Un’ennesima dimostrazione di giudizi lapidari in assenza di dati e analisi: assai poco si sa ancora dei circa 3.000 festival attivi in tutta Italia.

La polemica scatenatasi nei giorni scorsi intorno al festival “Kum!” di Ancona, ideato e promosso dal famoso psicoanalista e saggista e “affabulatore” (nel senso ovviamente positivo e teatrale del termine) Massimo Recalcati, merita attenzione, perché può stimolare una riflessione seria, lungimirante, strategica sul senso stesso dei “festival” nel sistema culturale italiano.

Nell’edizione di martedì 8 agosto 2023, il quotidiano “La Stampa” ha ritenuto di dedicare quasi una pagina, con richiamo in prima, ad una denuncia del “dimezzamento” dei fondi per la cultura, decisione che avrebbe assunto l’Assessora alla Cultura Anna Maria Bertini,tecnica di area Fratelli d’Italia, in carica da poche settimane, dopo che la città ha scelto come Sindaco, al ballottaggio, Daniele Silvetti (Forza Italia). Bertini assume per cinque anni il ruolo che è stato per un decennio di Paolo Marasca (che nel 2013 dichiarò di votare Sinistra Ecologia e Libertà, pur professandosi “anarchico”), con la ex Sindaco Valeria Mancinelli (Partito Democratico). Questa decisione determina anche la crisi del festival ideato da Recalcati, che, calendarizzato dal 13 al 15 ottobre 2023 (tema “La vita della scuola”) potrebbe quindi “emigrare” a Pesaro, su invito del Sindaco Matteo Ricci (Partito Democratico).

La Stampa” titola “Quando la politica raddoppia l’ideologia e dimezza la cultura” in prima pagina, e, all’interno: “La cultura dimezzata. La nuova giunta di Ancona taglia i fondi per festival come Kum! Una scelta che dimostra miopia intellettuale e imprenditoriale e un pessimo segnale del valore che la politica dà alle idee”. L’intervento a firma Recalcati è polemico e duro. 

Scrive Recalcati che tra le conseguenze viene colpita la sua kermesse, “il festival “Kum!”, dedicato alle pratiche della Cura, che dal 2016 si è via via distinto come uno degli eventi culturali qualitativamente più significativi del nostro Paese”. 

Il nome del festival deriva da una parola antica, che rimanda alle molteplici dimensioni del curare e del prendersi cura: “Talithà, kum!” è l’esortazione che Gesù rivolge in aramaico alla fanciulla che ha appena risanato, ovvero “Alzati, fanciulla!”.

L’ideatore dell’iniziativa segnala che il festival ha un budget di circa 200mila euro l’anno, ma ha messo in moto – grazie alla partecipazione di sponsor e partner – risorse per circa 800mila euro destinate a diversi progetti sociali (oltre, il festival insomma). Bene, bravo. E cita finanche Pier Paolo Pasolini, auto-elogiandosi senza remore (alzando il tono): “in questo modo, si è riusciti a rendere davvero operativo un principio formulato da Pasolini: dove c’è vuoto di cultura… c’è desiderio di morte, dove, invece, c’è cultura… c’è desiderio di vita. Si crea aggregazione, comunità, inclusione, ostacolando la diffusione delle cattive pratiche”.

Esiste un modello di valutazione dei festival in Italia?! No

E da questa affermazione di Recalcati ovvero “uno degli eventi culturali qualitativamente più significativi del nostro Paese” – discretamente autoreferenziale – parte qui il nostro ragionamento: esiste un modello di valutazione dei festival in Italia?!

La risposta è netta: no.

Chi redige queste noterelle (curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”) lavora da alcuni anni ad un progetto molto ambizioso di schedatura, mappatura, monitoraggio di tutti i festival italiani. 

Il progetto, ideato dall’Istituto italiano per l’Industria Culturale (IsICult), sostenuto dal Ministero della Cultura, si intitola “Portale Nazionale Multimediale di Tutti i Festival Italiani”, ed ha come obiettivo anzitutto giustappunto un “censimento completo, monitoraggio continuativo e promozione evoluta di marketing cultural-turistico”, e tra breve sarà online un sito web dedicato. 

Con questa iniziativa, si cercherà di fare luce nel buio ovvero nella semi-oscurità: si rimanda ad un nostro intervento di un anno fa su queste colonne, vedi “Key4biz” del 10 gennaio 2022, “Il misterioso mondo dei festival italiani: sono circa 2.000, ma nessuno (nemmeno il Ministero) li ha mai mappati e studiati”.

Nella nostra attività di monitoraggio – confessiamo… – “Kum!” ci era sfuggito: nostro deficit – sia ben chiaro – ma abbiamo notato che l’iniziativa di Recalcati non è nemmeno censita nel database (e mappatura di geolocalizzazione) del progetto curato da Giulia Alonso e Oliviero Ponte di Pino, denominato “TrovaFestival” (ovvero “La cultura in movimento”), che dichiara di aver censito ad oggi finora ben 1.371 manifestazioni in tutta Italia… Iniziativa commendevole, questa, seppur con alcuni tratti artigianali, sicuramente determinati dal carattere francescano, volontaristico del progetto (che pure ha prodotto anche un utile volume a stampa, “In giro per festival. Guida nomade agli eventi culturali”, edito da Altreconomia, giunto nei mesi scorsi alla seconda edizione, 2023-2024; nel volume, si propone una selezione di circa 350 festival). 

Possibile che “uno degli eventi culturali qualitativamente più significativi del nostro Paese” (come “Kum!” si auto-qualifica), sia sfuggito al database curato dal gruppo di appassionati ricercatori guidato da Giulia Alonso?! 

Ebbene sì, l’iniziativa di Recalcati è sfuggita sia all’occhio di IsICult (e del suo database) sia all’occhio di TrovaFestival (o almeno del suo database online, perché invece la kermesse è segnalata tra i 350 festival selezionati nel succitato volume).

Anche un’agenzia stampa specializzata sulla cultura, qual è la sempre attenta AgCult (diretta da Ottorino De Sossi) non ha dedicato mai alcuna attenzione a “Kum!”. Distratti anche loro?! Qualcosa non quadra.

Né bilancio economico né bilancio sociale del festival “Kum!”

Siamo andati sul sito web di “Kum!, e nessuna traccia né del bilancio economico né di una relazione sulle attività. Eppure si tratta di una iniziativa che beneficia di sovvenzioni e per legge si dovrebbe rendicontare pubblicamente, se non addirittura produrre un “bilancio sociale”. In verità, in Italia sono ancora pochissimi i festival che producono un “bilancio sociale” (l’iniziativa “Pordenonelegge” si è addirittura fatta vanto, nel febbraio 2023, di essere stata la prima fondazione culturale in Italia ad aver predisposto con criteri scientifici un “bilancio sociale”, ma in verità un qualche precedente per fortuna c’è).

Insomma, al di là dell’assenza di “bilancio sociale” trasparenza zero, sul sito web del festival.

Massimo Recalcati ha chiesto all’Assessora Anna Maria Bertini per l’edizione 2023 di “Kum!” una sovvenzione da parte del Comune di Ancona nell’ordine di 150.000 euro: l’Assessora ha comunicato che quest’anno l’amministrazione comunale non avrebbe avuto chance di andare oltre 75.000 euro. E quindi… il patatrac. 

L’Assessora ha anche sostenuto, a fronte della reazione dello psicoanalista: “se veramente è un festival di importanza nazionale e internazionale, trovino degli sponsor”… Si segnala che, nelle ultime due edizioni pre-Covid, il festival – organizzato nella “location” storica della Mole Vanvitelliana di Ancona – ha registrato tra le 6mila e le 7mila presenze. Nell’edizione 2021, il festival vantava anche il sostegno della Regione Marche e della Fondazione Cariverona, che non è stato rinnovato nell’edizione successiva…

Ad oggi, nemmeno il Ministero della Cultura ha cognizione di quanti siano i festival in Italia. IsICult stima siano circa 3.000

Ribadiamo: ad oggi, nemmeno il Ministero della Cultura ha cognizione di quanti siano i festival in Italia

Secondo la stima in-progress dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale, una quantificazione nell’ordine di 3.000 iniziative in tutta Italia (oltre il doppio di quelle che sono censite da TrovaFestival) è realistica e si tratta verosimilmente di una stima prudente. Nel gennaio del 2022, IsICult aveva elaborato una stima nell’ordine di 2.000 festival, ma, da allora, il database è ben cresciuto.

IsICult ritiene di poter prevedere che per la primavera del 2024 sarà possibile pubblicare i primi risultati della ricerca in corso.

Premesso questo perdurante complessivo “deserto di conoscenze” – anzitutto quantitative, tralasciando per ora la dimensione sociologica, culturologica, economica, e finanche turistica – la questione che qui vogliamo porre è: come si valuta, come si può misurare la qualità e l’impatto di un festival? 

Qualche esploratore (accademico) delle (oscure) lande festivaliere: Guido Guerzoni, Mario Morcellini, Maria Francesca Piredda

Alcune strumentazioni metodologiche ci sono, a partire dagli studi realizzati dall’antesignano Guido Guerzonidell’Università “Luigi Bocconi” di Milano ormai 15 anni fa. Guerzoni è autore del primo studio realizzato in Italia, con una qualche ambizione di organicità, realizzato nel 2007 grazie al finanziamento della Cassa di Risparmio della Spezia, relativo a 27 manifestazioni, pubblicato nel 2008, “Effetto festival. L’impatto economico dei festival di approfondimento culturale”, per i tipi della Fondazione Cariplo; a distanza di cinque anni, vede la luce “EffettoFestival 2012”, promosso nell’ambito della Biennale Internazionale dei Beni Culturali e Ambientali, tenutasi a Firenze, curato sempre da Guerzoni; nel 2018, una sorta di “fase 3” del progetto, intitolata “Effetto Festival 3. L’impatto di comunicazione dei festival di approfondimento culturale. Il caso ‘Pistoia – Dialoghi sull’uomo 2017”, finanziata dalla Fondazione Caript (Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia)… Nel novembre 2022, è stata presentata l’edizione n° 7 della ricerca, Effettofestival 2022, ancora una volta dedicata ai festival di approfondimento culturale italiani: per la prima volta, lo studio ha indagato i consumi culturali dei partecipanti, con particolare attenzione al tema della lettura e all’acquisto di libri (la ricerca, promossa da Intesa Sanpaolo, è stata diretta da Giulia Cogoli e Guido Guerzoni)…

Si ricorda che esplorazioni del “territorio” dei festival sono state promosse anche da Mario Morcellini e Valentina Faloni, che in occasione della edizione 2019 del Salone Internazionale del Libro di Torino hanno presentato la relazione “Lo spettacolo della cultura. Analisi e dati sui festival culturali”, a partire dalla ricerca CoRiS (Dipartimento Comunicazione e Ricerca Sociale) dell’Università “Sapienza” di Roma e Fondazione Sapienza (lo studio ha presentato anche alcuni risultati sulle ricadute economiche di oltre 70 festival culturali in tutte le Regioni italiane).

Ad inizio 2022, ha visto la luce un prezioso saggio, che integra un approccio teorico complessivo con una piccola indagine sul campo, effettuata con interviste in profondità ad un “campione” di soltanto 11 realtà festivaliere, ma sicuramente il più attuale ed aggiornato testo accademico sulla tematica: si tratta del volume “I festival del cinema in Italia. Forme e pratiche dalle origini al Covid-19” di Maria Francesca Piredda (attualmente docente presso l’Università degli Studi dell’Insubria), edito per i tipi di Carocci.

Il progetto ideato da IsICult si avvale anche della collaborazione scientifica giustappunto di CineMonitor Osservatorio su Cinema e Media Entertainment, diretto da Mihaela Gavrila, laboratorio di ricerca che opera all’interno del CoRiS di Sapienza.

Recalcati, ideatore del festival “Kum!” accusa la destra di “furore ideologico”, di occupazione del potere ed insensibilità rispetto alla cultura: non sarà piuttosto… furente il suo (pre)giudizio?!

Torniamo a Recalcati, che accusa di “furore ideologico” la destra culturale al governo, allorquando in verità… furiosa ci appare la sua critica: “il problema è che la politica, presa nel suo furore ideologico, tende sempre ad interpretare la cultura come territorio di conquista, più che come risorsa per il bene comune. Mette le bandierine per segnalare l’occupazione avvenuta, attribuendo per lo più responsabilità di gestione non sul principio della competenza e dell’originalità, ma su quello dell’appartenenza partitica. Dunque, il problema non riguarda tanto la chiusura di “Kum!” e nemmeno la miopia politica della nuova amministrazione di centrodestra, che senza indugi ha deciso di sperperare un patrimonio tanto ampio quanto difficile da quantificare anche per una consulente finanziaria quale è la nuova assessora alla cultura. Esso riguarda piuttosto il valore che la politica assegna all’impresa culturale nel nostro Paese”. E retoricamente (polemicamente) domanda: “sarebbe da chiedere alla nuova assessora di Ancona quale è l’ultimo libro che ha letto, sperando che, diversamente dal nostro Ministro della Cultura, non si sia limitata al titolo” (Recalcati si riferisce ad una battuta di Gennaro Sangiuliano in occasione del Premio Strega, che è stata oggetto dell’ironia della conduttrice Geppy Cucciari; il Ministro ha detto che avrebbe “approfondito” la lettura dei libri che pure aveva votato, e la Cucciari ha commentato “dentro, oltre la copertina”…).

Nelle parole aspre e sarcastiche di Recalcati, ritroviamo tutto quell’apparato retorico – ideologico e pregiudiziale – che si riscontra in certa “sinistra culturale”: come abbiamo scritto su queste colonne in diversi interventi (vedi, da ultimo, “Key4biz” del 24 luglio 2023, “Centro Sperimentale di Cinematografia ovvero dell’ipocrisia di una qual certa ‘sinistra culturale’”), si tratta di un brutto mix tra ipocrisia e manicheismo. Il “bello” e “buono” è “a sinistra”. Il “cattivo” e “brutto” è “a destra”. A priori.

Ieri mercoledì 9 agosto, sulle pagine del quotidiano “il Giornale”, un critico d’arte del livello Luca Beatrice(certamente schierato “a destra”, autore dello stimolante pamphlet “Arte è libertà? Censura e censori ai tempi del web”, edito nel 2020 per i tipi di Giubilei Regnani) replica: “con meno soldi non si può fare, dice Recalcati, ma è strano non basti il suo prestigioso nome per far confluire nelle casse del Festival ciò che serve, tramite il coinvolgimento di imprenditori privati che nelle Marche, una regione emergente nel turismo e nell’industria, sono parecchi e attivi”. Beatrice sostiene che sforbiciare i budget destinati alla cultura non è certamente una scelta giusta, ma segnala come “senza il contributo dei privati è molto difficile pensare di tirare avanti la macchina ancora per molto. L’Italia è piena di festival, incontri, mostre, rassegne, mantenerle tutte col solo sostegno pubblico non è più possibile”… E (si) domanda (al di là del comprensibile “sfogo” e della “stizza” ideologica di Recalcati) “che bisogno c’è di chiedersi quale sia l’ultimo libro letto dall’Assessore e perché denigrare il Ministro della Cultura, che al contrario ha sostenuto con fonti straordinari il valido Festival di Pompei organizzato dal Teatro Mercadante, espressione del Comune di Napoli e della Regione Campania, che sono di sinistra”.

I festival in Italia: “no data” non si dispone (fatte salve rare eccezioni) di analisi quali-quantitative sull’impatto delle iniziative, né dal punto di vista sociologico né dal punto di vista economico

E qui torniamo a bomba, passando dal livello “micro” al livello “macro”: 

(1.) ad oggi, il sistema culturale italiano non dispone di un database completo di tutta l’offerta nazionale di festival; 

(2.) non si dispone (fatte salve rare eccezioni) di analisi quali-quantitative sull’impatto di queste iniziative, né dal punto di vista sociologico (e culturologico), né dal punto di vista economico; 

(3.) non esiste una ricognizione sulle fonti di finanziamento dei festival: sovvenzioni del Ministero della Cultura, sovvenzioni di Regioni e Comuni, interventi di sponsor ed apporti di partner: “no data”…

Conclusivamente: non esistono informazioni oggettive, indicatori metodologicamente validati, ovvero strumenti sufficienti per poter sostenere che il festival Alfa sia più “significativo” del festival Beta… Si possono avanzare ipotesi di lavoro, tutte da verificare.

Ed emerge anche un’altra questione, assai delicata in termini di “politica culturale”: alla luce di questo complessivo scenario di carenze informative, è anche ardita intrapresa – per i Ministri, i Sottosegretari, gli Assessori alla Cultura di Regioni e Comuni, e per le varie e variegate “commissioni di esperti” (ad ogni livello) – valutare la qualità delle proposte progettuali festivaliere e di conseguenza quantificare le risorse pubbliche da allocare.

In assenza di strumentazione tecnica, finisce per prevalere – ancora una volta – la discrezionalità e la nasometria. E, certamente, anche quel che definiamo da anni “capitale relazionale”: simpatia e stima personale. Senza ovviamente dimenticare il sempre latente rischio di degenerazioni clientelar-partitocratiche…

L’affermazione di Recalcati rispetto a “Kum!” è quindi oggettivamente priva di fondamento scientifico: “uno degli eventi culturali qualitativamente più significativi del nostro Paese”? E chi può dirlo?! Forse sì. Forse no. Non abbiamo dubbi che si tratti di una iniziativa commendevole, valida, stimolante, ma francamente, al posto del noto psicoanalista… non andremmo oltre. Resta comunque comprensibile – a livello infrapsichico – lo sfogo personal-politico. Riteniamo che Recalcati abbia cercato di “alzare il tono” della protesta, ma ha finito per paradossalmente abbassarlo.

Ogni festival può naturalmente auto-incensarsi come meglio ritiene… e – come si direbbe a Napoli (e come rilanciò musicalmente Pino Daniele) – “è bello a mamma soja” (che sia un grazioso cerbiatto o un orrido scarrafone). 

Auguriamoci che, tra qualche tempo, si possa finalmente disporre di una “cassetta degli attrezzi” adeguata per poter diradare le dense nebbie che caratterizzano anche la materia festivaliera in Italia.

[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.

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