Finalmente pubblicata la “valutazione di impatto” della legge cinema e audiovisivo per l’anno 2019: una impressionante messe di dati, ma con metodiche confuse. La Polonia esporta cinema e audiovisivo 7 volte più dell’Italia?

La notizia, per gli operatori del settore e per gli appassionati di economia dei media, è di quelle senza dubbio importanti: dopo lunga attesa (era prevista per fine settembre 2020), è stata finalmente pubblicata sul sito del Ministero della Cultura, questa mattina 10 marzo 2021, la “valutazione di impatto” della legge cinema ed audiovisivo (la cosiddetta Franceschini-Giacomelli), prevista dalla stessa norma (la n. 220 del 2016).

Ci si domanda se esista un nesso causa / effetto con l’interrogazione parlamentare urgente presentata il 2 marzo scorso dalla senatrice Paola Binetti (Udc), la quale ha posto al Ministro della Cultura Dario Franceschini (Pd) una serie di quesiti mirati, sia specificamente sulla gestione dei fondi ministeriali destinati ai cosiddetti “progetti speciali” sia più in generale rispetto alla esigenza di disporre di strumentazioni cognitive adeguate, a fronte dei finanziamenti pubblici al settore cultura (vedi “Key4biz” di giovedì della scorsa settimana, 4 marzo 2021, “ItsArt, Franceschini risponde a Barachini. Binetti chiede trasparenza su sovvenzioni alla Cultura”).

Questa mattina, il sito web della Dg Cinema e Audiovisivo (Dgca), retta da Nicola Borrelli, ha pubblicato un corposo tomo, che consta di ben 351 pagine (e centinaia di tabelle), che rappresentano un gustoso (sebbene pesante da digerire) piatto per gli appetiti di coloro che credono che sia necessario “conoscere per deliberare”, nel rispetto della spesso inascoltata – in Italia – lezione einaudiana.

Va anzitutto osservato che rispetto alla precedente edizione, il raggruppamento temporaneo di imprese che ha realizzato lo studio, ovvero l’Università Cattolica del Sacro Cuore e la società di consulenza Ptclas spa, ha senza dubbio migliorato il layout grafico, addivenendo ad un prodotto dignitoso (la precedente edizione era in effetti forse degna di una tesi di laurea di primo livello).

Manca un “executive summary”, ma in verità esso può essere ricostruito montando assieme i “summary” che vengono proposti capitolo per capitolo. In verità, non si comprende perché gli autori dello studio non abbiano provveduto ad elaborare un simile documento di sintesi.

Anche soltanto sfogliando il corposo tomo, si nutre l’impressione che vi sia stato un discreto salto qualitativo rispetto alla precedente edizione (relativa al biennio 2017-2018) e che siano state introdotte anche alcune interessanti innovazioni (per esempio nella misurazione delle ricadute nel “cineturismo”), sebbene permanga un approccio prevalentemente economicistico, ed una impostazione che appare molto “asettica”, per esempio in materia di valutazione del pluralismo espressivo, senza un “aggancio” logico-analitico tra offerta e domanda.

Diamo per scontato che il Ministero abbia stimolato l’incremento (grazie all’iniezione nel sistema di circa 400 milioni di euro l’anno, come previsto dalla legge) della produzione di film destinati alla primaria utilizzazione cinematografica (“theatrical”), ma… qual è stato l’esito di queste opere sul mercato (nelle sale, su dvd, in televisione, sulle piattaforme), ovvero che pubblico ha effettivamente fruito di queste opere?!

Qualche cenno in materia è presente, ma proposto in modo limitato e superficiale, e senza alcuna analisi critica: per esempio, a pagina 147, si legge che sarebbero “passate in tv” soltanto il 24 % delle opere che hanno beneficiato dell’intervento dello Stato… Il dato è riferito alle “prime visioni” soltanto, e quindi non consente di apprezzare la effettiva diffusione, e peraltro non è agganciato ai dati di audience, rendendolo sostanzialmente inutile…

Come si può proporre una vera “valutazione di impatto” ignorando sostanzialmente, senza studio approfondito, il nesso offerta / domanda???

Torneremo presto, su queste colonne, su simili questioni, che richiedono opportuni approfondimenti: di “senso” (a “cosa” ed a “chi” serve questa valutazione?), prima che di “metodo” (perché il Ministero ha deciso che l’approccio deve essere prevalentemente economicistico?).

Il gruppo di lavoro è stato diretto da Mariagrazia Franchi della Cattolica, mentre Lucio Argano ha coordinato l’équipe di Ptsclas spa.

Apparentemente, nessun contributo diretto da parte del committente, dato che nei “credits” non viene citato nessun funzionario o consulente della Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero: si presuppone quindi che si tratti di un prodotto realizzato in assoluta autonomia rispetto al committente, sebbene questo aspetto non è oggetto di alcuna annotazione metodologica.

La lettura attenta di uno strumento informativo come quello commissionato dalla Direzione Cinema e Audiovisivo richiede un fabbisogno temporale di molte ore, e quindi qui ed ora ci limitiamo a segnalare la notizia.

Valutazione di impatto Dgca Mic e bilancio sociale Rai: perché questi studi vengono realizzati… in sordina, senza una presentazione istituzionale ed un pubblico dibattito?

La notizia dell’avvenuta pubblicazione sul sito web della Direzione non è stata oggetto, curiosamente, di nemmeno un comunicato dell’Ufficio Stampa del Mic, né dell’attenzione di un qualche dispaccio di agenzia.

Si teme che queste iniziative vengano talvolta (spesso?!) considerate come “obblighi di legge”, come meri doveri “contabili”, piuttosto che come occasioni di dibattito pubblico, aperto e plurale, con le comunità professionali di riferimento (nelle anime creative ed imprenditoriali) e con la collettività tutta: perché la “valutazione di impatto” viene sempre invece realizzata in sordina?!

Si teme forse che possa provocare una dialettica problematica per il Ministero, per il titolare pro tempore del dicastero e per la direzione apicale?!

Si tratta di uno studio senza dubbio corposo, peraltro discretamente oneroso per l’Amministrazione (100.000 euro): esso merita essere disseminato, essere discusso, negli ambienti del settore cinematografico ed audiovisivo, e, più in generale, tra gli operatori tutti del sistema culturale nazionale.

La “valutazione di impatto” della Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura sembra subire lo stesso curioso destino del “bilancio sociale” della Rai: se almeno la valutazione di impatto della Dgca beneficia di una “notizia” sul sito del Ministero, il “bilancio sociale” della Rai viene invece incredibilmente pubblicato sulla sezione “Trasparenza” del sito web della Rai nel più assoluto silenzio. E, a parte “Key4biz”, non ne scrive nessuno o quasi (vedi “Key4biz” del 24 luglio 2020, “Rai pubblica il bilancio sociale, ma solo per pochi”).

Forse perché il “bilancio sociale” Rai non sia degno di attenzione, e comunque ricco di dati ed analisi?!

No, anche in quel caso, si nutre il dubbio che il committente non abbia grande interesse a stimolare un dibattito pubblico.

Il “bilancio sociale” Rai – come dire?! – è “atto dovuto”, un po’ come la “valutazione di impatto” del Mic…

Perché Mic e Rai sembra quasi se ne… vergognino?!

Lo stato di semi-clandestinità che viene riservato a questi documenti stimola interrogativi, dubbi, perplessità sulla vera vocazione alla trasparenza ed alla valutazione di efficienza ed efficacia dell’intervento della mano pubblica.

Una lettura doverosa ed opportuna per gli operatori del settore

Invitiamo quindi tutti gli operatori del settore ad affrontare la lettura delle 351 pagine della “Valutazione di impatto della legge cinema e audiovisivo 2019”, e ci permettiamo di suggerire al Ministro Dario Franceschini di promuovere un incontro pubblico di dibattito.

Nelle more, ci limitiamo ad osservare alcune curiosità, che provocano qualche dubbio: premesso che le imprese del settore vengono classificate in 3 “categorie” – ovvero “core”, “driven”, “promozione” –,  che senso ha far rientrare nel perimetro del settore audiovisivo (per quanto si voglia estendere il perimetro a tutti i costi) anche… le biblioteche ed i musei (inserite nella categoria “promozione”) e le sale giochi e biliardi (inserite nella categoria “driven”)?!

Se in termini “culturali” (intellettualistici?), si può sostenere che esista una qualche relazione / interazione, essa è oggettivamente assai labile…

Ed è evidente che, in questo modo, si “gonfiano” le dimensioni (presunte) del sistema, con una logica che sfugge al buon senso: è esattamente la stessa critica che, da anni, andiamo a manifestare nei confronti delle elaborazioni della Fondazione Symbola di Ermete Realacci, senza poi approfondire le criticità nell’utilizzazione dei famigerati “codici Ateco”, che non sono esattamente lo strumento più raffinato per studiare le industrie culturali e creative (irrisolto problema che riguarda anche le elaborazioni delle “statistiche culturali” dell’Istat).

Qual è l’obiettivo: “fare colpo” sull’opinione pubblica, con fuochi d’artificio numerici, in stile “size does matter” ovvero “big is beautiful”?!

Per questa ragione, qui ed ora non riteniamo opportuno estrapolare “numeri” dalla “valutazione di impatto”: crediamo che essi debbano essere paradossalmente sottoposti a validazione metodologica…

Alcuni errori marchiani: export di prodotti audiovisivi: Italia 78 milioni, Polonia… 562 milioni?!

Ci sembra peraltro che alcuni errori marchiani presenti nel precedente studio non siano stati affrontati e superati: nella precedente edizione così come in questa, si leggono infatti ancora alcuni dati semplicemente assurdi, frutto di evidenti errori metodologici (su fonti Eurostat?!), come la Germania leader in Europa nella esportazione di audiovisivi (1,8 miliardi di euro), e la Polonia che avrebbe esportato cinema e audiovisivo molto più dell’Italia (vedi “Key4biz” del 3 marzo 2020, “Nicola Borrelli torna a guidare la Direzione Cinema ed Audiovisivo”).

Nel 2018 (ultimo anno di cui viene proposto il dato): Polonia export di “prodotti cinematografici e audiovisivi” nell’ordine di 562 milioni di euro, a fronte di 78 milioni di euro dell’Italia! A questa somma, si affiancherebbe un export italiano di 21 milioni di “servizi cinematografici e audiovisivi” nell’anno 2018, con un crollo rispetto agli 83 milioni dell’anno 2017, a fronte di un export, nello stesso settore “merceologico”, del… Lussemburgo che veleggia oltre i 3 miliardi (miliardi!) di euro… Numeri ballerini e fantasiosi, oltre che curiosi, senza che venga peraltro ben definita la differenza tra “prodotti” e “servizi” cinematografici e audiovisivi (e magari spiegata una delle possibili ragioni di questo ipotetico presunto “crollo” dell’esportazione del “made in Italy” dell’immaginario)…

E che dire, ancora, della confusa classificazione dei soggetti che hanno beneficiato del sostegno dello stato?! La tabella proposta a pagina 227 è sintomatica di un approccio impreciso: le “associazioni culturali” sono classificate in curiose tipologie, alcune delle quali arrivano addirittura a sovrapporsi: per esempio, vengono indicate “associazione culturale con personalità giuridica” e “associazione culturale riconosciuta”, allorquando le due tipologie sono identiche! Forse si tratta di dettagli “minori”, ma temiamo possano essere sintomatiche di una qual certa superficialità.

Trasparenza trasparenza trasparenza ???

Infine, si ripropone un problema non da poco: non vengono proposte, nemmeno negli allegati, le informazioni essenziali sulle opere sostenute, sulle imprese sostenute e gli autori sostenuti…

Non un titolo di film viene riportato, non una impresa, non autore.

Nessun elenco di “chi” ha beneficiato del sostegno statale, per “cosa” e per “quanto”…

Trasparenza non richiederebbe che queste informazioni – anche in una “valutazione di impatto” macro – venissero riprodotte in modo adeguato, accessibili a tutti?!

C’è anche qualche pagina dedicata ai famigerati… “progetti speciali”: in questo caso, il beneficiario è indicato (vedi pag. 341), ma – come al solito – c’è soltanto il nome del progetto (per esempio: Anica, “Progetto – Cina”) senza alcuna minima descrizione di cosa diavolo si tratti.

Trasparenza a metà (quando c’è).

Anche questo si domanda la senatrice Paola Binetti, giustamente, nella sua interrogazione parlamentare urgente della settimana scorsa (Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02300). Sarà interessante leggere le risposte del Ministro Dario Franceschini.

Talvolta si matura l’impressione che alcuni di questi studi siano così densi di dati, da voler quasi “ubriacare” il lettore, senza fornirgli però una adeguata chiave di lettura critica: il committente si libera la coscienza (“atto dovuto”), il cittadino resta stordito (e confuso). E chi vuol esser lieto, sia.

Clicca qui, per leggere la “Valutazione di impatto della legge cinema e audiovisivo. Anno 2019”, promossa dalla Direzione Cinema e Audiovisivo (Dgca) del Ministero della Cultura, pubblicata il 10 marzo 2021