Tra manicheismo e ipocrisia, dal Centro Sperimentale di Cinematografia a Viale Mazzini, si predica bene e si razzola male. Le responsabilità della sinistra.

Il “piccolo grande” scandalo degli artigli feroci della destra sul corpo virginale del Consiglio di Amministrazione del Centro Sperimentale di Cinematografia sembra essersi sciolto come neve al sole, e d’altronde anche gli allievi protestatari sono andati in vacanza, anche se non necessariamente… a Capalbio. In argomento, si rimanda ad un gustoso articolo di una penna feroce come quella di Carmelo Caruso (già autore di una paginata sarcastica di biografia del Ministro Gennaro Sangiuliano), sul quotidiano “il Foglio” di sabato scorso 5 agosto 2023: bastino il titolo ed i sottotitoli: “Rivoluzionari da ombrellone. Rivoluzionari a Salina: la rivolta del Centro Sperimentale di Cinematografia contro lo spietato regime di destra. Reportage balneare. Ma quale assedio. Gli studenti, assistiti dallo stato maggiore della cinematografia italiana, si sono accampati alle Eolie. La battaglia contro la destra può attendere. Viaggio tra le aule deserte del Centro Sperimentale”. Si rimanda, per un aggiornamento, al nostro intervento su queste colonne di venerdì scorso: vedi “Key4biz” del 4 agosto 2023, “Un super-polo per la formazione cine-audiovisiva al Centro Sperimentale di Cinematografia?”.

Battute a parte, si resta in attesa delle decisioni del Ministro della Cultura, ma ancora una volta si auspica una maggiore trasparenza rispetto al passato, se veramente si intende “cambiare rotta” rispetto alle basse pratiche cui siamo stati abituati nel corso dei decenni: perché nomine delicate come quelle del Cda del Centro Sperimentale di Cinematografia non vengono decise sulla base di un avviso pubblico?!

Stessa procedura andrebbe adottata per istituzioni culturali come Cinecittà e la Biennale d’Arte di Venezia.

I “15 saggi” della Legge Cinema e Audiovisivi sono stati nominati dopo un avviso per la presentazione di candidature: perché non riproporre e implementare quella procedura per il Cda del Csc?

Va anche segnalato che un qualche precedente positivo c’è: per esempio, per quanto riguarda la nomina dei cosiddetti “15 saggi” ovvero degli esperti chiamati (secondo la “Legge Franceschini” su cinema e audiovisivo del 2016) ad esprimersi su molte delle procedure di assegnazione dei contributi ministeriali del sistema cinematografico e audiovisivo, il 27 dicembre 2021 è stato pubblicato dal Ministero della Cultura un avviso per la presentazione di candidature. Ne arrivarono circa 80 di candidature, e, a distanza di poco più di mesi, venne pubblicato il decreto a firma del Ministro (allora) Dario Franceschini. Decreto in data 14 marzo 2022, notizia pubblicata sul sito web della Dgca (la Direzione Cinema e Audiovisivo del Mic, retta da Nicola Borrelli) il 1° aprile 2022, e segnalata – udite udite! – soltanto da “Key4biz” (e da un dispaccio della sempre attenta agenzia stampa specializzata AgCult). Scrivevamo allora: “eppure questa eletta schiera di esperti ha una funzione determinante nell’economico e nel semiotico dell’industria italiana delle immagini, perché il loro parere è in molte occasioni determinante nello sviluppo di “idee” e progetti ed iniziative, nell’ambito della scrittura, della produzione, della promozione… Da una sceneggiatura a partire da un soggetto all’ideazione ed organizzazione di un festival cinematografico…

Questi i 15 saggi, che si presuppone resteranno in carica fino alla naturale scadenza del marzo 2024 (elenco in ordine alfabetico): Pedro ArmocidaRita BorioniAlessandro BoschiElisabetta BruscoliniGiandomenico CelataArnaldo ColasantiRaffaella Del VecchioAntonio FerraroMarina GiovanniniGuia LoffredoAndrea MinuzGeorgette RanucciGianfranco RinaldiValerio TonioloVanessa Tonnini. Allora furono soltanto 2 i “nuovi”, perché 13 dei precedenti esperti furono confermati, con l’eccezione di Rita Borioni (già Consigliere di Amministrazione Rai “in quota” Pd) e Raffaella Del Vecchio (Production Manager di Apulia Film Commission). Dedicammo adeguata attenzione alla vicenda, sulle colonne della rubrica “ilprincipenudo”, curata da IsICult: vedi “Key4biz” dell’8 aprile 2022, “Il Ministro Franceschini nomina i 15 ‘super-esperti’ per assegnare i ‘contributi selettivi’ della Legge Cinema e Audiovisivo”. 

La scelta scellerata della non remunerazione degli esperti: “saggi” e necessariamente anche “benestanti”?!

Lamentavamo in quel nostro intervento una delle criticità (assurdità) del funzionamento di questa commissione (che poi lavora strutturandosi in 4 “sotto-commissioni” per aree di competenza ed intervento): gli esperti non vengono remunerati, pur dovendo gestire una massa di pratiche quali-quantitativamente impressionante. Questa scelta scellerata, frutto di lontane (ridicole) vocazioni al “risparmio” delle finanze pubbliche, determina due conseguenze: assenza di minima gratificazione economica per un lavoro che è assai impegnativo, rischio latente di stimolazione di benefici indiretti da parte dei postulanti. Come dire? I quindici cooptati debbono essere non soltanto “esperti”, ma anche… benestanti. Questione che avevamo sollevato polemicamente anche qualche anno prima: in effetti, già avevamo affrontato questo paradosso – su queste colonne – in occasione della nomina dei primi “saggi” della Legge Franceschini, ovvero gli esperti “di chiara fama”, che, in una prima fase, erano stati quantificati in 5 (cinque) soltanto: vedi “Key4biz” del 14 maggio 2018, “ilprincipenudo. Il paradosso dei contributi al Cinema italiano ‘senza oneri per l’amministrazione’”. Sottotitolo: “Lo Stato impone ‘esperti’ selettori che debbono lavorare gratis per selezionare i contributi al Cinema, ma al Ministero della Cultura la contraddizione esplode, con le dimissioni di Daria Bignardi dalla Commissione Cinema”.

Perché il Ministro della Cultura non attiva coraggiosamente una procedura nuova per questo tipo di scelte e selezioni?!

Perché il prossimo Consiglio di Amministrazione del Centro Sperimentale di Cinematografia non viene nominato con una “public call”, rendendo noti i nomi dei candidati e finanche i loro curricula professionali?

Questa sì sarebbe una “rivoluzione”, in termini di politica culturale

Inchinandosi realmente a quei criteri di “trasparenza” e “merito” tante volte invocati (a destra ed a sinistra e… al centro!) con le parole, ma traditi nelle pratiche.

A sinistra, a suo tempo, nessuno si è domandato “perché” fu scelta Marta Donzelli, alla guida del Csc. “Intuitu personae” del Ministro, certo, e tutti contenti, perché fu scelta una professionista “di area” (il padre di Marta, Carmine Donzelli, è un apprezzato editore schierato storicamente con la sinistra) … E nessuno ricorda che Donzelli guadagnava 100.000 euro l’anno, ma era riuscita a far sì che l’incarico non le impedisse di continuare nella sua attività professionale di produttrice. Nulla da eccepire, anche rispetto a questo aspetto?!

Ora che la terribile destra sta per scegliere professionisti di suo gradimento, a priori si andrà a gridare allo scandalo, alla prevaricazione, finanche alla… “violenza” (termine assurdo utilizzato dal maestro Nanni Moretti, rispetto a quel che è avvenuto con l’emendamento leghista che ha determinato la decadenza del Cda del Csc). 

Si tratta di rinnovate pratiche di manicheismo e di ipocrisia. 

A “sinistra”, il Bene. A “destra”, il Male. A priori.

Si segnala – en passant – che nessuno ha sollevato il dito, a suo tempo, per dinamiche simili, ovvero di “uso” e finanche “abuso” della discrezionalità: si pensi a quando il Ministro Dario Franceschini ha affidato la presidenza di Cinecittà ad una dirigente Rai anche lei ben schierata a sinistra, Maria Pia Ammirati, senza che venisse evidenziata una qual certo deficit di opportunità, trattandosi anche di una dirigente apicale della tv pubblica allora direttrice delle Teche e successivamente responsabile della fiction di Viale Mazzini (Ammirati è succeduta a Roberto Cicutto, poi chiamato alla guida della Biennale di Venezia). Tutto a posto, era persona gradita dall’establishment di allora ed ha mantenuto i due incarichi contemporaneamente… 

E d’altronde nessuno segnala – a parte chi cura questa rubrica e pochi altri – che aver chiamato recentemente la Presidente di Cinecittà Chiara Sbarigia (nominata dal Ministro dem Dario Franceschini su input della Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni) alla guida dell’associazione dei produttori televisivi Apa è semplicemente… inopportuno (volendo tacere dei latenti conflitti di interesse). Sia ben chiaro, in questo caso, la responsabilità non è certo del Ministro, bensì della “lobby” dei produttori: ma non ci risulta però che al Collegio Romano ovvero a Santa Croce in Gerusalemme qualcuno abbia sollevato perplessità.

Sarebbe bello, se la “destra culturale” adottasse pratiche innovative, e non seguisse le orme di chi l’ha preceduta nel governo della “res publica” culturale…

Contraddizioni a sinistra… Quando era al Governo, nessuno ha toccato palla, rispetto alle proposte di riforma della Rai. Ora che la sinistra è all’opposizione, si risvegliano il Pd ed i rosso-verdi 

Le contraddizioni e le ipocrisie di certa “sinistra culturale” emergono con maggiore evidenza se si affronta il tema Rai, cioè la sua “mission” e la sua “governance”.

Si deve alla sinistra (principalmente al Partito Democratico) l’ultima riforma della Rai, ovvero la cosiddetta “mini-riforma” firmata da Matteo Renzi di Viale Mazzini, che ha rafforzato il potere dell’esecutivo sul servizio pubblico.

Tutte le proposte alternative (anche a sinistra) a suo tempo presentate sono andate a finire su un binario morto…

Eppure negli ultimi giorni, sia il Partito Democratico sia Alleanza Verdi Sinistra Italiana si sono “improvvisamente” destati da lungo torpore: preoccupati per la tremenda “occupazione” destrorsa della Rai (un “normale” – nelle storiche patologie di Viale Mazzini – avvicendamento nelle direzioni aziendali), hanno scoperto che si deve allentare la pressione del Governo sul servizio pubblico radiotelevisivo e mediale. 

Oh, perbacco!

Peraltro sia il Pd sia Avs hanno tirato fuori dai rispettivi cassetti delle vecchie proposte, che restano impolverate, e sicuramente superate anche dall’evoluzione accelerata del sistema mediale negli ultimi anni: basti pensare alla totale assenza di riferimenti al “governo degli algoritmi”. 

Maurizio Gasparri (Forza Italia): “In questa legislatura, nessuna riforma della Rai”

Il senatore Maurizio Gasparri (Forza Italia) ha comunque “chiarito” che “nessuna riforma della Rai” sarà approvata in questa legislatura. Ha precisato (anzi ribadito) che, a parer suo, “l’editore sostanziale della Rai è il Parlamento, garante della democrazia e del pluralismo. Così è e così resterà”. Lunga vita, quindi, alla Commissione Parlamentare di Vigilanza sulla Rai, che, secondo l’esponente forzista, incarna la volontà del Parlamento.

Gasparri ha anche reagito duramente ad una presa di posizione assunta dal Commissario Europeo per il Mercato Interno, Thieny Breton, che qualche giorno fa ha paventato “rischi di interferenza politica che incidono sull’indipendenza dei media del servizio pubblico in ltalia”. Ciò in risposta a un’interrogazione sulle nomine dell’attuale esecutivo italiano presentata da esponenti del gruppo dei Socialisti Europei. Il Commissario ravvisa il rischio di un’assenza di “indipendenza editoriale e finanziaria dei media di servizio pubblico” di cui “occorre rafforzare le salvaguardie”. Secondo Breton emerge “la necessità di una riforma che consenta alla Rai di essere meglio attrezzata di fronte ai rischi di influenza politica e di dipendenza finanziaria dal governo”.

Maurizio Gasparri ha rimandato al mittente l’accusa: “ciò che ha detto non sarà tenuto nella minima considerazione dalle istituzioni italiane”.

La proposta del Pd, annunciata dalla Segretaria Elly Schlein il 28 luglio e meglio il 2 agosto in un articolo di Giovanna Vitale su “la Repubblica”, con lo slogan non proprio innovativo di “mai più lottizzazione” (sic), prevede una Fondazione con 11 componenti non soggetti a nomina governativa, come ora, bensì selezionati da soggetti istituzionali e accademici in base a criteri di acclarata professionalità e di “notoria indipendenza”, mentre il Cda dovrebbe avere soltanto compiti di gestione.

La proposta di Avs (primi firmatari Nicola FratoianniAngelo BonelliLuana Zanella), presentata in conferenza stampa lo stesso mercoledì 2 agosto, con lo slogan “La Rai di tutti, un bene comune”, prevede un sistema cosiddetto “duale” (sul modello del “psb” tedesco) con un Consiglio di Garanzia formato da 21 membri prevalentemente espressi dalla società civile ed un Cda di 5 membri eletto dal Consiglio di Garanzia. Si tratta di un “aggiornamento” di una proposta vecchia ormai di dieci anni (primi firmatari, nel 2015, Fratoianni e Pippo Civati). L’iniziativa è sostenuta anche da uno dei politici italiani – purtroppo ormai fuori dal Parlamento – più esperti in materia di politica televisiva, qual è Vincenzo Vita (editorialista del quotidiano “il Manifesto”), anche a nome della pugnace associazione Articolo21.

Torneremo su un’analisi comparata di queste proposte (che senza dubbio hanno elementi comuni e convergenti), ma permane la domanda: perché soltanto ora ci si desta dal letargo? 

Perché il Pd non ha promosso la riforma della Rai quando era al governo e si sveglia dal torpore soltanto ora?!

Chi redige queste noterelle ha dedicato molti anni della propria vita professionale a studiare il “servizio pubblico televisivo”: oltre vent’anni fa ha scritto un corposo tomo, insieme a Francesca Medolago Albani (allora Presidente di IsICult ed attualmente Segretaria Generale dell’Anica), dedicato ad una analisi comparativa internazionale del “servizio pubblico mediale”, edito per i tipi di Mondadori, “Con lo Stato e con il mercato? Verso nuovi modelli di televisione pubblica nel mondo” (correva l’anno 2000).
 Per un decennio ha diretto un Osservatorio Rai-IsICult sui Servizi Pubblici Europei (che è stato poi smantellato da un dirigente chiamato impropriamente, senza nessuna esperienza professionale in materia, a guidare la Direzione Marketing della Rai), ma ha prodotto un tomo di riferimento: “L’occhio del pubblico. Dieci anni di Osservatorio Rai/IsICult sulle televisioni europee”, edito da Rai Eri nel 2008… 

A distanza di venti e quindici anni, basterebbe riprendere in mano questi due libri (frutto di lunghe faticose ricerche) per capire qual è la direzione da intraprendere, per rafforzare l’identikit identitario della Rai e la sua stabilità economica…

Da ricercatori specializzati, prima che da giornalisti d’indagine, ci siamo un po’ “stancati” del… “bla-bla-bla” di professionisti della politica che predicano bene e razzolano male. 

Una nostra “idea di Rai” l’abbiamo ben rappresentata in occasione del tentativo della Cgil di affrontare seriamente le tematiche del servizio pubblico: vedi “Key4biz” del 20 novembre 2020, “Rai, la Cgil apre il laboratorio per la riforma del servizio pubblico”. Purtroppo quell’iniziativa – promossa da un esperto del livello di Sergio Bellucci (Net Left) – non è stata sviluppata ed anch’essa è andata a finire su un binario morto, nonostante gli auspici del Segretario Maurizio Landini. Sia consentito rimandare alla nostra presentazione, intitolata “Rai 2024-2028: deriva o riscatto. Che cosa ho imparato studiando da 30 anni la Rai… ovvero Alcune ipotesi di intervento radicale per una rigenerazione del servizio pubblico mediale italiano”. 

Immaginiamo che le due proposte di Pd e Avs non andranno a godere di un iter significativo. 

Resteranno verosimilmente… insabbiate, a causa della prevedibile resistenza della maggioranza.

Emergerà qualcosa di significativo nella “dialettica interna” a Viale Mazzini, tra Soldi e Sergio e Rossi?!

Attendiamo quindi… quel che uscirà fuori dal dibattito (finalmente pubblico e aperto e plurale?!) che la Presidente della Commissione di Vigilanza Barbara Floridia (M5s) ha annunciato, correlato alla gestazione (sempre in ritardo) del nuovo “contratto di servizio”, che ci sembra più evanescente del precedente…

Attendiamo quindi… quel che uscirà fuori dalla dialettica infra-aziendale, tra la Presidente Marinella Soldi, l’Amministratore Delegato Roberto Sergio ed il Direttore Generale Giampaolo Rossi: tutti e tre, nei giorni scorsi, hanno espresso una propria “idea di Rai”. 

Non esattamente convergente, avrà notato chi sa leggere tra le righe delle interviste e dichiarazioni.

Questa “dialettica interna” potrebbe produrre risultati stimolanti, anche se non quelli che prevedeva il sempre acuto Giovanni Valentini sul “Il Fatto” di sabato scorso: “all’interno del Cda della Rai, esiste sulla carta una maggioranza alternativa composta da 4 consiglieri su 7: i 2 indicati dal centrosinistra, quello eletto dai dipendenti e la stessa Presidente Marinella Soldi che ha già auspicato ‘un supplemento di riflessione’. Questo diventa ora un banco di prova. Un ‘atto d’indirizzo’ del vertice di Viale Mazzini pro-Saviano sarebbe un segnale di resipiscenza che potrebbe anche favorire l’elaborazione della riforma”. 

Temiamo che Valentini pecchi di ottimismo, ma la speranza l’è dura a morire. E ben venga se si riesce a finalmente scatenare una dialettica autentica e profonda sui futuri possibili della Rai, dopo anni ed anni di sonnolenza ed inerzia. E conservatorismo.

Clicca qui per la relazione “Rai 2024-2028: deriva o riscatto. Che cosa ho imparato studiando da 30 anni la Rai … ovvero Alcune ipotesi di intervento radicale per una rigenerazione del servizio pubblico mediale italiano”, presentata da Angelo Zaccone Teodosi, Presidente IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale, in occasione del convegno promosso dalla Cgil, “Rai. Bene Pubblico in un Paese che cambia”, Roma, 20 novembre 2020.

[Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.

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