Permane deficit di dati accurati ed analisi indipendenti, sia su “Cinema Revolution” sia sul “tax credit”, ma il coro degli ottimisti si rinnova e le logiche di governo restano nasometriche e discrezionali. E poi, Chiara Sbarigia neo Presidente dell’associazione dei produttori televisivi Apa: chi andrà a guidare Cinecittà?

Due recenti edizioni della rubrica “ilprincipenudo” curata dall’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult per il quotidiano online “Key4biz” hanno suscitato alcune reazioni che riteniamo opportuno segnalare, perché sintomatiche di come funziona il sistema dell’audiovisivo italiano, ovvero di come le istituzioni ed i poteri forti reagiscono alle critiche ed alle sollecitazioni.

Venerdì 9 giugno 2023, su queste colonne avevamo manifestato perplessità sia sull’ultima opera che cerca di analizzare il sistema culturale italiano, l’“Atlante delle Imprese Culturali e Creative Italiane” (edito dall’Istituto per l’Enciclopedia Italiana alias Treccani), sia sulla reale efficacia della campagna promossa dal Ministero della Cultura (Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, retta da Nicola Borrelli) per la promozione della fruizione di film nei cinematografi d’estate, denominata “Cinema Revolution” (vedi “Key4biz” del 9 giugno 2023, “L’Atlante della cultura della Treccani e la campagna estiva per il cinema a 3,5 euro: funzioneranno?”).

Venerdì 23 giugno, segnalavamo la sortita della Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni, che annunciava, in una intervista esclusiva al quotidiano confindustriale “Il Sole 24 Ore” la commendevole decisione di mettere in atto alcune correzioni di rotta all’avventurosa navigazione del tanto decantato “tax credit” e notavamo come, nella comunità professionale, quasi nessuno avesse ritenuto di manifestare critiche all’attuale assetto dell’intervento dello Stato a favore del cinema e dell’audiovisivo, e, tra i pochi dissidenti, l’avvocato Michele Lo Foco (vedi “Key4biz” del 23 giugno, “Tax credit cinema e audiovisivo sotto indagine? Il Ministero avvia una ‘discussione’ sullo strumento”).

Anzitutto, va segnalato che la Sottosegretaria non ha ancora risposto alle domande che IsICult / Key4biz hanno posto, rispetto alla struttura dell’iniziativa “Cinema Revolution”: basti pensare che non è ancora noto nemmeno quale sia l’agenzia pubblicitaria alla quale è stata affidata la campagna, chi firma la creatività, che budget ha la campagna di comunicazione, qual è la pianificazione mediale…

E non è stata prodotta una analisi accurata ed approfondita dei risultati della campagna, almeno nella sua prima fase. Eppure ieri, la Sottosegretaria ha ritenuto di rilasciare questo comunicato stampa, rinnovando il suo (abituale) entusiasmo: “per l’estate 2023 nutriamo grandi aspettative. Ad alimentare il nostro ottimismo, da un lato lo straordinario lavoro di squadra messo a punto con tutto il sistema cinematografico per riportare il pubblico nelle sale, dall’altro i riscontri ottenuti in queste prime settimane. Finora abbiamo infatti registrato un + 54% di presenze su giugno 2022. E non è tutto: con più di 4 milioni di ingressi, già ieri sera abbiamo superato gli spettatori dell’intero mese di giugno 2019 e della media del triennio 2017/2019”. Concludendo: “per le sale sarà la stagione della ripartenza. A farla da protagonisti grazie all’iniziativa del MiC ‘Cinema Revolution’, grandi titoli internazionali e film italiani ed europei al prezzo speciale di 3,50 euro”.

Una decina di giorni prima, venerdì 16 giugno 2023, la stessa Senatrice Borgonzoni aveva commentato, con altrettanto entusiasmo: “l’estate parte con numeri straordinari. Nei primi 15 giorni di giugno + 35% di presenze rispetto a media triennio pre-pandemia”, commentando l’iniziativa che prevede che dal 16 giugno al 16 settembre la gran parte dei cinema italiano offrano il biglietto per i film italiani ed europei a soli 3,50 euro. Secondo Borgonzoni, si sarebbe trattato di “una partenza che fa volare i dati di giugno. I risultati registrati nella prima metà del mese – e in particolare il successo riscosso dall’edizione che si è appena conclusa di Cinema in Festa – ci fanno immaginare che quest’estate possa superare quella record del 2019 per presenze in sala… E non è finita qui. Come annunciato, da oggi entriamo nel vivo della campagna promozionale sostenuta dal MiC con la collaborazione dell’intero comparto cinematografico nell’ambito del progetto Cinema Revolution: fino al 16 settembre i film italiani ed europei saranno al prezzo speciale di 3,50 euro perché il resto lo metterà il Ministero. Ad affiancare questa promozione sarà una programmazione di titoli internazionali mai registrata prima d’estate per numero e importanza. E dal 17 al 21 settembre torna Cinema in Festa, che chiude il nostro piano straordinario per l’estate 2023”.

Or bene, non ci risulta che siano stati prodotti dati che consentano di comprendere quale sia stata l’efficacia reale del “piano straordinario” ovvero della campagna “Cinema in Festa” (per una settimana tutti i titoli offerti nelle sale a 3,5 euro).

Nessuno ne ha scritto, né sulle testate specializzate (“Box Office” in primis), né sui quotidiani (che peraltro non effettuano validazioni tecniche delle numerologie che spesso entrano nel circuito dell’informazione).

Davide Turrini (“il Fatto”): campagne promozionali a vantaggio esclusivo del cinema americano?

Abbiamo notato che rarissime sono state comunque le voci critiche, nelle ultime settimane: tra queste, merita essere rilanciata quella di un giornalista appassionato qual è Davide Turrini, che su “il Fatto Quotidiano”, nell’edizione di ieri l’altro domenica 25 giugno, titolava: “Biglietto del cinema a 3,50 euro solo per film italiani ed europei. Un protezionismo tardivo con le sale quasi chiuse”.

Turrini segnala “oltre 1,2 milioni le presenze – dati Cinetel – nei giorni (11-15 giugno) di Cinema in Festa, + 80 % rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre rispetto allo stesso periodo del 2022 la crescita è stata del + 187 %. La prima metà di giugno ha fatto registrare un incremento di presenze del + 65 % sull’anno scorso, del + 25% sul 2019 e del + 35 % rispetto alla media del triennio pre-pandemia 2017-2019”.

E riporta una dichiarazione di Luigi Lonigro, non nella sua veste di dirigente della società di distribuzione 01 Distribution (controllata da RaiCinema), ma di Presidente dell’Unione Nazionale Distributori dell’Anica: “supera ogni più rosea previsione la prima edizione del 2023 di Cinema in festa. Oltre 1 milione e 200 mila spettatori hanno affollato gli oltre 3.000 schermi aderenti all’iniziativa negli ultimi cinque giorni, decretando il successo di quello che è il primo tassello della strepitosa estate 2023 e del progetto Cinema Revolution. A partire dal prossimo weekend, con cadenza settimanale, arriveranno sui nostri schermi i più importanti blockbuster americani in day and date con gli Stati Uniti accompagnati da tanti importanti titoli italiani ed europei che potranno essere visti, grazie all’integrazione del MiC, al prezzo per lo spettatore di 3,50 euro.  E siamo sono all’inizio…”.

Nel coro degli entusiasti anche il Presidente dell’Associazione Nazionale degli Esercenti Cinematografici (Anec), Mario Lorini: “il successo di questi cinque giorni conferma come il percorso intrapreso sia quello giusto per riportare l’esperienza cinematografica al centro delle scelte del pubblico. Mai come negli ultimi anni si è assistito a una promozione del cinema come quella in atto, presente su tutti i media e il successo di Cinema in Festa rappresenta un importante traino per i prossimi mesi. Possiamo guardare con ottimismo all’autunno, forti di un’estate che consolida la voglia di cinema in sala nei nostri spettatori”.

Turrini smorza questi entusiasmi: “l’’iniziativa ministeriale Cinema Revolution 2023 è lodevole, per carità, ma è come cercare l’ago in un pagliaio per poi lanciare le monetine sul bancone della cassa modello saloon e vederle finire nella sputacchiera. L’architrave finanziario dell’estate 2023 al cinema in Italia ha cinque nomi: “Elemental”; “Indiana Jones e il quadrante del destino”; “Mission: Impossible Dead Reckoning part one”; “Barbie”; “Oppenheimer”. E non sono film italiani o europei. Quindi tutti a prezzo pieno”, osserva. E provocatoriamente propone: “facciamo una scommessa. A metà settembre questi cinque film avranno raccolto, a stare stretti, il 90 % degli incassi totali degli ultimi tre mesi. A cui vanno aggiunte le ultime settimane di raccolto per “Flash”, “Spider Man Across the universe” e “Transfomers” (sempre Hollywood)”. E conclude: “insomma, qualcuno a Roma direbbe: de che stamo a parlà?”.

Riteniamo che le perplessità di Turrini (“vox clamantis in deserto”, anche lui…) siano da condividere, anzi dovrebbero stimolare un pubblico dibattito su questi temi.

E che dire del grande sostegno pubblico a favore delle “arene cinematografiche” (talvolta finanche gratuite, come nel controverso caso dei “ragazzi” della ormai Fondazione Cinema America di Roma) con buona pace dei cinematografi per lo più costretti alla chiusura durante la stagione estiva?! Anche questa dinamica, non è finora mai stata oggetto di adeguate analisi.

Perché il Ministero non si attrezza con la strumentazione tecnica adeguata per valutare in modo serio le politiche che mette in atto?!

La domanda che si ripropone è quella che emerge spesso su queste colonne: perché il Ministero non si attrezza della strumentazione tecnica adeguata per valutare in modo serio le politiche che mette in atto?!

Il quesito (profondo) si riproduce esattamente nella stessa forma per quanto riguarda il “tax credit”.

Ad oggi, non è disponibile alcuno studio di valutazione di impatto che consenta di comprendere se questo strumento stia producendo un rafforzamento reale del sistema audiovisivo italiano: come abbiamo già scritto, sta certamente producendo ricchezza (per le società di produzione, senza dubbio!), sta dando lavoro (molto lavoro), ma non ci sono evidenze tecniche che vadano oltre queste semplici considerazioni.

Abbiamo tante volte – anche su queste colonne – lamentato (finanche “denunciato”) che farsi vanto di una sovrapproduzione notevole, ovvero gli oltre 300 film che vengono prodotti ormai in Italia, non è in sé sufficiente a dimostrare che “il sistema” stia crescendo bene, ovvero che l’overdose assistenzialista (questo è) stia determinando una crescita sana del sistema industriale – nel suo complesso, lungo tutte le fasi della filiera – che stimoli l’estensione del pluralismo espressivo e lo sviluppo delle audience (perché a questo dovrebbe pensare lo Stato: estendere espressività e stimolare nuovi pubblici).

A vantaggio di chi la grancassa di “Cinema in Festa” e di “Cinema Revolution”?! Si continua a legiferare in assenza di adeguata cassetta degli attrezzi

Davide Turrini si domanda se, alla fine della feria, tutta questa grancassa di “Cinema in Festa” e “Cinema Revolution” produrrà sì un qualche incremento nella fruizione estiva di cinema “theatrical”, ma a tutto vantaggio del cinema “made in Usa”, ci si domanda – su altra dinamica – se ha senso che lo Stato vada ad investire risorse pubbliche così consistenti a vantaggio di società di produzione non italiane, come sta avvenendo sul fronte del “tax credit”?

Si tratta della stessa domanda, su due dinamiche diverse.

Le due dinamiche sono accumunate da un elemento di fondo: si legifera in assenza di adeguata cassetta degli attrezzi.

Ed è interessante osservare come la totalità dei “poteri forti” del sistema – l’Anica e l’Apa in primis (la storica Agis, un tempo potente, sembra essere ormai completamente fuori dai giochi) – condividano l’entusiasmo del Ministero: facile e prevedibile, si potrebbe commentare, dato che sono i primi beneficiari del sostegno assistenziale dello Stato…

E le principali testate specializzate si associano al coro, dal mensile “Box Office” e dalla sorella “TiVù” (del gruppo e-duesse, guidato da Vito Sinopoli) al mensile “Prima Comunicazione” (diretto da Alessandra Ravetta). Su queste riviste, non viene mai (ribadiamo: mai) sollevata una critica all’attuale assetto dell’intervento pubblico nel settore.

E quasi nessuno osserva con spirito critico.

Il Ministro Sangiuliano e la Sottosegretaria Borgonzoni cavalcano l’onda lunga di Dario Franceschini: altro che “governo del cambiamento”!

Nessuno osserva con spirito critico nemmeno a livello politico: silenzio totale anche da parte di quello che era il partito storicamente più sensibile rispetto alla “politica culturale”, ovvero il Partito Democratico.

D’altronde, quella che stanno cavalcando ora il Ministro Giuseppe Sangiuliano e la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni è un’“onda lunga” provocata da Dario Franceschini con la sua legge del 2016… Poco o nulla hanno infatti finora cambiato, dei meccanismi pre-esistenti.

Tra i pochi dissidenti, abbiamo già segnalato l’avvocato Michele Lo Foco, tecnico qualificato di area destrorsa. Eppure le sue osservazioni critiche e le sue proposte innovative non vengono recepite dal nuovo Governo.

Scrivevamo giustappunto venerdì scorso su queste colonne che l’unico a denunciare pubblicamente la deriva dello strumento “tax credit” è l’avvocato Michele Lo Foco, specializzato su queste tematiche, ma non ancora adeguatamente ascoltato dal Governo guidato da Giorgia Meloni. Lo Foco è uno dei massimi esperti del settore, è stato nel cda di Cinecittà e RaiNet, è stato nel Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo (quel Csca, che, sulla carta, è il massimo organo consultivo del Ministero, ma si è dimostrato evanescente), nel cui consesso non è stato rinnovato ed è stato curiosamente sostituito dal Presidente dell’Associazione dei Produttori Audiovisivi (Apa), Giancarlo Leone… Da decenni, Lo Foco è alfiere delle esigenze dei produttori indipendenti (ed anche di quelle “fasce più deboli” evocate da Borgonzoni nell’intervista), ma le politiche governative – da Franceschini a Sangiuliano – continuano a privilegiare i grandi produttori, sulla base di una logica monodimensionale (“size does matter”) la cui sanità (imprenditoriale e politica, e quindi culturale) è tutta da dimostrare.

La produzione cinematografica e audiovisiva italiana, a seguito della enorme iniezione assistenzialistica voluta dal 2017 da Dario Franceschini, mostra una numerologia incredibile: secondo il report della Dgca del Mic “Tutti i numeri del cinema italiano” nel 2021 (pubblicato anch’esso in sordina il 21 aprile scorso) sarebbero stati prodotti oltre 300 film (per la precisione: 313, a fronte dei 252 dell’anno 2020).

L’intervento della mano pubblica è nell’ordine di circa 800 milioni di euro, di cui circa 550 sono assorbiti dal “tax credit”…

E ciò basti. Nessuno (ribadiamo: nessuno) si è però preso la briga di studiare che “fine” hanno fatto queste opere (“chi le ha viste?!”) e se tutti questi danari stanno producendo realmente organici effetti benefici sul settore (al di là della gioia dei produttori e dei lavoratori…).

Giancarlo Leone (Presidente Apa) ci scrive e ci precisa…

Osserviamo che il nostro intervento di venerdì scorso su queste colonne ha suscitato una reazione da parte del Presidente dell’Apa, Giancarlo Leone, il quale ci ha scritto ieri: “ho letto il tuo ultimo articolo. Non sono mai intervenuto sulle varie imprecisioni per il rispetto che porto a tutti nella vita. Ma scrivere che io abbia sostituito Lo Foco è quanto mai bizzarro e falso. Abbiamo fatto parte dello stesso Consiglio dove io sono entrato a fine corsa in quota Apa in sostituzione del dimissionario Silva. Dunque i nostri destini erano e sono del tutto indipendenti. Poi nella tornata successiva lui non è stato confermato dal ministro ed io si sempre in quanto Apa. Lui è stato sostituito da altri. Questo merito non posso proprio prendermelo. Tanto per conoscenza”.

Il Presidente dell’Apa non ci concede (per rispetto?!) la grazia di segnalarci quali sarebbero le presunte nostre (altre) “imprecisioni”, ma saremo ben lieto di averne notizia.

Gli abbiamo precisato che la nostra “considerazione era di tipo sostanziale e non formale, ed ho certezza che la tua esperienza ed il tuo knowhow ti consentono di comprendere il senso (politico) della mia analisi (anche rispetto all’uso del termine… “sostituito”)”. E Leone ha così riscontrato: “no problem. Salvo che è cosa diversa sostituire ovvero prendere il posto di qualcun altro rispetto a entrare in quota Apa al posto del dimissionario Silva. Quello che hai scritto è molto impreciso ed ha un senso politico, come una sorta di conventio ad excludendum di cui non posso essere accreditato. Solo per la precisione e la memoria storica di cui c’è sempre vigile attenzione e rispetto”.

Abbiamo riportato questo epistolario perché è interessante per comprendere il funzionamento di alcuni processi. Abbiamo scritto che nell’evanescente Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo (quel Csac sulla carta massimo organo di consulenza del Ministero, ma ormai dimostratosi totalmente privo di incisività nelle effettive politiche ministeriali) l’avvocato Lo Foco non era stato rinnovato, e che invece era stato cooptato Leone, ovviamente esponente della potente associazione dei produttori. Leone ci precisa che non è stato cooptato discrezionalmente, ma nella sua veste di rappresentante giustappunto dell’Apa, in sostituzione non di Lo Foco, ma del suo predecessore “rappresentante” dell’associazione Sergio Silva.

La sostanza (politica) della questione non cambia, al di là della “imprecisione” di cui veniamo simpaticamente accusati: è curioso, è molto curioso che, allorquando un tecnico indipendente era stato cooptato nella eletta schiera del Csca, egli non sia stato confermato per un secondo mandato…

Forse anche perché aveva manifestato in quel raffinato consesso delle posizioni critiche rispetto a quello che i più ritengono il “naturale corso delle cose”?!

Chi critica il “sistema”, viene emarginato, invece di essere apprezzato per le potenzialità costruttive. E Chiara Sbarigia neo-Presidente dell’Apa, manterrà l’incarico a Cinecittà?!

È così che funziona il sistema: chi ha il coraggio di segnalare che “il principe è nudo” (ci si passi l’autocitazione!) viene spesso marginalizzato, tendenzialmente espulso dalle logiche di potere.

Si riproducono spesso dinamiche proprio di… “conventio ad excludendum” (per citare Leone!).

Il “potere”, spesso, in Italia, invece di apprezzare le voci critiche (che possono contribuire alla correzione della sua rotta), le emargina.

Da segnalare in argomento un’altra notizia, che dovrebbe essere “contestualizzata” nel quadro critico che qui tratteggiamo: è proprio di oggi la notizia che l’Associazione dei Produttori Audiovisivi ha nominato un nuovo Presidente (la notizia circolava negli ambienti “cinematografari” romani, da giorni, era stata comunque anticipata da e-duesse).

Si tratta di Chiara Sbarigia, che prende il posto del succitato Giancarlo Leone.

Restano in carica i quattro Vice Presidenti dell’Apa Gabriella Buontempo (Clemart), Matteo Levi (11 Marzo Film), Giovanni Stabilini (Cattleya) e Iginio Straffi (Rainbow).

E qui si apre un altro “capitolo” del “grande libro” della politica culturale italiana, che andiamo scrivendo da anni e che presto vedrà le stampe: a suo tempo, noi (in questo caso non soltanto noi) manifestammo perplessità sulla decisione assunta dal Ministro Dario Franceschini e dalla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni (allora esponente dello stesso partito, ma di altra maggioranza) rispetto al processo di nomina del Consiglio di Amministrazione di Cinecittà (vedi “Key4biz” del 19 aprile 2021, “Cinecittà Istituto Luce, prende corpo il CdA della “Hollywood europea”). Critiche “metodologiche” del tutto simili rispetto a quelle del Cda di una società più grande ed importante, ovvero la Rai.

Il Consiglio di Cinecittà è stato nominato in totale assenza di pubblica evidenza.

A discrezione del Ministro e della Sottosegretaria.

Chiara Sbarigia era allora, un paio di anni fa, la Segretaria Generale dell’Associazione dei Produttori Televisivi, poteva vantare un discreto curriculum, ma la sua esperienza professionale oggettivamente era stata tutta circoscritta all’Apa stessa. Era proprio la persona giusta (la persona più giusta) per essere cooptata alla guida della grande Cinecittà Luce?!

Ed oggi la notizia della sua nomina a Presidente dell’Apa è forse una sorta di… “ritorno a casa”?!

Curiose queste dinamiche italiche.

Si apre quindi una fase di candidature possibili (ovviamente nelle segrete stanze) per la presidenza di Cinecittà, struttura forte della sovvenzione di 300 milioni di euro garantitagli attraverso il “Recovery Plan”?!

“Sliding doors”: Giancarlo Leone alla guida di Cinecittà?!

Sarà forse lo stesso Giancarlo Leone ad essere cooptato come neo Presidente di Cinecittà, in una allegra logica di “sliding doors”?! Si ricordi che Leone è stato per decenni dirigente apicale di Viale Mazzini, prima di essere eletto alla presidenza dell’Apa.

Alcune fonti ci assicurano che Chiara Sbarigia manterrà i due incarichi: Presidente di Cinecittà e Presidente dell’Apa. Oh, perbacco! Anche questa ci sembra veramente una anomalia, dato che evidenti sono anche i profili di conflitto di interessi, per non dire d’altro. Ma dinamiche anomale ce ne sono a decine, nel settore: basti ricordare il caso emblematico di Claudia Mazzola, Direttrice dell’Ufficio Studi della Rai e poi nominata (sempre “in quota” M5s) Presidente della Fondazione Musica per Roma, con buona pace di competenze tecniche e simili accessori (qualche settimana fa, con il “nuovo corso” di Viale Mazzini, la guida dell’Ufficio Studi Rai è stata affidata al giornalista Francesco Giorgino, ma Mazzola è stata graziosamente premiata con la presidenza di RaiCom…).

E, d’altronde, nel silenzio di tutti (si ribadisce: tutti, politici e media, con la sola eccezione di IsICult/Key4biz), qualche tempo fa nel Consiglio di Amministrazione di Cinecittà è stato simpaticamente cooptato Giuseppe De Mita, il figlio di Ciriaco, lo storico esponente della Democrazia Cristiana (vedi “Key4biz” del 22 marzo 2022, “Un De Mita nel cda di Cinecittà, intanto oggi sciopero delle troupe cinematografiche”.

La decisione è stata assunta dal Ministro Gennaro Sangiuliano, esattamente con la stessa logica di “intuitu personae” del suo predecessore. Evidenza pubblica? Zero. Curriculum professionale coerente alla nomina? Discutibile.

Così va il mondo… alla barba di un “nuovo corso” annunciato durante la campagna elettorale da parte del partito che guida la coalizione di governo.

Prevale inerzia e conservazione. E vecchie pratiche.

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.

Link all’articolo originale