Da Key4biz (12/9/24): Nebbia al Ministero della Cultura: Giuli smentisce Sangiuliano? settore cine-audiovisivo in tilt
La querelle sulle nuove “Commissioni Esperti” del settore. Intanto Nicola Maccanico passa da Cinecittà a Fremantle (ma il M5s presenta una interrogazione al Ministro) e Benedetto Habib probabile successore di Rutelli alla guida dell’Anica.
La situazione al Collegio Romano (sede centrale del Ministero della Cultura) ed a Santa Croce in Gerusalemme (sede di due importanti direzioni generali, “Cinema e Audiovisivo” – retta da Nicola Borrelli – e “Spettacolo” – retta da Antonio Parente – entrambe sotto il “cappello” del neo Capo Dipartimento Diac – Attività Culturali, Mario Turetta) è paradossale: nebbie e confusione, mentre il neo-Ministro Alessandro Giuli sta continuando la sua esplorazione dello staff, in primis quello “ereditato” dal suo predecessore Gennaro Sangiuliano, dal Capo di Gabinetto Francesco Gilioli al Capo Ufficio Stampa Andrea Petrella…
Parrebbe che molte “teste” siano destinate ad essere tagliate, sia per il “caso Boccia” (che non si attenua, nonostante le previsioni di chi redige queste noterelle) sia per il naturale avvicendamento che avviene nel passaggio da un ministro “pro tempore” al successore (una dinamica del tutto naturale)… Si rimanda agli ultimi due interventi IsICult su “Key4biz”: “Dimissioni Sangiuliano, nomina Alessandro Giuli: “effetto valanga” nel settore cine-audiovisivo? M5s chiede la revoca della delega alla Sottosegretaria Borgonzoni”, lunedì 9 settembre, ed al precedente “Il Tax Credit stimola (finalmente) l’attenzione dei media mainstream, mentre crescono le insofferenze degli operatori”, mercoledì della scorsa settimana 4 settembre.
La situazione è molto critica ed è aggravata anche dalla possibilità che le deleghe che Sangiuliano aveva assegnato alla leghista Lucia Borgonzoni (cinema e audiovisivo e industrie creative, quindi anche moda) ed al suo collega di partito, il deputato Gianmarco Mazzi (spettacolo dal vivo), vengano messe in discussione. Il che determinerebbe il rischio di un impressionante… effetto-domino, anche in relazione ai direttori generali, ai capi dipartimento, e comunque all’intera macchina organizzativa del Ministero della Cultura.
Pacato nei modi, raffinato nell’eloquio, Alessandro Giuli non sembra essere però uomo della conservazione o della continuità: anzi. Una conferma la si è avuta ieri, in occasione della sua decisione di intervenire al “question time” della Camera dei Deputati.
Riteniamo che sia opportuno riprodurre il contenuto di questo scambio, avvenuto nell’arco di una decina di minuti, con effetti paradossali: la sempre graffiante penna di Carmelo Caruso, oggi, su “il Foglio”, definisce la “risposta” del neo-Ministro un “capolavoro”, dato che “azzera le nomine di Sangiuliano, ma lo fa in nome della parità di genere. Capolavoro. Il Pd manca poco e gli fa la ola, lo nomina segretario aggiunto per acclamazione. Il deputato Davide Faraone, di Italia Viva, che lo interroga, sorride e “si ritiene soddisfatto”, mentre Federico Mollicone, che ha tempestato Giorgia di telefonate, perché voleva fare il Ministro della Cultura (e, visto il caso Sangiuliano, ha pure ragione) si propone come servizio d’ordine”…
La domanda di Davide Faraone, esponente del partito di Matteo Renzi, e ricordando che Italia Viva è stato il primo a chiedere la testa di Sangiuliano, dopo l’esplosione del “caso Boccia” (la cui trama è ancora tutta da comprendere) è stata: “noi, signor ministro, stiamo svolgendo soltanto un servizio civico nei suoi confronti, nel senso che riteniamo che il ministro Sangiuliano abbia mancato innanzitutto di rispetto a lei, quando ha deciso, un secondo prima di dimettersi, di compiere un gesto… compiere un atto che soltanto lei in quel momento avrebbe dovuto fare, cioè la nomina di una commissione importante, che avrebbe valutato sui film in questo Paese… una commissione importante e… reputiamo che il gesto irrispettoso che ha compiuto è irrispettoso, perché ormai, una volta che aveva deciso di dimettersi e le dimissioni erano state accettate dalla Premier, aver deciso di svolgere quello che invece il ministro entrante avrebbe dovuto fare, secondo noi è stato un atto non corretto… a maggior ragione, se poi nel merito si è manifestata una scelta che ha il sapore clientelare… quello che le chiediamo oggi, signor ministro, cosa intende fare rispetto alle nomine del ministro suo predecessore…”.
La risposta di Alessandro Giuli è elegante e distaccata, e merita essere letta integralmente, perché potrebbe essere sintomatica di un… “nuovo corso” piuttosto radicale…
Il Ministro Giuli in risposta al deputato Faraone (Italia Viva), sulla vicenda della “Commissione Cinema e Audiovisivo” nominata da Sangiuliano in modalità “last minute”
Questa la risposta del Ministro (che ieri ha letto un testo scritto): “ringrazio gli onorevoli interroganti per il quesito posto, che mi offre l’occasione per sottolineare non soltanto l’attenzione che questo Ministero sta dedicando alla questione, ma anche il rispetto che rivolgo a voi tutti e all’istituzione che rappresento da pochi ma sentiti i giorni… ci tengo a sottolineare che non mi sono affatto sentito offeso dall’azione e dalle scelte dell’ex ministro Gennaro Sangiuliano, che mi ha preceduto… no, ma è proprio tale rispetto che mi induce a dirvi che io, per primo, a poche ore dal mio insediamento, venerdì scorso, mi sono posto alcuni interrogativi… alcuni degli interrogativi che voi adesso mi avete rivolto, traendone evidentemente conclusioni differenti dalle vostre… a tale proposito, prima di entrare nel merito, posso comunque anticiparvi che la commissione su cui oggi stiamo discutendo è oggetto in queste ore di una mia attenta verifica e revisione…”.
Di fatto, il neo Ministro disconosce – almeno in parte – l’operato del proprio predecessore.
E precisa: “ma ora entriamo – come si dice – in medias res… preliminarmente, giova evidenziare a noi tutti alcune imprecisioni contenute nel quesito degli interroganti… con il decreto ministeriale del 6 settembre 2024 numero 272, è stata infatti disposta la nomina di 15 personalità, non 18 come sostenuto da voi interroganti, della commissione di esperti istituita ai sensi dell’articolo 26 comma 2 della legge 220 / 2016… inoltre, occorre evidenziare come l’individuazione di quindici esperti è stata naturalmente ispirata dalla ricerca di una variegata e comprovata qualificazione professionale nel settore, così come richiesto dalla normativa… tra quindici esperti con profilo curricolare di alto livello cito, ad esempio, uno per tutti – primo fra tutti probabilmente – Paolo Mereghetti, autore del più celebre diffuso dizionario dei film realizzato in lingua italiana (“il Mereghetti”), tutt’altro che identificabile come un “cliente” del ministero dell’ex ministro San Giuliano… noto peraltro come gli interroganti, pur solerti nella ricerca di presunte carenze dei requisiti soggettivi dei quindici esperti designati, non abbiano al contrario tenuto a rilevare il mancato rispetto dell’equilibrio di genere… questo sì, reale… a tal riguardo, è mio intendimento intervenire su tale profilo, trattandosi tra l’altro di un criterio espressamente previsto ai fini della composizione della commissione di esperti… ricordo agli onorevoli interroganti e all’aula che il decreto non ha ancora perfezionato il proprio iter… è quindi suscettibile di integrazione, e verrà senz’altro modificato e arricchito secondo i canoni di autorevolezza professionale e scientifica che ne hanno ispirato l’origine…”.
Cosa farà quindi Alessandro Giuli?!
Non è dato sapere.
Comprenderà presto, il neo-Ministro, che non dispone (non ci riferiamo a lui, ma al dicastero stesso) di una adeguata strumentazione conoscitiva per comprendere qual è il reale stato di salute del settore cine-audiovisivo?
Nei corridoi del Collegio Romano e di Santa Croce in Gerusalemme, aleggiano una serie di ipotesi:
- il Ministro si limiterà ad integrare la composizione inserendo con alcuni nomi di donne, adeguatamente qualificate…
- aumenterà il numero dei componenti, dato che la “Legge di Bilancio 2024” ha consentito al Ministro in carica di decidere discrezionalmente non soltanto il criterio di cooptazione (“chi”) ma anche la struttura (“quanti membri”) e l’organizzazione delle commissioni consultive (con quali regole operare?!), che dal 2024 debbono essere due, una focalizzata sulla “produzione” ed una focalizzata sulla “promozione”…
- annullerà il decreto ministeriale n. 272, il cui testo ad oggi non risulta pubblicato, e procederà con un “preliminare” avviso pubblico di invito alle auto-candidature, seguendo l’esempio del suo altro predecessore Dario Franceschini…
Quel che è certo è che il Ministro deve muoversi in fretta, anzi con urgenza, perché tutta la “macchina ministeriale” è bloccata, anzi paralizzata. E di conseguenza anche il settore tutto (o quasi).
Si pensi sia alla produzione, per quanto riguarda le opere realizzate (realizzande) avvalendosi dei “contributi selettivi”, sia alla promozione, considerando che il bando per i festival (una delle linee di intervento del sostegno pubblico) relativo all’anno solare 2024 è stato pubblicato (con incredibile ritardo) soltanto a fine giugno scorso, e che, senza la Commissione “ad hoc”, non possono essere assegnate le risorse per il 2024…
Concretamente, anche se Giuli nominasse tra pochi giorni, con la solita autocrazia, la Commissione “promozione”, verosimilmente questa non diverrebbe operativa prima di due o tre settimane: dovrà vagliare centinaia e centinaia di istanze, e quindi i risultati non vedranno la luce prima di fine ottobre… Per festival ed iniziative che si svolgono tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2024! Un paradosso, penoso quanto amaro per le centinaia di kermesse che affollano tutto il territorio nazionale…
Quel che è sicuro è che sarebbe indispensabile in qualche modo “attingere” alle precedenti Commissioni, cooptando almeno i coordinatori delle varie “sotto-commissioni” nelle quali era strutturata la precedente Commissione (prima era una, con 4 sotto-commissioni), perché altrimenti, se i neo-commissari dovessero essere tutti neofiti, si verrebbe a determinare un inevitabile “collo di bottiglia”, determinato da inesperienza nell’affrontare procedure che sono sì “estetocratiche” (dalla lettura di una sceneggiatura all’analisi delle ricadute di un festival…), ma anche “amministrativo-burocratiche” piuttosto complesse.
E comunque si tratta di pratiche complesse e gravose: le proposte che arrivano al Ministero ogni anno sono centinaia e centinaia e centinaia… Gli uffici della Direzione Cinema e Audiovisivo fanno ovviamente del proprio meglio per “istruire le pratiche”, ma il grosso del lavoro deve essere svolto dagli esperti. E comunque da più fonti viene lamentato il sotto-dimensionamento dell’organico della Dgca stessa, che dovrebbe essere una delle aree di intervento (urgente) del Ministro.
E saggiamente è stato proprio l’ex Ministro Gennaro Sangiuliano a volere che, dal 2024, il lavoro dei commissari venisse remunerato (si parla di una sorta di rimborso spese tra i 10mila ed i 15mila euro l’anno, anche se le due commissioni dispongono – per questi impegni – rispettivamente di 500.000 euro la commissione “produzione” e 200.000 euro la commissione “promozione”).
Le opzioni di Giuli. Delle due, l’una: con le Commissioni Cinema e Audiovisivo, procedere… “saggiamente” oppure… “tempestivamente”?
Delle due, l’una:
- se il Ministro decidesse di maturare una nuova riflessione sulla struttura delle due nuove commissioni e seguisse il consiglio di mettere in atto criteri trasparenti e “meritocratici” (almeno sulla carta), dovrebbe firmare un decreto che preveda quali sono i pre-requisiti tecnici per i nuovi commissari (richiesta avanzata più volte anche da varie associazioni di autori) e far quindi pubblicare un avviso per l’auto-candidature: questa sarebbe la soluzione più saggia e lungimirante (in termini di politica culturale), ma con tempistiche che andrebbero ad aggravare in modo acuto le già tante criticità del settore;
- se il Ministro si limitasse ad una novella cooptazione discrezionale “intuitu personae”, andrebbe a riprodurre gli errori del suo predecessore, perché, quali che siano le sue scelte, verrebbero (verranno) comunque criticate per la soggettività nel “decision making”; ma così operando, interverrebbe tempestivamente, in una situazione ad oggi stagnante…
Tertium non datur.
Quel che è sicuro è che la situazione è tesa: anzitutto per la conferma o meno delle deleghe, che riteniamo sia la questione più urgente, quanto delicata.
Molti osservano che tante critiche sono arrivate a fronte della riforma della “Legge Franceschini” (avviata oltre un anno) nei confronti dell’ex Ministro Gennaro Sangiuliano, ma la vera “regista” di questo processo è stata la (ex?!) Sottosegretaria Lucia Borgonzoni.
Si ricordi che, tre giorni fa, il Movimento 5 Stelle, nella persona del deputato Gaetano Amato (membro della Commissione Cultura della Camera) ha chiesto non le dimissioni bensì giustappunto la revoca della delega che il Ministro Gennaro Sangiuliano aveva assegnato a suo tempo alla senatrice leghista Lucia Borgonzoni…
Semmai Giuli non confermasse a Borgonzoni la delega su cinema e audiovisivo, la situazione diverrebbe senza dubbio ancora più critica.
C’è chi sostiene che il neo Ministro starebbe pensando di avocare a sé quest’area di competenza, lasciando alla senatrice leghista le “altre” industrie culturali e creative (dal design alla moda…).
In ogni caso, la situazione del settore – e del suo governo istituzionale – appare veramente problematica.
Il 26 settembre l’elezione dei 4 membri del Cda da parte del Parlamento? Probabile l’ennesimo slittamento…
Nelle more di novelle decisioni, va osservato che intanto le conferenze dei capigruppo della Camera dei Deputati e del Senato ieri hanno (avrebbero) concordato per il giovedì 26 settembre la data nella quale il Parlamento dovrebbe nominare i 4 membri del Consiglio di Amministrazione della Rai di propria competenza. Ma proprio ieri l’altro gli esponenti di un ipotetico “campo largo” (Pd e M5s e Avs) hanno chiesto al Parlamento stesso (ovvero alla maggioranza cioè al Governo) di avviare una “riforma” del servizio radio-televisivo pubblico, prima di procedere alle nomine. Il che appare istanza saggia quanto paradossale, dato che è evidente che il centro-destra non ha alcuna intenzione di procedere in tal senso. E peraltro nessuna chiarezza – nel “campo largo” – come dovrebbe essere impostata questa auspicata “riforma”.
Ieri l’altro (martedì 10), in Commissione Parlamentare di Vigilanza, tutti i gruppi di opposizione hanno manifestato (confermato) la propria indisponibilità “a rinnovare il Cda Rai in assenza della riforma della governance… recependo le nuove disposizioni europee per la libertà dei media” (l’ormai famoso “European Media Freedom Act”). Come ha commento Stefano Balassone, “la dichiarazione non è platonica, perché il quorum necessario per costituire il Consiglio non è raggiungibile senza voti dell’opposizione”. Balassone è il promotore e presidente dell’associazione Articolo 5, che organizza per il 19 settembre (alle 16.30), a Roma in via Brunetti 60 (sede del Movimento Federativo Europeo), un incontro che parte da queste premesse: “dopo cinquanta anni di monopolio governativo e cinquanta di pluralismo lottizzato oggi, sulla spinta del Regolamento Europeo è previsto (entro il sempre più vicino 8 agosto 2025) l’avvento della Rai indipendente. Ma su quali basi e con quali garanzie? Per ora Governo e Parlamento tacciono, ma noi potremo discuterne…” (l’iniziativa sarà accessibile anche su Zoom, “id” della riunione 831 6869 5774, codice d’accesso: 734062).
Quindi che potrà realisticamente accadere tra due settimane?! Verosimilmente… che la data di convocazione vada a slittare ancora.
Nicola Maccanico: dalla guida di Cinecittà alla guida di Fremantle Italia. Ma il Movimento 5 Stelle “interroga” il Ministro Giuli sul “caso Maccanico”…
E va notato che è di ieri una inattesa nomina: l’ex Amministratore Delegato di Cinecittà s.p.a., Nicola Maccanico, dimessosi incomprensibilmente il 25 giugno scorso da quel ruolo (nonostante la sua conduzione degli “studios” fosse stata apprezzata pubblicamente sia dal Ministro Sangiuliano sia dalla Sottosegretaria Borgonzoni), e sostituito qualche settimana fa, il 17 luglio 2024 (per decisione dell’ex Ministro Gennaro Sangiuliano, d’intesa con il titolare del Mef Giancarlo Giorgetti), da Manuela Cacciamani (che – a sua volta – si è dimessa dai ruoli che ricopriva in Anica – Presidente dell’Unione Editori e Creators Digitali e dalla sua società di produzione One More Pictures), è stato cooptato come “Ceo” del Gruppo Fremantle Italia, una delle più grosse e potenti centrali produttive (straniere) del nostro Paese.
Peraltro Fremantle è stato fino a poco tempo fa il maggior cliente di Cinecittà stessa.
Qualcuno si domanda se non esista una esigenza di prudenza e di opportunità, nel passaggio da un ruolo all’altro, ma le “sliding doors” sono ormai molto frequenti in Italia (anche nel settore audiovisivo) e peraltro verosimilmente il contratto che regolava il rapporto di lavoro di Maccanico a via Tuscolana non gli impediva un passaggio di “porte girevoli” così rapido ed un così veloce cambio di vesti…
Maccanico condurrà le attività di Fremantle in Italia: il fatturato è passato dai 66 milioni di euro del 2022 ai 53 milioni del 2023, di cui 42,4 milioni derivati dalle 7 serie tv consegnate nell’anno e 10,5 milioni dallo sfruttamento dei diritti. Le 7 serie sono state sono state “Buongiorno mamma 2”, “Che Dio ci aiuti 7”, “Un passo dal cielo 7”, “Blanca 2”, “Doc, nelle tue mani (terza stagione)”, “Fantastici 5” e “Odio il Natale 2”; Luxvide ha prodotto lo scorso anno la 14ª serie di “Don Matteo” per Rai1 in onda in autunno e la seconda serie di “Viola come il mare” su Canale 5…
Le società Wildside (produzione “scripted”), The Apartment Pictures (“scripted”), LuxVide (“scripted”) e Fremantle Italia (“unscripted” e “soap”), con i rispettivi Ceo Sonia Rovai, Annamaria Morelli, Luca Bernabei e Marco Tombolini riporteranno a Maccanico. Maccanico riporterà direttamente, a sua volta ad Andrea Scrosati, Coo del Gruppo Fremantle e Ceo per l’Europa Continentale…
Si ricordi che il gigante tedesco dei media Bertelsmann – che controlla anche Fremantle e quindi Fremantle Italia – ha registrato profitti record nel 2023, con un balzo di ben il 25 % degli utili del gruppo a 1,3 miliardi di euro. I ricavi operativi del gruppo (guidato dall’Amministratore Delegato Thomas Rabe) sono rimasti stabili a 20,2 miliardi di euro, appena al di sotto della cifra record registrata dal gruppo nel 2022.
Ed oggi pomeriggio gli esponenti del Movimento 5 Stelle in Commissione Cultura alla Camera Antonio Caso, Anna Laura Orrico (già Sottosegretaria alla Cultura) e Gaetano Amato hanno annunciato la presentazione di una interrogazione al Ministro Alessandro Giuli su quello che definiscono il… “caso Maccanico”, sostenendo che “è fondamentale fare luce su quanto ruota attorno al caso di Nicola Maccanico, il manager che, dopo le sue le dimissioni dalla carica di amministratore delegato e direttore generale di Cinecittà S.p.a., è stato nominato – a distanza di poche settimane – Ceo del colosso privato della produzione tv Fremantle Italia, che in questi anni è stato uno dei principali clienti di Cinecittà S.p.A. e l’unico con il quale la società abbia sottoscritto un accordo per l’utilizzo “continuativo” degli studios romani. Il mese scorso il quotidiano ‘Domani’ (con una esclusiva a firma di Domenico Iannaccone, n.d.r.) ha scoperto una nota di credito di 3 milioni di euro proprio per Freemantle, la quale non era stata resa nota da Maccanico, in quanto non risultano comunicazioni al consiglio di amministrazione. Oggi “Il Fatto Quotidiano” (con un articolo a firma di Vincenzo Bisbiglia e Thomas Mackinson, ironicamente titolato “Maccanico jr. e Cinecittà: conti flop, ma incarico top”, n.d.r.) rivela che l’intero rapporto finanziario con il colosso britannico sia attualmente sotto la lente d’ingrandimento del nuovo cda, poiché, da un lato, Fremantle assicura che in questi due anni e mezzo “la società ha versato nelle casse di Cinecittà 50 milioni di euro, assicurando un fatturato costante”, mentre a Cinecittà sospettano che l’accordo, siglato nel 2022, non sia stato del tutto redditizio”.
Concludono Anna Laura Orrico e Antonio Caso e Gaetano Amato: “abbiamo presentato una interrogazione ad Alessandro Giuli su tutto questo, anche perché ci chiediamo se un simile salto sia compatibile con quanto disposto dalla legge. Il neoministro ha il dovere di intervenire su situazioni opache come queste: cosa farà affinché vengano evitate situazioni di conflitti di interesse e per preservare i principi di imparzialità e trasparenza? Se davvero vuole prendere le distanze dal suo disastroso predecessore, dovrà occuparsi con urgenza di questo caso”.
Il “caso Maccanico” si affianca al “caso Boccia”, nell’effervescente mondo… del cinema e dello spettacolo?!
Benedetto Habib (Indiana Production, Vuelta Group) alla guida dell’Anica, succedendo a Francesco Rutelli?
E tra due settimane, l’Anica deciderà chi andrà a presiedere l’associazione, guidata da tanti anni dall’ex Sindaco di Roma nonché ex Ministro per i Beni e le Attività Culturali (dal 2006 al 2008) Francesco Rutelli (è stato eletto nel luglio 2020, confermato nel giugno 2023)…
I “bookmaker” danno ormai per sicura l’elezione di Benedetto Habib, attualmente alla guida del gruppo dei produttori dell’Anica, la potente Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali (è stato eletto nel novembre 2021, subentrando a Francesca Cima). Habid è partner e producer di Indiana Production, società che è stata acquisita nel settembre 2023 dal gruppo europeo Vuelta Group(guidato da Jerome Levy, ex dirigente di Canal+ e Goldman Sachs, forte di fondi per 50 milioni di un “private equity”).
Da segnalare che anche il battagliero avvocato Michele Lo Foco (membro del Consiglio Superiore del Cinema e Audiovisivo, il Csca – massimo organo di consulenza del Ministero della Cultura – presieduto da Francesca Assumma) si è candidato alla presidenza dell’Anica.
Ed è di Benedetto Habib un parere preciso anche sulle controverse commissioni (così si è espresso in una lunga intervista concessa al quotidiano “La Repubblica”): “le commissioni per i contributi selettivi: ora, oltre ai contributi sono loro a permettere al film una maggiore facilità di accesso al tax credit, quindi diventano ancora più importanti. A maggior ragione, il criterio con cui è scelto chi ne fa parte deve essere quello della competenza. Bisogna guardare alla composizione delle commissioni che l’ex ministro Sangiuliano si è affrettato a firmare, in modo anche un po’ scomposto rispetto all’educazione istituzionale”. Una critica netta nei confronti di Gennaro Sangiuliano.
E questo il suo pensiero sul “Tax Credit”, ovvero sull’approccio ideologico che egli ritiene debba avere il Ministro della Cultura: “è stato fastidioso che, negli ultimi tempi, in taluni casi, il Ministro abbia fatto fatica a comprendere il valore industriale che questo settore rappresenta, oltre a quella culturale. Noi non siamo una controparte, siamo l’industria di riferimento del Ministero della Cultura. Che dà lavoro a 200mila persone, che rappresenta un sistema di promozione internazionale enorme, che ha mutato negli ultimi quindici anni completamente la sua natura da struttura artigianale a industriale, anche con i grandi investimenti da parte delle piattaforme. Mi auguro che il nuovo Ministro Giuli si prenda carico con orgoglio della nostra industria. Non abbiamo riferimenti ideologici che cambiano il contesto culturale del Paese. Bisogna tornare a collaborare, anche in relazione alla congiuntura…”. Di parere ben diverso invece l’avvocato Michele Lo Foco, da sempre in prima linea nella richiesta di una riforma radicale della “Legge Franceschini”, a partire dalla destrutturazione dello strumento sempre più controverso del credito di imposta.
Alla prossima puntata…
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz” (ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale).
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