Il 9 novembre Italia a rischio infrazione per il recepimento della Direttiva “Smatv”. L’associazione Articolo21 pubblica una “lettera aperta” ai membri del Cda Rai, invocando una “organizzazione orizzontale per strutture di genere”.

La situazione della Rai permane incerta e confusa, almeno se osservata dall’esterno (pur avendo un qualche occhio ed orecchio all’interno…), ancor più alla luce della “spada di Damocle” del termine ultimo per il recepimento da parte dell’Italia della Direttiva “Smav” (Servizi Media Audiovisivi), ovvero lunedì 8 novembre 2021…

Ieri l’altro, mercoledì 20 ottobre, l’associazione Articolo 21 ha scritto una “lettera aperta” ai membri del Consiglio di Amministrazione Rai (pubblicata sul sito web di “Articolo21 Liberi di…”, diretto da Stefano Corradino; la portavoce nazionale è Elisa Marincola; uno degli esponenti più attivi in materia Rai è Renato Parascandolo), nella quale si denuncia in modo netto e duro la situazione in cui versa la concessionario del servizio pubblico radiotelevisivo, che è in grande affanno di risorse economiche e la cui prospettiva strategica appare nebulosa.

La “lettera aperta” di Articolo21: “se la nave fa acqua e i motori sono obsoleti, ogni aspettativa di rilancio della Rai sarà delusa”

La “lettera aperta” di Articolo21 è stata rilanciata ieri sera da un dispaccio della maggiore agenzia stampa nazionale (l’Ansa), ma non ha registrato una ricaduta stampa significativa sui quotidiani di oggi o sulla rete: si conferma purtroppo come il “tema” Rai sembri appassionare la gran parte dei giornalisti più per piccole polemiche su questioncelle minori, piuttosto che in relazione ad un dibattito alto e serio sui futuri possibili del servizio pubblico mediale.

Denuncia Articolo 21: “per quanto gli amministratori siano di provata competenza e indipendenti, se la nave fa acqua e i motori sono obsoleti, ogni aspettativa di rilancio della Rai sarà delusa”.

Non si nutrono dubbi sulla competenza tecnico-professionale, ma sulla vera “indipendenza” dei consiglieri di amministrazione Rai sia consentito manifestare perplessità, dato che sono stati scelti, con oscure logiche partitocratiche, in totale assenza di pubblico dibattito (come tante volte denunciato anche da “Key4biz”). “Parliamo dell’impianto organizzativo dell’azienda, un impianto che risale al 1976 quando la Rai agiva in regime di monopolio, la parola multimedialità non era stata ancora inventata, Internet si chiamava Arpanet”.

L’Associazione Articolo 21 chiede un nuovo modello organizzativo dell’impresa Rai: “quale azienda al mondo potrebbe sopravvivere, assolvere alla sua mission e affrontare la competizione internazionale se progettasse, producesse, distribuisse e archiviasse i suoi prodotti adottando lo stesso modello organizzativo di cinquant’anni prima?”.

La soluzione sarebbe, secondo i promotori dell’iniziativa, un passaggio alla “organizzazione orizzontale per strutture di genere”, ovvero quella riorganizzativa che era stata prevista dal “piano industriale” sviluppato durante la fase dell’Ad Fabrizio Salini (luglio 2018 / luglio 2021): “per evitare il cedimento strutturale di questa impalcatura feudale – si legge ancora nella lettera aperta – è ineludibile il passaggio a un’organizzazione orizzontale per strutture di genere (intrattenimento, cinema-fiction, informazione, education, sport) che progettino e producano per molti-media: una riforma che l’ultimo Cda aveva finalmente a avviato per poi bloccarla inopinatamente con motivazioni inconsistenti”.

Infine, Articolo21 auspica che venga avviato presto il dibattito sul nuovo “contratto di servizio”, anche se ricordiamo che quello attuale resta in vigore ancora per un anno intero, ovvero tutto il 2022: “nella convinzione che questa riforma non sia più differibile, confermiamo il nostro impegno perché il nuovo assetto organizzativo sia frutto di un’ampia discussione e occupi un posto centrale nell’articolazione del nuovo Contratto di servizio”.

In Rai, avviato un tavolo di lavoro sul prossimo “contratto di servizio” (2023-2027)

Va segnalato che una settimana fa (il 14 ottobre) è stata inviata in Rai una lettera alle direzioni apicali della società con la quale si annuncia la costituzione di un “gruppo di lavoro”, che ha l’incarico di coordinare “le attività finalizzate alla definizione del testo del Contratto di servizio per il quinquennio 2023-2027”. Di questo gruppo di lavoro ne fanno parte diverse direzioni: “Legale”, “Cto”, “Cfo”, “Risorse Umane” e “Distribuzione”. Si legge anche che “il predetto Gruppo si avvarrà inoltre del contributo di competenza delle Direzioni Marketing e Ufficio Studi e potrà essere integrato, in funzione dei temi trattati e delle dinamiche negoziali e istituzionali connesse all’iter procedurale normativamente previsto, dai rappresentanti/contributi di tutte le Direzioni interessate”.

Iniziativa senza dubbio apprezzabile, considerando che – come segnalavamo – manca un anno pieno alla scadenza dell’attuale “Contratto di Servizio

Condivisibile però il commento del Redattore Anonimo, ovvero del curatore di “BloggoRai”, un blog specialistico altamente qualificato, che si accompagna – come fonte informativa di livello – al blog “VigilanzaTv (il primo ha un approccio più tecnico e di ampio respiro, il secondo più politico e un po’ troppo spesso appare il megafono del deputato di Italia Viva Michele Anzaldi). Secondo “BloggoRai” è piuttosto curioso che al “tavolo” non vengano invitati i responsabili del “contenuto” Rai, che pure sono oggetto della parte predominante degli “obblighi” previsti dal contratto di servizio: “qualcosa non torna: chi manca? La sola parte che interessa tutta l’architettura del Contratto di Servizio: la parte editoriale! Incredibile ma vero! Tutto il Contratto di servizio si regge sugli obblighi di programmazione editoriale e, formalmente, non c’è nessuno che fa parte del Gruppo di lavoro”.

Il tavolo di lavoro sul futuro “contratto di servizio” sarebbe stato affidato alla guida di Stefano Luppi, ex Direttore delle Relazioni Istituzionali, nella veste di fiduciario dell’Amministratore Delegato Carlo Fuortes, ed a Cinzia Squadrone, già Direttrice Marketing Rai (dall’ottobre 2015 all’ottobre 2018; poi docente di Marketing del Cinema allo Iulm) nell’epoca Antonio Campo Dall’Orto (agosto 2015 / giugno 2017), ed oggi fiduciaria della Presidente Marinella Soldi (si ricordi che Squadrone è stata Responsabile Portfolio Strategy di Discovery tra il 2013 ed il 2014, e si ricordi che in quel gruppo multinazionale è cresciuta professionalmente – dal 2009 al 2018 – l’attuale Presidente Rai). La notizia del rientro a Viale Mazzini di Squadrone, che gode di fama di professionista di livello – anche se va notato che durante la sua fase in Rai si sia interessata più di marketing “tattico” (ovvero “di prodotto”) piuttosto che di marketing “strategico” (e di elaborazione strategica ha oggi assoluta necessità la Rai) –, è stata anticipata dal direttore del blog “VigilanzaTv” Marco Zonetti ieri l’altro.

Un’altra “lettera aperta” promossa da BloggoRai sul prossimo “contratto di servizio”

Da segnalare che “BloggoRai” si è fatto portavoce di un’altra “lettera aperta”, pubblicata lunedì 18 ottobre (finora è ignota l’identità dei promotori e dei firmatari…), che si pone come ulteriore provocazione per superare la stagnazione in atto, ovvero per stimolare “un momento di dibattito aperto, partecipato e condiviso tra tutti coloro che ne sono direttamente interessati. Il rinnovo di questo Contratto costituisce un passaggio forse epocale nella definizione di una nuova missione della Rai che, pertanto, dovrebbe prevedere la sua più ampia partecipazione”.

Come è noto, i problemi essenziali della Rai sono due: nel breve periodo, l’emergenza economico-finanziaria (con quel voler “rimettere a posto” i conti come priorità annunciata dal “new deal”); nel medio-lungo periodo, la definizione di un rinnovato profilo identitario che le consenta di acquisire un ruolo chiaro nel mutato scenario mediale nazionale e globale (si pensi a come non possa non arrancare la piccola avanguardia di RaiPlay, a fronte di carri armati come Netflix).

In occasione dell’audizione dell’Amministratore Delegato in Commissione di Vigilanza (martedì 12 ottobre 2021), è stata notata una maggiore sua attenzione rispetto alla prima criticità, piuttosto che alla seconda: Fuortes ha anzitutto bussato a cassa, denunciando come il livello attuale del canone Rai sia incongruo rispetto ai tanti obblighi imposti dal “contratto di servizio”, ed ha auspicato che tutto il flusso del canone venga effettivamente destinato a Viale Mazzini, ipotizzando di eliminare il contributo all’editoria ed introducendo una tassa sui cellulari…

I produttori dell’Apa presieduta da Giancarlo Leone vengono in aiuto dell’Ad Rai Carlo Fuortes: eliminare la tassa di concessione governativa

Gli è venuto a dar man forte, qualche giorno fa, il Presidente dell’Associazione Produttori Audiovisivi Italiani (Apa) Giancarlo Leone, che, in occasione della presentazione del “3° Rapporto” promosso dall’Apa, ha sostenuto che una soluzione sostanzialmente “indolore”, per l’economia complessiva del sistema (e dello Stato?!), potrebbe essere l’eliminazione della “tassa di concessione governativa” (vedi “Key4biz” del 14 ottobre 2021, “Mia 2021: non convince la ricerca Ice sull’export dell’audiovisivo. Stimolante il Rapporto Apa sull’industria nazionale”).

Ha sostenuto Leone: “ci appelliamo al governo perché il recepimento della direttiva europea sui fornitori di servizi media è stato interpretato erroneamente in Italia, con misure restrittive per la raccolta pubblicitaria del servizio pubblico. Stimiamo in circa 100 milioni l’anno il danno per Rai, che preoccupa i produttori di contenuti culturali, a partire dai produttori audiovisivi e cinematografici, per il possibile impatto negativo sugli investimenti annui nel settore. Per questo, proponiamo la cancellazione della tassa sulla concessione governativa sul canone che consentirebbe di neutralizzare gli effetti della riforma degli affollamenti pubblicitari sulla Rai”.

Secondo Leone, questa tassa (in verità di lontane radici storiche), se eliminata, consentirebbe di “riportare” nelle casse di Viale Mazzini 80 milioni di euro, ovvero una somma “grosso modo” corrispondente a quei 100 milioni di euro che Rai andrebbe a perdere se venissero modificate le quote percentuali dei suoi affollamenti pubblicitari.

Prevale confusione. Prevale incertezza.

E nel mentre il dibattito – il dibattito pubblico (politico e mediale) – su queste tematiche sembra non interessare (quasi) nessuno, si avvicina la scadenza dell’8 novembre 2021, termine ultimo per il recepimento nell’ordinamento italiano della Direttiva (Ue) 2018/1808, cosiddetta sui “Servizi Media Audiovisivi” alias “Smav” (vedi “Key4biz” del 17 settembre 2021, “Netflix, non si sa quanto fattura in Italia ma teme l’incremento degli obblighi di investimento”).

Dal 9 novembre 2021, lo Stato italiano è a rischio… “infrazione”.

Clicca qui, per leggere il parere al Ministro per i Rapporti con il Parlamento sullo schema di decreto legislativo recante “attuazione della direttiva (Ue) 2018/1808 del Parlamento europeo e  del  Consiglio,  del  14  novembre  2018,  recante  modifica  della  direttiva  2010/13/Ue, relativa  al  coordinamento  di  determinate  disposizioni  legislative,  regolamentari  e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi, in considerazione dell’evoluzione delle realtà del mercato (n. 288)”, approvato dalla VIII Commissione Lavori Pubblici, Comunicazioni del Senato il 20 ottobre 2021, a firma degli estensori Massimo Mallegni (Forza Italia) e Salvatore Margiotta (Partito Democratico), Roma, Palazzo Madama.

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