Da Key4biz (22/01/2024):m Teatro di Roma: quando il bue da del cornuto all’asino
La vicenda della nomina del Direttore del Teatro di Roma conferma le contraddizioni del terribile mix tra “spoils system” ed “intuitu personae”, ma nessuno si domanda come funziona il sistema culturale.
La vicenda della nomina di Luca De Fusco a Direttore Artistico del Teatro di Roma ha scatenato, da sabato mattina ad oggi, un flusso notevole di articoli giornalistici, anche perché raramente si è registrata, da quando si è insediato il governo guidato da Giorgia Meloni, una contrapposizione così frontale tra “la destra” e “la sinistra” in materia di cultura.
Ma tutta questa “tempesta” è giustificata?!
Riteniamo assolutamente di no: non è giustificata, anzi assume tutto il sapore di una sceneggiata (d’altronde, siamo o non siamo nell’ambito giustappunto teatrale?!).
Una rubrica di analisi critica della politica culturale e dell’economia mediale qual è quella curata dall’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult ovvero “ilprincipenudo” non può esimersi oggi dal dedicare attenzione alla vicenda, così come venerdì scorso 19 gennaio, su queste colonne, abbiamo dedicato attenzione alla vicenda dell’ancora oggi misterioso “contratto di servizio 2024-2028” della Rai, che, dopo l’approvazione da parte del Consiglio di Amministrazione avvenuta giovedì 18, continua a restare un documento inspiegabilmente “secretato” (vedi “Key4biz” del 19 gennaio 2024, “Approvato il contratto di servizio: entusiasmo Rai ma scenari incerti. Riforma del tax credit cinema in gestazione (a porte chiuse)”).
La vicenda del Teatro di Roma può essere ben sintetizzata con quel che ha dichiarato questa mattina Virginia Raggi, oggi consigliera capitolina del Movimento 5 Stelle, co-firmata dalla capogruppo del M5S in I Municipio (ovvero il Centro Storico) Federica Festa: “il bue che dice cornuto all’asino”. Le due esponenti grilline specificano: “il giochino delle poltrone non ci appassiona, tuttavia ‘piazzare persone’ come fossero pedine non è pratica nuova né per la destra né per la sinistra, che oggi grida allo scandalo: del resto, erano tutti presenti quando hanno esaminato 42 curriculum vitae in appena 2 ore e già da allora si poteva intuire come la competenza non fosse proprio l’elemento cardine del ragionamento”.
La ex Sindaca di Roma ha perfettamente ragione, ma – ahinoi – lei stessa cade in contraddizione perché forse non ricorda (o ha rimosso?!) che una vicenda simile avvenne qualche anno fa (nel 2020), allorquando riuscì a far nominare Presidente della Fondazione Musica per Roma (una macchina culturale di dimensioni ben più imponenti del Teatro di Roma) una dirigente Rai, la giornalista Claudia Mazzola (che ha guidato l’Ufficio Studi di Viale Mazzini, ed è dal giugno 2023 Presidente di Rai Com), bypassando procedure comparative di pubblica evidenza, e facendo prevalere il suo “intuitu personae”: anche Virginia Raggi, quindi, incarna quel bue (esecrato) che sta dando del cornuto all’asino… Sul “caso Mazzola”, si rimanda al nostro intervento del 19 giugno 2020 su “Key4biz”, “Da Cinecittà, a Musica per Roma e all’Agcom. Il solito balletto della discrezionalità delle nomine?”.
La questione di fondo è la stessa che abbiamo affrontato, da molti anni su queste colonne, e da decenni nella nostra esperienza di analisti delle politiche culturali italiane: nelle scelte apicali delle istituzioni culturali italiane prevale quasi sempre il criterio della discrezionalità del “principe” di turno, e tutto il resto è veramente accessorio.
Si leggeva su “il Fatto Quotidiano” di domenica 14 gennaio, nelle more della riunione del Cda del Teatro di Roma, convocata per lunedì 15 e poi aggiornata a sabato 20: “sul tavolo, domani sera, ci saranno i nomi di Luca De Fusco, sponsorizzato da Gianni Letta e dall’area di Forza Italia, di Marco Giorgetti, gradito a Fratelli d’Italia, e appunto di Ninni Cutaia, più vicino al Pd. Tutti direttori con curricula importanti: ma il curriculum sembra non essere il punto”.
Infatti, il curriculum è alla fin fine accessorio…
Nel risiko partitocratico delle nomine, la chiamata di Cutaia al Teatro di Roma lo avrebbe ovviamente costretto a lasciare il “Maggio Fiorentino”, liberando quel ruolo, ed avrebbe quindi consentito all’ex Ad della Rai Carlo Fuortes, defenestrato dal San Carlo di Napoli (a causa della bocciatura giudiziaria di una norma che voleva estromettere Stephane Lissner per sopraggiunti limiti d’età), di acquisire un incarico adeguato alle sue ambizioni e della lobby che lo sostiene…
Giochi di potere, semplicemente.
Tutto il resto è accessorio.
Il dominio del “capitale relazionale” e le sue degenerazioni (lottizzazione, clientelismo, familismo…) nel sistema culturale italiano
Il sistema italico è governato da quel che da anni definiamo il “capitale relazionale”: il resto (le qualità, il merito, l’esperienza) è squisitamente accessorio.
Ed il capitale relazionale può spesso degenerare in lottizzazione, spartizione, clientelismo e finanche familismo.
E che avvenga – come spesso avviene – “d’intesa” tra i giocatori non assolve nessuno: è e resta patologia.
In Italia, gli avvisi per presentare candidature sono quasi sempre delle schermature formali per dare una parvenza di meritocrazia / tecnocrazia a scelte che avvengono in quelle che un tempo si chiamavano “le segreterie di partito”, e che oggi sono stanze ancora più chiuse…
Esempio eclatante e “massimo” di queste spartizioni partitocratiche spesso consociative è rappresentato dalla nomina dei consiglieri di amministrazioni della stessa Rai, ovvero, peggio ancora, dei membri del consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom). Per quanto riguarda l’Agcom, la decisione è ancora più grave perché assunta dal Parlamento, con una votazione che non ha mai visto la messa in atto di procedure comparative trasparenti (anche se viene formalmente sollecitato – ipocrisia dello Stato – l’invio di curricula a Camera e Senato, ma tanto nessuno nemmeno li legge).
Da quando si è insediato un governo di destra, il meccanismo non è cambiato, non si è inceppato, semplicemente si è riprodotto con logiche meno consociative e con approccio più decisionista: il caso del Teatro di Roma conferma la dinamica.
Tutto qui.
Chi grida allo scandalo è al tempo stesso un fariseo ed un manicheo
Poniamo una questione semplice: quando la presidenza del Teatro di Roma è stata affidata, qualche mese fa, a Francesco Siciliano, professionista dal curriculum certamente dignitoso, qualcuno ha gridato allo scandalo?! In quel caso… no, perché Siciliano proviene da un habitat culturale di sinistra… La solita logica di “noi” contro “loro”: i “buoni” contro i “cattivi”…
Quando la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione del Teatro di Roma ha nominato sabato mattina Luca De Fusco (tra l’altro già Direttore del Teatro Stabile del Veneto e poi del “Mercadante” di Napoli e poi alla guida del “Bellini” di Catania), in contrapposizione frontale con la volontà del socio Comune di Roma (che avrebbe preferito Ninni Cutaia), perché s’è scatenata la tempesta (in un bicchier d’acqua)?!
Perché De Fusco è un artista ritenuto destrorso, ma soprattutto perché è stato votato dalla destra?!
Va precisato quel che ha dichiarato all’Ansa il Ministro Gennaro Sangiuliano (Fratelli d’Italia): “De Fusco non è un uomo della destra” e per la sua nomina a Dg del Teatro di Roma “è stata fatta una scelta meritoria… Ha una grande esperienza. E quando era giovane ha avuto una militanza politica con il partito socialista. Non è di destra, è un esperto”, ha ribadito il Ministro, convinto che sia necessario “consentire a chi non fa parte dei circoletti prevalentemente romani di potersi esprimere in ambito culturale”.
Riteniamo che il Ministro abbia assolutamente ragione, anche perché non ci sembra che durante “l’era Franceschini” le nomine delle istituzioni culturali nazionali brillassero proprio per trasparenza e meritocrazia…
Come commentare altrimenti la cooptazione (totalmente discrezionale) di Chiara Sbarigia alla presidenza di Cinecittà, società pubblica chiamata a gestire 300 milioni di euro del “Pnrr”?! In quel caso, peraltro, nessuna pubblica “call”, ma totale predominio dell’“intuito personae” (il gradimento del Ministro), con una persona peraltro dal curriculum piuttosto modesto rispetto all’importanza dell’incarico assegnatole (e, in argomento, andrebbe anche segnalato che nessuno – o quasi – ha gridato allo scandalo quando la stessa Sbarigia ha assunto l’incarico di Presidente dell’Associazione dei Produttori Audiovisivi – Apa, in evidente conflitto di interessi e comunque di plateale inopportunità…). Esattamente quel che è avvenuto con la cooptazione di Claudia Mazzola alla guida di Musica per Roma per precisa scelta dell’ex Sindaca Raggi…
E con quale coraggio si grida (ritualmente?!) allo scandalo, quando il Ministro della Cultura decide di sostituire Marta Donzelli (scelta da Franceschini, e senza nemmeno una “call”?!) alla guida del Centro Sperimentale di Cinematografia con una persona che certamente può vantare un curriculum non meno qualificato, come Sergio Castellitto?!
Si dirà che le modalità di questa destra sono meno delicate e meno felpate di quelle della sinistra: e questo è vero, ma in fondo sono anche forse più chiare e nette.
Il Ministro ha precisato ancora, rispetto alle modalità: “era stata nominata una commissione esterna che ha fatto una manifestazione di intenti, ha invitato gli esperti del settore a partecipare, a candidarsi alla direzione. La commissione ha scelto tre profili: nell’ambito del Cda, dove sono rappresentato da un solo componente, non sono il dominus, è stato scelto il profilo più meritorio e aderente. Luca De Fusco ha una decennale esperienza nel mondo dei teatri, ha avuto direzioni importanti da amministrazioni di diverso colore, ha una grande esperienza”.
Quel che emerge invece dalle reazioni della “sinistra” è sconcertante: ipocrisia allo stato puro
Secondo la ricostruzione dei fatti, il Presidente Francesco Siciliano avrebbe deciso di “sconvocare” la riunione del Cda prevista per sabato, non essendo ancora stata raggiunta una intesa tra le varie componenti del consiglio: “intesa” da interpretare – secondo il Presidente – come orientamento a scegliere come Direttore Onofrio Cutaia (che guida il “Maggio Fiorentino”, dopo essere stato per molti anni Direttore Generale dello Spettacolo dal vivo del Ministero della Cultura: in questo caso, un curriculum di qualità, certamente non meno di quello di De Fusco).
A quel punto, la maggioranza dei consiglieri (“di destra”, ahinoi) hanno deciso di riunirsi e procedere comunque alla nomina, in assenza del Presidente e del rappresentante di Roma Capitale. I membri del Cda del Teatro sono 5: 2 “in quota” Comune, 2 “in quota” Regione, 1 “in quota” Ministero della Cultura.
Lo scontro ha semplicemente visto prevalere i 3 consiglieri “in quota” centro-destra.
Scandalo?! No.
Un golpe?! No.
Forzatura, forse, ma abbiamo ragione di ritenere legittima, nel rispetto dello statuto e del codice civile, dato che hanno partecipato alla riunione del cda anche i membri del Consiglio dei Revisori.
Sono stati Siciliano e la consigliera rappresentante del Comune di Roma, Natalia Di Iorio, ad aver deciso di non partecipare alla riunione.
La riunione del cda di sabato 20 ci sembra pienamente legittima, sia dal punto di vista giuridico, sia dal punto di vista politico.
Il Sindaco di Roma Roberto Gualtieri è intervenuto lamentando che non si è trattato di una decisione condivisa: è vero, ma è forse un problema, in una sana dialettica democratica?!
Si tratta forse di un golpe anti-democratico? Non ci sembra…
Di un abuso di potere della maggioranza? Non ci sembra.
Il Sindaco ricorda che Roma Capitale è il principale sovvenzionatore economico del Teatro, con 6,5 milioni di euro l’anno, a fronte di poco più di 1 milione di euro apportato dalla Regione Lazio: d’accordo, ma allora avrebbe potuto, nel corso del tempo, per sanare questa asimmetria, richiedere una modificazione dell’assetto statutario e della “governance” dell’istituzione, e pretendere che il Comune assumesse un ruolo (“una quota”) più importante, nell’economia decisionale del Teatro?! Sul modello – volendo, per esempio – della Fondazione Musica per Roma, ove la nomina del Direttore Generale spetta a Roma Capitale.
Leggiamo la lunga dichiarazione di Roberto Gualtieri, che ha denunciato “l’atto di arroganza”, ovvero “l’ennesima prevaricazione”, ovvero “la grave scorrettezza istituzionale”: “proprio nel giorno in cui il Presidente della Repubblica lancia da Pesaro un monito contro il pensiero unico nella cultura dalla destra arriva un inquietante segnale che deve suonare da allarme per tutti quelli che hanno a cuore il pluralismo e il senso delle istituzioni. La Fondazione Teatro di Roma è un patrimonio della città, sostenuta finanziariamente quasi totalmente dal Campidoglio, e noi non possiamo in alcun modo accettare che le scelte più importanti, a partire dalla nomina del suo Direttore, vengano assunte con la forza, imponendo nomi e strategie dai soli consiglieri nominati dal Governo e dalla Regione Lazio. Ragionare in termini di prepotente occupazione è totalmente contrario al nostro spirito di collaborazione istituzionale con cui invece sarebbe stato necessario procedere. Roma è capitale anche della Cultura, una città aperta che parla a tutto il Paese e noi ci opporremo in ogni modo e con ogni strumento contro questa volontà di prevaricare che rischia solo di produrre macerie. Il prestigio storico dei teatri di Roma non può essere considerato alla stregua del bottino di una parte politica”.
Dichiarazioni che grondano retorica: “inquietante segnale”, “bottino”, “macerie”, “occupazione culturale”, “blitz”…
Un testo che gronda veramente retorica (“inquietante segnale”? “bottino”?! “macerie”?!…): si tratta di “occupazione”, se la maggior parte dei membri del Cda (3 su 5) esprimono un voto contrario a quello che vuole il “socio” Roma Capitale??? Qui si legge una interpretazione veramente spiazzante del concetto di… “pluralismo”.
E francamente, leggendo con cura il discorso del Presidente Sergio Mattarella, intervenuto nel corso della cerimonia di inaugurazione di Pesaro Capitale italiana della Cultura, non ci sembra proprio vi sia stato un monito contro il pensiero unico nella cultura dalla destra”. Si tratta di una forzatura interpretativa del Sindaco di Roma. Matterella ha parlato di “circolarità della cultura che non sopporta restrizioni o confini, che pretende il rispetto delle opinioni di ogni cittadino, respinge la pretesa di pubblici poteri o grandi corporazioni, di indirizzare le sensibilità verso il monopolio di un pensiero unico”. Riteniamo che il Presidente si riferisse al “pensiero unico” del turbo-capitalismo delle multinazionali digitali, non ad un presunto “pensiero unico” della cultura di destra…
Dalla mattinata di sabato, profluvio di dichiarazioni, in primis da parte del Presidente Siciliano, che ha teorizzato la “rottura del patto territoriale che è alla base di questo teatro”…
E con un addetto stampa del Teatro di Roma, Roberto Roscani, costretto a diramare comunicati, nell’arco di 48 ore, sia di una fazione sia dell’altra (e questo è senza dubbio… pluralismo!).
Poi è arrivata l’ondata di proteste da parte di una fazione: il quotidiano “la Repubblica” usa nell’edizione odierna espressioni semplicemente ridicole come “assalto squadrista”… Con quale coraggio Giovanna Vitale sostiene tesi assurde come quella che caratterizzerebbe la destra al governo: “espugnare, con le buone o con le cattive, tutti i luoghi della cultura nazionale per imporre — attraverso la produzione di film, spettacoli e mostre – il pensiero unico sovranista”???
Film, spettacoli, mostre?! Ma… quali, ma… dove?!
Terribile “pensiero unico sovranista”?! O conformista “pensiero unico liberista”?
Ma dove lo vede Vitale il presunto… “pensiero unico sovranista”?
Si tratta semplicemente del tentativo, giusto e sano (e valido in termini di pluralismo ideologico e democrazia culturale), di proporre alcune visioni alternative, o comunque altre, rispetto al prevalente e conformista “pensiero unico liberista” (se vogliamo giocare con le formule ad effetto), che caratterizza gran parte dell’offerta culturale nazionale…
Riteniamo si debba avere rispetto nei confronti delle culture che non si sono sentite riconosciute nel conformismo che ha dominato e domina la scelta culturale nazionale, e che ora rivendicano un loro ingresso in scena, dopo decenni di emarginazione.
Forme culturali ed espressioni spirituali non conformi al pensiero dominante: la globalizzazione neo-liberista di fronte alla quale si è inchinata gran parte della sinistra, anche italiana.
Giovanna Vitale teorizza anche una “occupazione sistematica delle istituzioni culturali, che sta conoscendo molteplici repliche in giro per l’Italia”. Ma perché, prima dell’avvento del Governo Meloni, queste istituzioni non erano “occupate”, da altri, ed in modo piuttosto “sistematico”?!
Elly Schlein (Pd): “sfregio alla cultura”. Federico Mollicone (FdI): “alternanza democratica”
Marta Bonafoni, Coordinatrice della Segreteria nazionale del Partito Democratico, ha sostenuto che si sarebbe trattato di un “atto di forza”, ovvero che “la decisione infatti è stata presa grazie ad una forzatura violenta della procedura, in assenza anche del Presidente del CdA. In pratica, una nomina effettuata “manu militari”. A noi sembra che sia stata assunta con un voto democraticamente espresso dalla maggioranza.
La Segretaria del Pd Elly Schlein ha dichiarato: “la destra al Governo, nazionale e regionale che sia, ha sempre e solo la stessa ossessione: occupare poltrone, promuovere gli amici, controllare attraverso i propri uomini le articolazioni del Paese. Quando questo si fa in sfregio alla cultura, significa che abbiamo superato il livello di allarme. Quanto è successo al Teatro di Roma inquieta e preoccupa anche per le circostanze di questo vero e proprio blitz”. Francamente, non ci sembra che le decisioni assunte in passato dallo stesso Partito Democratico fossero sostanzialmente differenti.
Il Sindaco Roberto Gualtieri ha precisato ieri che aveva proposto Onofrio Cutaia “perché con la sua grande esperienza e dopo lo straordinario lavoro fatto alla direzione dell’Ente Teatrale Italiano e da ultimo al Maggio Fiorentino, avrebbe potuto costruire davvero un sistema in grado, dopo anni di commissariamento, di riportare i nostri teatri ai livelli delle più grandi realtà internazionali”. Gualtieri definisce “un blitz” la nomina di De Fusco: “avevo concordato con il Ministro Sangiuliano un percorso condiviso, nel metodo e nel merito. Invece poi un deputato ha fatto riunire i consiglieri della destra in una saletta in assenza del presidente e del delegato del Comune di Roma” e “ha organizzato questa prevaricazione in nome del suo partito, in spregio alla leale collaborazione tra le istituzioni”. Com’è stato possibile? “Con l’esercizio strumentale delle funzioni vicarie o sostitutive del vice presidente rispetto alle prerogative proprie del presidente”. Il deputato cui si riferisce il Sindaco Gualtieri sarebbe Federico Mollicone, il Responsabile Cultura di Fratelli d’Italia.
L’Assessore alla Cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor, bolla la riunione del Cda di sabato come “abusiva”: sarebbe stata una “riunione carbonara”, nella quale “la destra ha rivelato la sua arroganza”, si tratterebbe di “uno schiaffo dato ai cittadini romani”
Ieri un gruppo di artisti ed attori si è mobilitato (c’è stato anche un presidio, davanti al Teatro Argentina, promosso da Christian Raimo, scrittore ed ex Assessore alla Cultura nel Municipio III), con una lettera aperta contro la nomina di De Fusco (rilanciata anzitutto da “la Repubblica”), che ha registrato le firme, tra gli altri, da Isabella Aragonese, Sonia Bergamasco, Saverio Costanzo, Matteo Garrone, Elio Germano, Fabrizio Gifuni, Valeria Golino, Lino Guanciale, Roberto Latini, Vittoria Puccini, Michele Riondino… Riportiamo un passaggio della lettera aperta: “ci sembra che, al di là di ogni valutazione circa la regolarità di quanto accaduto (ci limitiamo a questo proposito ad esprimere qualche dubbio intorno all’opportunità del fatto che un Vicepresidente nominato dall’Assemblea dei Soci operi in aperto contrasto con la volontà di uno dei soci stessi), la questione cruciale è che sia stata presa una decisione di questa importanza senza che fosse presente la rappresentanza della città di Roma nelle figure del Presidente e della Consigliera Di Iorio, rappresentanti del Comune di Roma, socio di maggioranza del Cda nonché proprietario del Teatro Argentina, il Teatro Argentina, il Teatro India, il Teatro Torlonia. E del Teatro Valle che a quanto ci consta nei prossimi mesi avrebbe dovuto essere attribuito al Teatro di Roma”.
Anche in questo caso, ci sembra che i concetti di pluralismo e democrazia siano interpretati in modo strumentale e distorto. La decisione è stata assunta a maggioranza: 3 consiglieri su 5. Tutto il resto è retorica. Perché si deve procedere necessariamente all’unanimità (ovvero “in accordo” consociativo)?!
Ricordiamo che il Consiglio di Amministrazione è stato nominato poche settimane fa, il 19 novembre 2023: alla figura del Presidente Francesco Siciliano si è affiancata la designazione dei quattro membri che, con lui, compongono il consiglio: l’avvocato Danilo Del Gaizo, già Vice Avvocato Generale dello Stato e attuale Direttore Corporate Affairs di Terna spa, che è anche Vice Presidente (e qualcuno ricorda maliziosamente che Del Gaizo è stato compagno di scuola di Luca De Fusco…); l’organizzatrice teatrale Natalia Di Iorio; l’attore e regista Marco Prosperini; la Presidente di ConfLirica Daniela Caputo Traldi.
Va peraltro segnalato (denunciato? lamentato?!) che, ad oggi (22.1.2024), sul sito web del Teatro di Roma non risultano pubblicati i curricula dei membri del Consiglio di Amministrazione: non proprio una bella pratica di trasparenza…
L’Assessora alla Cultura della Regione Lazio Simona Baldassarre (nella Giunta guidata da Francesco Rocca) ha definito le proteste dei dissidenti “farneticazioni”.
Insomma, alla fin fine, però, come dare torto a Federico Mollicone? Il Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, alla domanda “il Centro Sperimentale di Cinematografia quest’estate, la Biennale, la Rai. State occupando tutti gli spazi della cultura?” (postagli sulle colonne del quotidiano “La Stampa”), ha risposto in modo semplice e chiaro: “si chiama democrazia dell’alternanza. Ho l’impressione che a sinistra non abbiano ancora elaborato il lutto della sconfitta, c’è una sorta di rimozione. Per anni sono stati abituati a gestire tutte le istituzioni culturali”.
Si chiama “spoils system” e si associa – nel bene e nel male – alle logiche della discrezionalità da “intuitu personae” praticate per decenni dalla sinistra.
Si tratta di ricambio, di alternanza, di cambiamento, nel bene e nel male: anche questa è “democrazia culturale”.
Divertente il commento di Carlo Calenda (manifestato sui canali “social”), leader di Azione: “è interessante questa grande battaglia sul Teatro di Roma dove la destra lottizzatrice viene attaccata dalla sinistra che ha lottizzato. Parafrasando, ‘è tutto un lottizza-lottizza’. La sensazione è che due classi dirigenti incapaci di concepire una politica culturale grande e ambiziosa confondano egemonia con occupazione. Non credo che finirà benissimo per il teatro”.
Qualcuno si domanda qual è la funzione del Teatro di Roma nel sistema culturale della Capitale?
Concludiamo queste noterelle con alcune considerazioni di più ampio respiro: qualcuno si è finora posto una qualche domanda sulla funzione del Teatro di Roma nel sistema culturale della Capitale?!
Al di là di chi lo guida, in sede di selezione delle 42 candidature, è stato chiesto agli aspiranti direttori cosa pensano dell’offerta culturale della Capitale e della necessità di avvicinare all’offerta teatrale la gran parte della popolazione romana (gli esperti la chiamano “audience development”), che assai raramente mette piede in un teatro (anche a causa della continua moria di sale teatrali, alle quali le varie giunte romane hanno assistito senza muovere un dito)?!
Avrebbero comunque potuto dare – anche loro – risposte inevitabilmente vaghe e generiche, perché, così come accade a livello nazionale, anche a livello romano non esiste un “osservatorio” che consenta di conoscere le dinamiche dell’offerta e della domanda…
Il Presidente del Teatro di Roma ha precisato che la commissione di selezione “si è riunita per una mezza mattinata e, davanti a 42 domande che contenevano non solo i curricola ma anche i progetti culturali e manageriali per il Teatro, ha chiuso i lavori indicando 3 nomi, tutti maschili”. Ed ha lamentato la discriminazione di genere. In questo, Francesco Siciliano ha certamente ragione, ma sarebbe veramente molto interessante che anche la comunità conoscesse “i progetti culturali e manageriali” che sono stati presentati, in nome della massima trasparenza (che in Italia viene spesso auspicata, ma quasi mai realmente praticata). Che comunque sono stati valutati in modo assai veloce (che sia “una mezza mattinata” come dice Siciliano ovvero “due ore” come sostiene la ex Sindaca), forse un po’ troppo, a conferma che il “decision making” verteva su dinamiche altre…
Conclusivamente, ancora una volta, la politica culturale italiana – nazionale e locale – viene gestita con criteri approssimativi, con logiche nasometriche, da persone che sono vengono discrezionalmente scelte, di volta in volta, dal “principe” di turno…
[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.
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