadini si riversano verso i Pronto Soccorso al primo starnuto di influenza, intasandoli…

Sarebbe tanto complicato chiedere a Rai che, in apertura di telegiornali, dedicasse ogni sera cinque minuti o anche soltanto tre, con uno schema informativo-infografico efficace, che de-stimoli l’ansia e le paranoie!?

Si alimenta continuamente confusione, caos, incertezza, tensione, ansia: si “gioca coi dati” (come se fossero dadi)

Questo sciorinare impetuoso di numeri (i contagiati, i tamponi, i decessi…), lanciati in faccia al telespettatore come se fossero dei dadi, senza alcuna lettura critica (con “cartelli” acritici), contribuisce in modo determinante – e devastante – a produrre confusione, caos, incertezza, tensione, ansia.

Spesso, nei servizi giornalistici, vengono utilizzati aggettivi impropri: uno dei più frequenti è “esponenziale”. La diffusione del virus, la crescita dei contagiati, etcetera, vengono definiti come… “esponenziali”, dimostrando ignoranza nell’uso dell’aggettivo. Quando si ha a che fare con i numeri, utilizzare “esponenziale” è semanticamente scorretto e finanche criminale: questo è veramente “terrorismo mediale”.

Quella che cresce… “esponenzialmente” è l’infodemia, non la pandemia!

La situazione della pandemia è senza dubbio critica, ma basta estrapolare alcuni dati dal report che ha diffuso ieri il Commissario Domenico Arcuri: la slide n° 6 evidenzia che, al 21 marzo 2020, sul totale dei “contagiati” erano in “terapia intensiva” il 6,7 %, ed il 41,5 % erano invece ricoverati “con sintomi”, mentre oggi sono rispettivamente il 0,6 % ed il 5,3 %. Si osservi che il rapporto è grosso modo di 10 ad 1. Questa osservazione non sta a significare che la situazione non sia critica, ma forse “i dati” andrebbero trattati con maggiore cura e soprattutto con metodo.

Con questi dati (che comunque vanno presi con le pinze), verrebbe da dare ragione al professor Alberto Zangrillo (non negazionista, ma certamente anti-allarmista) piuttosto che al professor Massimo Galli (drammatico e fautore oggi di un novello “lockdown”),

Lo scontro tra i due ha assunto caratteristiche veramente ideologiche, pregiudiziali, e finanche personalistiche (con buona pace della “oggettività della scienza”): titolava efficacemente il quotidiano “Domani”, nell’edizione di ieri 29 ottobre 2020, un bell’articolo di Emiliano Fittipaldi, “Fazioni virologiche. Lo scontro politico fra Galli e Zangrillo: il virus si batte con Reagan o Keynes?”.

Merita attenzione la tesi di Zangrillo, “noi vediamo che il 60 % dei pazienti che giungono in ospedale sono pazienti che vengono dimessi entro le 10 ore successive, quindi sono i cosiddetti ‘codici verdi’”.

Il problema grave – in sintesi – viene provocato da tutti coloro che, anche soffrendo di sintomi lievi, si rivolgono terrorizzati (vedi “supra”) alle strutture ospedaliere, con un assedio che manda in tilt il sistema sanitario.

La responsabilità della Rai e dei media “mainstream” è grave, anzi gravissima, nell’alimentare un clima di tensione ed ansia, con conseguenze ansiogene.

Da osservare anche la slide a pagina 8 e finanche 9 del report arcuriano: attualmente, in “terapia intensiva” sono occupati soltanto il 22 % dei posti disponibili: 1.651 su un totale di 10.337. E va apprezzato che, dall’inizio dell’emergenza, i posti disponibili sono raddoppiati.

L’unico dato vero da monitorare seriamente è quello dei pazienti in terapia intensiva, che, qui ed ora, non sembra presentare una prospettiva così terribile, come – giocando coi numeri – sostiene il Tg1 e grande parte dei media “mainstream”…

Sala e De Magistris chiedono al Governo: ma “su quali dati assumete le decisioni ???”

I dati vengono proposti in modo scorretto, ed alimentano distorsioni gravi: basti pensare al Sindaco di Milano Giuseppe Sala ed il Sindaco di Napoli Luigi De Magistris che giustamente domanda al super-consigliere del Ministro della Salute, Walter Ricciardi, sulla base di “quali dati” egli propugni un “lockdown” per Milano e Napoli…

Il Governo gioca coi dati, e le conseguenze le soffrono tutti gli italiani sulla propria pelle.

Uno studio realizzato dai ricercatori della Fondazione Bruno Kessler di Trento, dal titolo “Assessing the risks of ‘infodemics’ in response to Covid-19epidemics”, pubblicato ieri sulla rivista “Nature human behaviour” evidenzia che una ondata di informazioni potenzialmente non affidabili sul Covid-19 si è diffusa nei vari Paesi del mondo prima del propagarsi dell’epidemia stessa.

Ricresce l’“indice infodemico”

I ricercatori hanno analizzato oltre 100 milioni di messaggi Twitter postati in 127 Paesi del mondo tra il 22 gennaio e il 10 marzo 2020, classificando le notizie in base all’affidabilità delle fonti e elaborando un “indice infodemico”. Quando il contagio dalla Cina è iniziato, si è assistito alla condivisione di un’alta percentuale di notizie potenzialmente false (“alta infodemia”). Appena il contagio è arrivato all’interno dei singoli Paesi, sono aumentate le notizie da fonti affidabili (“bassa infodemia”).

Secondo questa fonte, il rischio “infodemico” si è andato riducendo, ma temiamo che, alla luce di quel che sta accadendo nelle ultime settimane, ci si debba attendere una nuova impennata… confusionale.

Conclusivamente, la responsabilità della Rai e dei media “mainstream” – indipendentemente dei gravi errori dei comunicatori del Governo – è grande, anzi enorme, nell’alimentare un clima ansiogeno che, al di là dello specifico del Covid 19, avrà conseguenze pericolose nel tessuto psico-sociale del nostro Paese, non soltanto nel breve e medio periodo, ma anche nel lungo periodo.

Con prevedibile “gioia” degli psicoterapeuti italiani, che vedranno incrementare la quantità dei loro pazienti, qui tralasciando le conseguenze striscianti nella quotidianità di ognuno di noi…  

Clicca qui, per leggere il report presentato dal Commissario Straordinario Domenico Arcuri il 29 ottobre 2020 presso la sede di Invitalia, “L’emergenza Covid al 29 ottobre 2020”.

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