Da Key4biz (23/6/2020): La pornografia online il principale “influencer”
La Giornata Mondiale contro l’Omofobia, le paure degli italiani e la distrazione dei media, secondo Ipsos, e la micro-felicità che una sessualità intensificata produrrebbe, secondo Censis: due indagini a confronto, tra discriminazioni e pseudo-trasgressioni
Questa mattina, nella elegante “Sala Zuccari” di Palazzo Madama, il Censis – Centro Studi Investimenti Sociali ha presentato una ricerca, commissionata dalla multinazionale farmaceutica Bayer, che sicuramente registrerà domani una corposa rassegna stampa, e prevediamo con titoli sparati anche nelle prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali (oggi stesso le agenzie stampa hanno sparato decine di dispacci): il “sesso” è in effetti sempre un argomento… intrigante, e l’istituto di ricerca fondato da Giuseppe De Rita e diretto da uno dei suoi “eredi” intellettuali qual è Massimiliano Valerii (Direttore Generale), ha presentato il primo “Rapporto Censis – Bayer sui nuovi comportamenti sessuali degli italiani”, che – almeno sulla carta – dovrebbe fornire una radiografia dettagliata della vita intima della popolazione (coppie e single) tra i 18 e i 40 anni.
In sintesi: “la frontiera della trasgressione sessuale si è spostata in avanti per gli italiani”.
Naturale sorge la domanda: ma se la “trasgressione” diviene sempre più diffusa, non se ne perde finanche il senso intrinseco?! Se la “trasgressione” diviene la “norma” (così parrebbe) la sua funzione finisce per essere “normalizzante”: un paradosso…
Secondo il documento, presentato in Senato e realizzato sulla base di una indagine che ha coinvolto 1.860 individui tra i 18 e i 40 anni nel periodo 1° marzo – 15 marzo 2019, con metodologia Cawi (acronimo che sta per “Computer Assisted Web Interviewing”), l’81 % degli italiani pratica “sesso orale”, il 67 % pratica la “masturbazione reciproca”, il 47 % usa un “linguaggio osceno” ovvero il turpiloquio durante i rapporti, il 33 % pratica il “sesso anale”, il 24 % usa “oggetti, cibi o bevande per giochi erotici”, il 17 % scatta foto o registra video durante i rapporti, il 17 % “fantastica apertamente” con il partner su altri possibili partner, il 13 % ha rapporti sessuali “a 3 o più persone”, il 13 % pratica il “bondage” o il “sadomasochismo”… Senza nulla togliere alla “rappresentatività” sociologica del campione, alcuni di questi dati ci provocano discrete perplessità sulla metodologia utilizzata.
E come verrà commentata da un quotidiano, accurato ed equilibrato anche se di netto orientamento cattolico, qual è “Avvenire”?! Emerge in effetti una immagine di una Italia assai materialista e gaudente e, soprattutto… lussuriosa. “Sono stati infranti antichi pudori, tabù e reticenze”, si legge nel rapporto, che poi aggiunge: “oggi la gamma delle pratiche sessuali degli italiani di 18-40 anni è molto articolata”. Viene teorizzata una sorta di “ubriacatura sessuale”.
Lo studio viene pubblicato “a vent’anni di distanza dall’ultima grande ricerca sulla sessualità degli italiani”.
Attualmente, il “numero medio” di partner sessuali avuti a 40 anni è di 6: più precisamente, 4 per le donne, 7 per gli uomini. Vent’anni fa il 50 % delle donne entro i 40 anni aveva avuto 1 solo partner, oggi questo dato è sceso al 40 % (tra gli uomini il dato è sceso dal 25 % al 22 %). Aveva avuto 6 o più partner il 13 % delle donne, oggi questo dato è salito al 16 % (per gli uomini il dato è salito dal 32 % al 41 %).
Insomma, si farebbe crescente ricorso al “dating”, e si finisce più rapidamente a letto (processi che vengono classificati con l’espressione “quick sex”).
Vent’anni fa, faceva sesso almeno 2 o 3 volte alla settimana il 35 % dei 18-40enni, oggi sarebbe il 42 % (ed un 8 % lo fa tutti i giorni!).
In media, i 18-40enni italiani hanno 1,8 rapporti sessuali alla settimana, 8 al mese.
La pornografia è definitivamente uscita dalla sfera del “proibito”, dello “scandaloso”, del “perverso”: è diventata protagonista del “mainstream sessuale”, anche nelle coppie stabili, grazie all’accesso online, che si pone ormai come facile e gratuito, e sembra essere divenuto fenomeno “di massa”. Il 61 % degli italiani di 18-40 anni guarda video porno da solo, il 25 % lo fa in coppia. E il 38 % pratica il “sexting” (l’invio tramite smartphone di immagini e testi sessualmente espliciti).
La tematica della pornografia è delicata ed importante, anche per comprendere l’evoluzione (psico-sociale) della società italiana, ma purtroppo le è stata dedicata assai poca attenzione da parte dell’accademia e delle istituzioni, “autorità incluse” (Agcom in primis), nel nostro Paese (vedi, in argomento, “Key4biz” del 3 ottobre 2018, “Tra ‘soft law’ e deficit di risorse, perché le ‘authority’ italiane sono spesso deboli”).
Secondo il Censis, il web – ovvero la pornografia soprattutto, ma anche i fenomeni di “relazionalità” a fini erotici – è diventato il principale “influencer”, con un forte impatto sull’immaginario sessuale collettivo, sui comportamenti e sui canoni estetici, sdoganando pratiche inconfessabili vent’anni fa, che sono state “decomplessate” (sic, neologismo “by” Censis, à la De Rita). Sono stati infranti antichi pudori, tabù e reticenze: la trasgressione è in qualche modo… normalizzata, ovvero istituzionalizzata.
Sintetizza il Censis: “più piacere, meno amore”. Impressiona il dato secondo il quale 20 anni fa le donne che “separavano il sesso dall’amore” erano il 38 % ed oggi sarebbero più del doppio: il 77 %. Per gli uomini, la quota è passata dal 62 % di venti anni fa all’82 % di oggi. Un dato – 82 % a fronte del 77 % – che evidenzia una sostanziale “parità” di vedute ideologiche, in materia, tra maschi e femmine.
Il rapporto è stato presentato da Francesco Maietta, Responsabile dell’Area Politiche sociali del Censis, e discusso da Paolo Crepet, psichiatra e sociologo, Manuela Farris, ginecologa, Roberta Rossi, Presidente della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica, Ester Viola, avvocato matrimonialista e scrittrice.
Ci piacerebbe sapere cosa penserebbe, di questi dati, un sociologo radicale come Herbert Marcuse: “tutto molto bello” (cfr. Rovazzi?!), oppure ennesima riconferma del dominio del capitale in una logica di alienazione e di monodimensionalità, che – anche grazie alla pervasività del digitale – controlla pure la nostra intimità erotica (immaginaria e corporea)?
Nella ricerca del Censis, non emerge una domanda sul benessere complessivo dell’individuo, o – sia consentito – sulla felicità, che si presuppone essere il risultato di un equilibrio tra soddisfazione dei sensi ed armonia spirituale…
Il Censis sostiene però (con un approccio che ci appare un po’ a-scientifico ed invece piuttosto ideologizzato) che “la sessualità contribuisce, più e meglio di altre sfere della vita dei giovani, alla micro-felicità quotidiana”, che sarebbe – secondo l’istituto di ricerca – “così importante in una società percepita come difficile e ostile”. Viene da commentare: non stiamo messi granché bene…
Roberta Rossi, Presidente della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica (Fiss), ha commentato: gli italiani “non solo lo fanno di più sesso e più spesso, ma sono anche più aperti e pronti sperimentare anche in coppia. Peccato che l’uso della contraccezione sia ancora molto scarso… I millenials italiani hanno un’attività sessuale più frequente rispetto al passato… Il discorso della sessualità è oggi più che mai collegato al piacere. Forse per questo, il repertorio dei comportamenti sessuali è diventato più alto: non si fa solo sesso in modo tradizionali, ma gli italiani, specialmente le coppie, dedicano più tempo ai rapporti orali, alla masturbazione reciproca ed anche alla visione di filmati porno insieme… è vero che sono aumentati gli italiani che lo fanno ‘di più’ e ‘meglio’, ma c’è anche un incremento di persone che dichiara di non farlo per niente”, ha concluso Rossi.
Esplorata anche il “sub-insieme” che può essere definito “no sex”. I dati degli italiani sessualmente “inattivi” sono notevoli: 1,6 milioni (oltre un 10 % della popolazione studiata) non ha mai fatto sesso nella vita (!), mentre hanno vissuto in “astinenza”, mediamente per 6 mesi, almeno una volta nella vita, ben 13 milioni dei 15,5 milioni di italiani tra i 18 ed i 40 anni. Sono “soltanto” 220mila i giovani 18-40enni che hanno una relazione affettiva stabile, ma sono al contempo “coppie bianche” (ovvero senza alcun rapporto sessuale)… Coloro che non fanno sesso sono passati dal 5 % della popolazione di 20 anni fa, ad un attuale 10 %. Curioso osservare (anzi il Censis scrive: “sorprendente”) che il 12 % delle persone che non hanno mai avuto rapporti sessuali nella propria vita ha invece una relazione affettiva stabile con un’altra persona: il 4 % addirittura convive con un’altra persona.
L’incipit dello studio Censis recita testualmente: “buone notizie sul fronte della sessualità dei 15,5 milioni di italiani di età compresa tra 18 e 40 anni”. Ma siamo sicuri che si tratti realmente proprio di “buone notizie”, al di là del dato… quantitativo?!
Da segnalare che nel rapporto Censis, per ragioni incomprensibili, non viene affrontata (nemmeno citata) la pratica dell’omofilia e simili: per pudore o autocensura, o perché si ha ragione di ritenere che si tratti ormai di una pratica normalizzata, tale da non determinare alcuna discriminazione di “gender”?!
Giornata Internazionale Contro l’Omofobia (e la lesbofobia, la bifobia e la transfobia), un’indagine realizzata da Ipsos sulle persone “Lgbt”
E naturale viene invece da segnalare che non ha beneficiato di una rassegna stampa (e web, e, in generale, mediatica) minimamente significativa un’altra ricerca, in verità non meno interessante, presentata una settimana fa in altra sede istituzionale, qual è la Presidenza del Consiglio dei Ministri: venerdì 17 maggio il Sottosegretario con delega alle Pari Opportunità Vincenzo Spadafora (espresso dal Movimento 5 Stelle) ha presentato, nel corso della Giornata Internazionale Contro l’Omofobia (e la lesbofobia, la bifobia e la transfobia), un’indagine realizzata da Ipsos sulle persone “Lgbt”.
Moderato, con brio ed eleganza, dal giornalista Alessandro Cecchi Paone, che ha ricordato che anni fa il suo “outing” ha determinato la sua espulsione dalla Rai, su input d’Oltretevere), l’evento si è svolto nella “Sala Polifunzionale” della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ed ha visto la partecipazione del Presidente dell’Ipsos, Nando Pagnoncelli, della docente di diritto costituzionale e Prorettore alla Legalità Trasparenza e Pari Diritti dell’Università Statale di Milano Marilisa D’Amico, (promotrice tra l’altro del sito web VoxDiritti – Osservatorio Italiano sui Diritti), e del Presidente di “Gaynet” e direttore di “Gaynews”, Franco Grillini, storico ed appassionato intellettuale ed attivista. È intervenuto anche Kevin, studente dell’Istituto per Sordi “Magarotto” di Roma, che ai propri compagni cerca di insegnare il valore e l’importanza della lotta all’omofobia.
Si è trattato di una iniziativa molto colta ed assai stimolante, per una riflessione seria (anche se un po’ troppo autoreferenziale e talvolta compiaciuta) sulla condizione “gay” in Italia: molto è stato fatto, in decenni di battaglie civile, ma molto resta da fare.
Dall’indagine Ipsos, (anche qui con metodologia “Cawi”, campione di 1.000 intervistati), emerge un’Italia più consapevole dei passi avanti compiuti sui temi dei diritti civili, ma che resta tendenzialmente intollerante, e che – per esempio – fatica ad accettare l’idea che coppie formate da persone “Lgbt” possano adottare un figlio o che le persone “transgender” e “transessuali” siano pienamente integrate nel mondo lavorativo e sociale.
Il 56 % degli italiani sono “chiusi” (28 %) o “spaventati” (28 %) nei confronti delle persone Lgbt (28 + 28 = ovvero giustappunto 56 per cento del totale), e le maggiori resistenze si registrano tra chi ha più di 55 anni.
Di contro, il 62 % ritiene che il Paese ha fatto “decisi passi in avanti” sul tema dei diritti civili e il 66 % si dice favorevole alle “unioni civili”.
Crescono comunque consapevolezza e apertura, tanto che il 75 % ritiene che debba essere garantito il diritto a esprimere liberamente il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere, ma questa “apertura” si riduce al 58 %, quando si parla di matrimoni, e scende al 34 % quando si affronta il tema del diritto alla genitorialità delle persone Lgbt.
L’indagine mostra una visione degli italiani molto critica rispetto alla società italiana, che si delinea come un paese “iniquo”, dove molti gruppi di persone vengono discriminati: viene proposta la fotografia di una società ancora tendenzialmente intollerante, dove ognuno pensa solo a sé stesso, dove le donne contano ancora poco, ed incapace di stare al passo coi tempi…
“I risultati di questa indagine – ha sostenuto il Sottosegretario alla Pdcm Vincenzo Spadafora – confermano che siamo sulla strada giusta. Dal Tavolo di Consultazione Permanente per la Tutela delle Persone Lgbt, che ho istituito dallo scorso ottobre, sono arrivate tante richieste e sollecitazioni dal mondo associativo, che ringrazio. Il programma di azioni in corso costituisce il frutto di una mediazione tra le istanze delle associazioni ed il contesto politico nel quale devo promuovere il ‘Piano Nazionale Lgbt’. Ma ci stiamo muovendo su un percorso progressivo di determinazione che impone chiarezza di obiettivi e consapevolezza delle criticità”. Il Sottosegretario alle Pari Opportunità ha rivolto un appello a “tutti i partiti, a cominciare dai miei alleati di governo” (tra le righe un ovvio riferimento polemico al Ministro per la Famiglia e la Disabilità Lorenzo Fontana, ed al controverso Congresso delle Famiglie di Verona) ed ha auspicato che possa essere approvata la proposta M5S per “introdurre il reato di omofobia” (prima firmataria la grillina Alessandra Maiorino).
Il Vice Presidente Luigi Di Maio ha dichiarato, in una nota, che “chi soffia sul fuoco dell’intolleranza e su teorie anacronistiche troverà sempre in noi un argine invalicabile. Lo dimostriamo con i fatti, tenendo lontano dal nostro simbolo chi sostiene battaglie di retroguardia. È quello che dovrebbero fare tutti, per proteggere le conquiste civili e sociali da teorie medievali. Con noi non ci saranno mai arretramenti sui diritti civili”.
In materia, non pervenuto segnale di sorta dall’altro Vice Presidente del Consiglio, Matteo Salvini.
Si ricordi che il 17 maggio 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) stabilì che l’omosessualità fosse definitivamente depennata dalle classificazioni internazionali delle “malattie mentali”: la pur tardiva de-patologizzazione di quello che, per la prima volta, da un organismo scientifico internazionale fu definito “variante naturale del comportamento umano” ed “una caratteristica della personalità”, abbatté finalmente una delle prime cause di discriminazione per “orientamento sessuale”. Soltanto nel 2018, invece, l’Oms ha “de-patologizzato” la transessualità, e la “disforia di genere” è stata rimossa dalla categoria dei “disordini mentali” dell’International Classification of Diseases…
In occasione della Giornata (e dell’iniziativa alla Presidenza del Consiglio), è stato presentato uno spot televisivo (30 secondi) “by” Unar – Ufficio Nazionale contro le Discriminazioni Razziali in cui si citano diverse fobie, mostrando le definizioni del dizionario: la “chaetofobia” (paura di peli e capelli), la “hilofobia” (paura di alberi e arbusti), la “cromatofobia” (paura dei colori) e infine… l’omofobia. “Paura irrazionale dell’omosessualità”, si legge. Su “omofobia”, compare una “x” rossa per dire – se può dedurre – che le altre fobie sono… accettate, ma l’omofobia no… Al netto della mancanza di riferimenti alle persone trans, bisessuali e lesbiche, l’odio verso i gay è quasi-quasi messo sullo stesso piano della paura della chioma fluente di una bella ragazza, senza neanche dare visibilità ad una persona o una coppia omosessuale… Mancava soltanto, nello spot, una citazione alla bella canzoncina della sorprendente Martina Attili, scoperta da “X Factor” di Sky Italia,“Cherofobia” (ovvero la “paura della felicità”…).
I commenti sui “social” sono stati freddi e comunque critici (come evidenzia Gaypost.it): non solo lo spot non è stato condiviso sulle pagine delle principali associazioni “Lgbt”, ma neanche i singoli utenti e attivisti sono apparsi convinti.. Molto più efficace lo spot promosso dalla multinazionale Ikea, da sempre sensibile a questa tematica. Interessante osservare che lo spot della Pdcm ha registrato su YouTube circa 500 visualizzazioni (ad oggi), a fronte delle 22mila dello spot Ikea… (Tra parentesi, il videoclip della Attili ha registrato 7,3 milioni di visualizzazioni.)
Qualche giorno prima, il 13 maggio, era stata presentata a Oslo la mappa sui diritti “Lgbt” di Ilga-Europe, sempre in occasione della imminente Giornata del 17 maggio. Per la prima volta in 10 anni, alcuni Paesi stanno retrocedendo: tra questi, la Polonia (che ha iniziato a negare l’accesso alla procreazione assistita alle donne “single”), la Bulgaria (che ha reso più difficile cambiare i documenti per le persone “trans”), l’Ungheria e la Turchia (dove è a rischio la libertà d’espressione e associazione, oltre che la sicurezza degli attivisti), la Serbia ed il Kossovo (che non hanno rinnovato le loro strategie nazionali per le pari opportunità), ed anche l’Italia che scende al 34° posto, insieme all’Ucraina.
Per quanto riguarda l’Italia, pesa il fatto che non è stata rinnovata la “strategia nazionale” dell’Unar contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e le identità di genere. Si segnala che, nel silenzio dei più, è scaduto a fine marzo il mandato del Coordinatore dell’Unar, il sociologo (ed ex senatore del Partito Democratico) Luigi Manconi, il quale dichiarava a “la Repubblica” il 29 marzo scorso: “un anno all’ufficio antirazzismo, ma dal Governo ostilità e indifferenza. Solo per una iniziativa con Liliana Segre, si è visto un rappresentante delle istituzioni. Temo che il loro obiettivo sia azzerare l’Unar”…
Il Sottosegretario Vincenzo Spadafora ha sostenuto che, in verità, il Governo (precisiamo: la componente grillina della maggioranza?!) vorrebbe che l’Ufficio Nazionale contro le Discriminazioni Razziali divenisse un organo indipendente dall’Esecutivo, a mo’ di una “autorità” autonoma: si tratta di una prospettiva interessante, ma, nel mentre, è evidente che quel poco che Unar faceva – con le modeste risorse di cui disponeva – è destinato a divenire, nelle more, evanescente… Ennesimo deficit di “strategia culturale”, anche in questo caso: e, in argomento, Rai… cosa combina?!
Ancora una volta, ennesima (sconfortante) riprova delle “contraddizioni interne” del governo giallo-verde…
Attendiamo le elezioni europee di domenica prossima, per capire che fine farà realmente l’Unar. Anzi, il Governo stesso.
Clicca qui, per leggere la sintesi del rapporto di ricerca Ipsos per Pdmc-Unar sulla popolazione “Lgbt”, presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il 17 maggio 2019 a Roma.
Clicca qui, per vedere la presentazione dell’indagine Presidenza del Consiglio dei Ministri-Unar, realizzata da Ipsos, sulle persone “Lgbt”, il 17 maggio 2019 a Roma.
Clicca quiper vedere la presentazione dell’indagine Presidenza del Consiglio dei Ministri-Unar, realizzata da Ipsos, sulle persone “Lgbt”, il 17 maggio 2019 a Roma (videoregistrazione a cura di Radio Radicale).
Clicca qui, per leggere la sintesi del rapporto di ricerca Censis-Bayer sui nuovi comportamenti sessuali degli italiani, presentato in Senato, il 23 maggio 2019 a Roma.
Clicca qui, per leggere la sintesi del rapporto di ricerca Censis-Bayer sui nuovi comportamenti sessuali degli italiani, presentato in Senato, il 23 maggio 2019 a Roma.
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