La potenza di fuoco di Google, la macchina pubblicitaria di Auditel, la debolezza delle istituzioni pubbliche di fronte allo strapotere degli “over-the-top”, minori e pornografia, il Far West Web…

Questa rubrica “ilprincipenudo”, curata da molti anni da IsICult (Istituto italiano per l’Industria Culturale) per il quotidiano online “Key4biz”, si pone come osservatorio privilegiato – libero ed indipendente – di alcune dinamiche critiche del sistema culturale e mediale italiano, con particolare attenzione alla politica ed all’economia ed alla tecnologia, ovvero alle variabili “strutturali” del sistema (senza citare Karl Marx o Antonio Gramsci, da esse deriva la “sovrastruttura” ovvero la produzione di immaginario): questa nostra funzione di osservatori critici è spesso controcorrente, e ci dilettiamo – talvolta con profonda amarezza – a sostenere (dimostrare) che “il principe è nudo” (ovvero che molti… “principini” sono nudi, ed imbarazzanti nella loro nudità).

La campagna promossa da Google “Vivi Internet, al meglio”, con la benedizione della Polizia di Stato

La premessa non è oziosa, ma oggi la nostra coscienza di ricercatori sociali, giornalisti specializzati, genitori e semplicemente cittadini è stata scossa da un’ennesima lenzuolata acquista da Google sul quotidiano “Corriere della Sera”: questa paginata (pag. 4) vede il marchio Google associato a quello della Polizia di Stato, per celebrare una iniziativa di collaborazione tra i due soggetti, denominata “Vivi Internet, al meglio” (da cui l’acronimo “Viam”). Partecipano al progetto anche la Fondazione Mondo Digitale (un ente pubblico-privato fortemente sostenuto dal Comune di Roma), Altroconsumo (associazione di consumatori ed utenti che vanta oltre 350mila soci) ed Anteas (acronimo che sta per “Associazione Nazionale Tutte le Età Attive per la Solidarietà”; vanta 500 associazioni di volontariato e promozione sociale ed oltre 80mila aderenti).

L’iniziativa potrebbe essere “in sé” commendevole, ma va osservato che si tratta di una ulteriore abile manovra di lobbying del gigante del web, e questa considerazione ci deve stimolare una riflessione più ampia su come “il sistema” dei media funziona…

Due altre considerazioni: ieri mattina 11 aprile al Senato (a porte chiuse, senza chance di intervento dei giornalisti, ed anche questo la dice lunga…) è stata presentata dal Presidente Andrea Imperiali la “Relazione annuale” di Auditel, intitolata “Mercato globalizzato e transizione digitale: le nuove sfide per la Tv e per Auditel” (vedi su queste colonne l’articolo di Luigi Garofalo “Auditel cambia pelle. Unica misurazione su tutte le piattaforme e device. Ascani: “5G straordinario anche in audiovisivo”).

La rassegna stampa odierna è impressionante, con benevole paginate intere sul “Corriere della Sera” ed “Il Sole 24 Ore” ed altri quotidiani, tutti lieti di annunciare enfaticamente la bontà della misurazione della “total audience”, ovvero la rilevazione della fruizione di contenuti televisivi su tutti i “device”, ben oltre il classico apparecchio televisivo.

Giovedì della scorsa settimana 7 aprile, quello che dovrebbe essere l’organismo di rappresentanza e tutela degli utenti italiani, ovvero i telespettatori e più in generale i fruitori mediali, ovvero il Consiglio Nazionale degli Utenti (Cnu), presieduto da Sandra Cioffi, che opera presso l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), ha presentato la sua relazione annuale, relativa all’attività svolta durante il primo anno di consiliatura.

Il Cnu non dispone di un suo addetto stampa, e quindi si deve avvalere dell’Ufficio Stampa di Agcom, che ha diramato un comunicato soltanto l’indomani, venerdì 8 aprile.

Questa notizia, che pure ha una sua rilevanza oggettiva, non è stata ripresa da nessuna testata giornalistica, se non proprio da “Key4biz”, che – ancora una volta – dimostra eterodosse sensibilità su tematiche che sembrano sfuggire dall’agenda mediale e politica dominante (vedi “Cnu, presentata la relazione annuale 2021” su “Key4biz” dell’8 aprile 2022). La notizia è stata in verità segnalata anche – va riconosciuto – dal sito web del mensile “Prima Comunicazione”, ma, a parte queste due testate, il nulla più assoluto… Incredibile, ma vero. Silenzio totale.

Perché la relazione di una società privata (Auditel questo è: i suoi azionisti sono RaiMediasetLa7Upa ed altri) viene accolta in pompa magna in Parlamento, e perché la relazione di un organismo che pure ha, sulla carta, una delicata funzione pubblica (come il Cnu) viene ignorata dal sistema dei media?!

Questo è il quesito, che non è retorico, bensì tecnico e politico al contempo, e che vuole stimolare ulteriori riflessioni: si risponderà che dietro la potente macchina delle rilevazioni Auditel ci sono interessi significativi ovvero… miliardi di euro investiti in pubblicità, mentre dietro la francescana organizzazione del Cnu semplicemente… milioni di cittadini, della cui sensibilità sembra importare assai poco alle italiche istituzioni. Potenza del danaro?! Debolezza della società civile?!

Lo Stato passivo ed inerte di fronte alla deriva mercatista del sistema dei media, accelerata dal digitale

È evidente che ci si trova ancora una volta di fronte ad una deriva mercatista del sistema mediale, con uno Stato che assiste passivo ed inerte di fronte alle logiche del capitalismo digitale.

In tutto questo, ovviamente il contributo della stessa Rai, concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo (e mediale, dovremmo sostenere oggi), è co-determinante, perché la sua stessa funzione è alterata (inquinata) dall’essere cofinanziata giustappunto dalla pubblicità (che determina circa un terzo dei suoi ricavi).

E non stupisce quindi che, nella complessiva economia anche semiotica del “public media service” italico, abbia un peso determinante – pure nella costruzione dei palinsesti – la società controllata Rai Pubblicità, piuttosto che la debole Direzione Rai per il Sociale (istituita un paio di anni fa, e relegata in un cantuccio, priva delle risorse minimamente adeguate allo svolgimento reale e pieno della sua funzione).

Si rifletta su questi “due pesi e due misure”… e ci si colleghi a quanto scrivevamo in apertura di questo contributo: Google e gli “over the top” operano sul mercato in sostanziale assenza di controlli pubblici, a differenza di quel che avviene invece ancora oggi – nel bene e nel male – per i “broadcaster televisivi”…

È pur vero che il “controllo” dell’offerta televisiva (da parte dell’istituzione preposta, qual è Agcom) è spesso lasco, debole e tardivo, con casi eclatanti che dimostrano l’inefficacia dell’attività di monitoraggio e regolazione, come abbiamo denunciato tante volte anche su queste colonne: vedi “Key4biz” del 28 gennaio 2022, “Rai trasmette in fascia protetta un telefilm raccapricciante: nessuno interviene”, ed il successivo del 31 gennaio, “Tutela dei minori nei media italiani, dalla tv al web: Stato assente batta un colpo”…

Perdura in Italia il “Far West Web”: libero accesso dei minori al porno

In ogni caso, se il controllo è lasco per quanto riguarda la televisione, a partire dalla tutela dei minori (ma potremmo anche affrontare il tema della tutela delle minoranze, del pluralismo culturale ed informativo, eccetera)… per quanto riguarda il web, la situazione italiana è veramente fuori controllo: su internet può essere proposto di tutto, in un vero e proprio Far West.

Anarchia totale: l’espressione “Far West Web” sintetizza efficacemente questo scenario sconfortante quanto allarmante.

Lo Stato è sostanzialmente assente.

Basti ricordare che in Italia, qualsiasi fanciulla e fanciullo può accedere liberamente a contenuti pornografici, anche di tipo “hard” ed estremo, senza che vi sia alcun filtro nell’accesso al web: è incredibile, ma vero, e nessuno (nemmeno a livello politico) sembra voler denunciare in modo serio questa patologia mediale o assumere iniziative concrete in materia.

Certo… esiste la preziosa Polizia Postale e delle Comunicazioni, ma essa si concentra sulle patologie acute (la lotta alla pedopornografia, che è altra dimensione) o su comportamenti criminali (come il cyberbullismo, che è altra degenerazione del web), e riteniamo che anch’essa sia sottodimensionata nelle risorse tecniche e professionali, allorquando avrebbe necessità di una dotazione budgetaria ben più significativa… Si segnala peraltro che nel settembre scorso Nunzia Ciardi, che ha diretto la Polizia Postale e delle Comunicazioni per anni con impegno appassionato e buone capacità mediali, è stata nominata Vice Direttore dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (Acn): un ruolo senza dubbio delicato ed importante, ma forse sarebbe stato meglio, per il Paese, lasciarla alla guida della Polizia Postale e delle Comunicazioni, dotando la struttura di migliori strumentazioni ed assegnandole funzioni ulteriori nella promozione di campagne di sensibilizzazione. Certo, la stessa Polizia Postale e delle Comunicazioni svolge non soltanto un’attività repressiva ma anche preventiva, di sensibilizzazione appunto, ma i suoi sforzi – con campagne informative (soprattutto nelle scuole) – sono vanificati dal deficit di risorse.

La stessa critica va mossa nei confronti delle iniziative come giustappunto “Vivi Internet, al meglio”, promossa da Google: si tratta di abili operazioni di comunicazione (e lobbying) con le quali i giganti del web, per cercare di continuare ad operare senza lacci e lacciouli, cercano di accreditarsi come sensibili “educatori”, anzi… alfabetizzatori digitali.

Lo slogan che campeggia nella homepage del sito dedicato a “Vivi Internet, al meglio” la dice lunga: “Aiutiamo i più giovani a diventare cittadini digitali responsabili”.

Si tratta di iniziative che certamente male non fanno, ma rappresentano veramente la classica goccia d’acqua nell’oceano.

Operazioni di immagine e di marketing, per cercare di affermare un “brand” di responsabilità nel caos del digitale: si tratta iniziative assimilabili a quelle cosiddette di “greenwashing”, ovvero alle tecniche di marketing che cercano di presentare una immagine aziendale simpaticamente sintonica con la tutela dell’ambiente. Il caso forse più eclatante è stato lo spazio concesso dalla Rai al mega sponsor Eni (con la campagna “Plenitude”) in occasione dell’ultima edizione del Festival di Sanremo (la denuncia della ong ambientalista Greenpeace è stata esplicita, ma è caduta nel vuoto)… Siamo in un territorio “borderline” con la pubblicità ingannevole.

Logiche da “foglia di fico”, se vengono analizzate seriamente, e misurate nella loro reale capacità di incidere sul mercato e sulla società…

Sia ben chiaro: si tratta di iniziative legittime, e – nella loro marginalità – comunque utili.

Quel che non ci convince è quando sono le istituzioni che si prestano al gioco, come veri e propri portatori d’acqua di questi novelli “poteri forti”: perché il logotipo della Polizia di Stato deve campeggiare, con altrettanto peso di quello di Google, su una pagina pubblicitaria sul maggiore quotidiano nazionale?! Ed ancor più con l’indicazione della celebrazione del “170° anniversario della Polizia di Stato” (così è nell’inserzione pubblicata oggi sul “Corriere”)…

Complimenti ai consulenti di marketing e branding e lobbying di Google: mancherebbe soltanto la benedizione del Vaticano per celebrare la santità dell’educazione al digitale degli ingegneri, pedagoghi e filosofi di Mountain View…

Perché la Rai non assume il ruolo di vero “alfabetizzatore” digitale del Paese?!

Perché piuttosto non assume il ruolo di vero “alfabetizzatore” digitale del Paese la Rai – Radiotelevisione Italiana spa, il Ministero dell’Istruzione, il Ministero della Cultura?!

Questa è la domanda, essenziale, che non trova risposta, se non nella insensibilità complessiva delle nostre istituzioni pubbliche, ma anche dei nostri partiti politici. Certo, questi tre soggetti “qualcosa” fanno, su questi temi, ma è poca cosa, modesta e marginale. In sostanza, inefficace e superficiale.

Si legge nella Relazione del Consiglio Nazionale degli Utenti che l’organismo “è entrato a far parte dell’Advisory Board del Progetto Safer Internet Centre (Sic) – “Generazioni connesse”, progetto coordinato dal Ministero dell’Istruzione e cofinanziato dalla Commissione Europea per la promozione di un uso sicuro e positivo del web rivolto agli studenti, nonché ad insegnanti, genitori enti, associazioni e aziende”. Abbiamo in varie occasioni apprezzato le iniziative del progetto “Generazioni Connesse” (promosso dal Ministero dell’Istruzione, e con finanziamento della Commissione Europea, con partner del livello di Save The ChildrenSos Il Telefono AzzurroSkuola Network…), ma esso ha ancora una copertura sociale e mediale modesta: sul totale della popolazione scolastica italiana (oltre 8 milioni di allievi), quanti sono stati raggiunti finora da “Generazioni Connesse”?!

E perché la Rai non ha fatto proprio il progetto “Generazioni Connesse”, rilanciandolo in modo pervasivo nei propri palinsesti?!

La chimera del “parental control”, evocata anche dal Cnu

In materia di tutela dei minori, si legge nella Relazione del Consiglio: “Il Cnu ha avviato interlocuzioni con Agcom per sollecitare l’elaborazione della nota tecnica applicativa dell’art. 7 bis1 Decreto-legge n. 28/2020, esprimendo anche un parere nell’ambito della consultazione pubblica promossa dall’Autorità finalizzata all’adozione di Linee Guida per individuare misure idonee alla protezione dei minori nell’ecosistema digitale, attraverso dei servizi pre-attivati e sistemi di controllo parentale” (ci si riferisce all’articolo 7 bis del Decreto legge n. 28/2020 recante “Sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio”).

Scrive il Cnu, giustamente: “un aspetto centrale sottolineato dal Cnu è quello della scarsa conoscenza circa l’uso del Parental control per cui ha posto in evidenza la necessità di una maggiore informazione e comunicazione per garantire ai genitori e alle famiglie consapevolezza circa il suo uso, non solo nella sua fase di attivazione quanto anche nella fase successiva, cioè nella fase di gestione del servizio, quando cioè possono sorgere maggiori difficoltà di utilizzo e di comprensione per l’utente. (per le operazioni di attivazione, disattivazione, configurazione, ecc.)”. Il Cnu auspica che “sia garantita anche una comunicazione omogenea indipendentemente dal fornitore del servizio e dal dispositivo e che sia data ai genitori la possibilità di personalizzare più facilmente i contenuti oggetto di filtro, dando anche la possibilità di aggiungere o rimuovere con facilità dalle black list e dalle White list i siti ritenuti inappropriati per i propri figli”.

Sagge parole.

Ma chi le ascolterà?!

Basti pensare che non è nemmeno possibile conoscere dati essenziali: sul totale degli abbonati di Sky Italia, quanti sono coloro che utilizzano il… “parental control”?! Sky certamente lo sa, ma alla domanda non risponde.

E che dire della totale assenza di controlli pubblici, in Italia, nel libero accesso dei minori a Facebook piuttosto che a TikTok o Instagram, che avviene in modo indiscriminato, senza reali vincoli di età?! I controlli sono soltanto sulla carta, come scriveva a chiare lettere Marisa Maraffino su “Il Sole 24 Ore” del 16 giugno 2021 (vedi il suo “Iscrizione dei ragazzi ai social: i controlli sul limite di età sono solo sulla carta”).

Dinamiche italiche solite: “facta lex inventa fraus” (ovvero fatta la legge, trovato l’inganno).

Gli effetti del libero accesso dei minori alla pornografia possono essere devastanti, per l’evoluzione psichica e per l’educazione affettiva (ed anche per i comportamenti sociali), ma il problema sembra non interessare nessuna istituzione italiana, né nessun partito politico.

In sostanza, in Italia queste tematiche sembrano essere lontane dalle priorità delle agende della politica.

Ci sono più soggetti che intervengono “istituzionalmente”, ma in modo frammentario e senza risorse adeguate (insomma, una pluralità dispersiva e debole), in totale deficit di approccio organico e sistemico, e questa parcellizzazione (ovvero assenza di un organismo centrale di controllo, monitoraggio, sensibilizzazione, repressione) finisce per fare il gioco del mantenimento dello “status quo”, ovvero della deriva in atto.

Conservazione ed inerzia.

Google sorride, continuando a fare il proprio gioco di pervasione delle coscienze al servizio del capitale digitale

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