L’inutile grancassa dei David di Donatello, il silenzio totale sul “contratto di servizio” Rai, rimandata l’elezione del cda di Viale Mazzini. Prevalgono attese e ritardi.

C’è chi lo prevedeva, ma forse nessuno pensava che fosse “stagnazione” la parola-chiave per definire sinteticamente la situazione del settore cinematografico e audiovisivo in Italia, in questi primi mesi del 2024.

Quel che sorprende è che, tra gli operatori del settore, a bassa voce, molti ovvero tutti (o quasi) lamentano le conseguenze dei ritardi nei processi decisionali, lo stallo del sistema, ma nessuno (o quasi) sembra avere il coraggio di protestare.

Proviamo a sintetizzare il fronte dei ritardi (incomprensibili):

Decreti di riforma della Legge Cinema e Audiovisivo e in particolare del Tax Credit: quali le ragioni del ritardo?

La Sottosegretaria delegata al cinema e all’audiovisivo, la senatrice leghista Lucia Borgonzoni, continua ritualmente (forse non è ormai convinta nemmeno lei stessa?) ad annunciare che sono “imminenti” i decreti di riforma della Legge Franceschini del 2016 ed in particolare le nuove regole per il controverso strumento del “tax credit”, che ha drogato l’intero sistema; nell’incontro di lunedì della scorsa settimana 29 aprile al Collegio Romano (di cui nessuno ha scritto 1 riga una, a parte il solito IsICult su “Key4biz”: vedi l’intervento del 29 aprile 2024, “Si disvela il mistero della riforma della Legge Cinema e Audiovisivo? Oggi Borgonzoni incontra produttori e autori” ed il successivo del 2 maggio 2024…), ha sostenuto che i decreti del Ministero della Cultura sarebbero stati presto (l’indomani?) trasmessi al Ministero dell’Economia e Finanze, ma non ha ritenuto di consegnare agli “auditi” (convocati a porte chiuse) la bozza degli stessi… Parrebbe che la stessa Lucia Borgonzoni abbia prospettato un paio di mesi (!!!) per la pubblicazione, e quindi… fine giugno 2024! Il che significa lasciare tutto il settore “congelato” per metà dell’anno… Non 1 parola una s’è registrata (almeno pubblicamente) di contestazione, l’indomani rispetto alla riunione. Quali le ragioni di questo ritardo?

I 696 milioni di euro del “Fondo Cinema e Audiovisivo”: che fine ha fatto il “riparto” per l’anno 2024? Quali le ragioni del ritardo?

Nessuna (pubblica) notizia del “piano di riparto” del “Fondo Cinema e Audiovisivo” per l’anno 2024 ovvero i 696 milioni di euro, che è stato approvato dal Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo (il Csca presieduto dall’avvocato Francesca Assumma) il 3 aprile scorso, ed ormai siamo ad oltre un mese da quella data…È evidente che gli annunciati decreti su “tax credit” ed “aiuti selettivi” debbono recare “in premessa” i dati relativi alla allocazione delle specifiche risorse, così come previsti dal “riparto” 2024. Che non viene ancora pubblicato, e quindi resta… “in mente dei”. E nemmeno i rappresentanti delle associazioni che siedono nel Csca (da Anica ad Anac passando per Cna Cinema e Audiovisivo) si lamentano (almeno pubblicamente). Quali le ragioni di questo ritardo?

Le due nuove Commissioni che gestiranno il Fondo Cinema e Audiovisivo: quali le ragioni del ritardo?

Nessuna notizia nemmeno delle due nuove commissioni ministeriali che dovranno “gestire” (in parte) i fondi della Legge Cinema e Audiovisivo (così come previsto, per volontà del titolare del Collegio Romano, dalla Legge di Bilancio 2024): nessun avviso per invitare alle candidature è stato pubblicato, la precedente commissione è decaduta il 14 marzo, e siamo ad un mese e mezzo da quella data; alcune fonti assicurano che il Ministro procederà presto (ma… quando?) alla cooptazione discrezionale, contestualmente alla firma dei suoi decreti che debbono definire la struttura e l’organizzazione di queste commissioni… Quali le ragioni di questo ritardo?

Che fine ha fatto la “valutazione di impatto” della Legge Cinema e Audiovisivo? Quali le ragioni del ritardo?

La “valutazione d’impatto” della Legge Cinema e Audiovisivo per l’anno 2022 (duemilaventidue!), prevista dalla stessa “Legge Franceschini”, è stata finalmente trasmessa dal Ministro Gennaro Sangiuliano al Senato della Repubblica il 9 aprile 2024, annunciata in Aula a Palazzo Madama il 14 aprile 2024: perché questa relazione (che doveva peraltro essere trasmessa – secondo la legge – al Parlamento entro il 30 settembre 2023) non viene ancora pubblicata né sul sito web del Senato né sul sito web del Ministero della Cultura? Quali le ragioni di questo ritardo?!

L’elezione dei 4 membri del Cda Rai da parte di Camera e Senato. Quali le ragioni del ritardo?

La conferenza cosiddetta dei “Capigruppo” (ovvero dei Presidente di Gruppo) della Camera riunitasi ieri martedì 7 maggio 2024 avrebbe potuto (dovuto?!) calendarizzare le elezioni dei membri del Consiglio di Amministrazione Rai (2 Camera + 2 Senato) ad un mese di distanza dalla pubblicazione delle candidature, avvenuta il 22 aprile 2024, ed invece ha rimandato, e quindi si resta in attesa della prima udienza dei 3 candidati ricorrenti al Tar del Lazio, che confidano in una sospensiva, il che determinerà… ulteriori ritardi, ma in questo caso ben giustificati, se la procedura diverrà (grazie ad un intervento “supplente” della magistratura amministrativa, a fronte della incredibile “latitanza” della politica) finalmente decente, superando la farsa che è stata inscenata sia nel 2018 sia nel 2021… Sull’argomento, IsICult e Key4biz hanno speso molto inchiostro (vedi, da ultimo, “Key4biz” del 2 maggio 2024, “Cinema, ancora nebbie sul tax credit e ricorsi al Tar per l’elezione del Cda Rai”), e presto torneranno sul tema, con una qualche gustosa novità…

Il “contratto di servizio” Rai 2023-2028 approvato dal Consiglio dei Ministri il 20 marzo, ma non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Quali le ragioni del ritardo?

Incredibilmente, il “contratto di servizio” Rai (per il quinquennio “2023-2028”, e già il primo anno è andato in fumo…) approvato da ultimo dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 20 marzo 2024, non risulta ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, ed è trascorso oltre un mese e mezzo.

E si ricordi che il Cda della Rai aveva approvato questo contratto il 18 gennaio 2024: quasi 4 mesi fa!

E come mai tace anche la Presidente della Commissione bicamerale di Vigilanza, Barbara Floridia (M5s), considerato che il “contratto” è stato approvato dalla sua Commissione il 3 ottobre 2023 (oltre 6 mesi fa!)? E come mai nessuno protesta?!

E perché tace anche il socio di minoranza della Rai, ovvero la Società Italiana degli Autori e Editori (la Siae ha lo 0,44 % delle quote della tv pubblica)?!

Quali le ragioni del ritardo?!

Il rinnovo del Consiglio di Amministrazione di Cinecittà. Quali le ragioni del ritardo?

E nulla (di pubblico) è dato sapere sul prossimo Consiglio di Amministrazione di Cinecittà, che, ancora una volta, verrà verosimilmente nominato sulla base di cooptazione discrezionale da parte del Ministro. Gennaro Sangiuliano, una volta ancora, avrebbe la possibilità di scardinare le vecchie pratiche del passato, magari attivando una procedura di pubblica “call”, con invito a presentare candidature, per poi procedere ad una valutazione comparativa, e, alla fin fine (ma proprio alla fine, appunto), procedere con la sua scelta “intuitu personae”. Avrà questo coraggio?! Intanto ieri, martedì 7 maggio, il sempre vigile Andrea Biondi sul confindustriale “Il Sole 24 Ore” ha pubblicato un articolo intitolato “Cinecittà, riconferma in bilico dell’ad Maccanico con il rinnovo del board” (va segnalato che si tratta dell’unico pezzo che evidenzia questa “incertezza” rispetto alla conferma di Nicola Maccanico – a suo tempo nominato da Dario Franceschini – e che peraltro alcuni danno in uscita verso Amazon Prime…). Domani giovedì 9 maggio sarebbe convocata l’assemblea degli azionisti (che poi, di fatto, è 1 soltanto, il Ministero dell’Economia e Finanze, che però ha delegato il Ministero della Cultura, che esercita i diritti dell’azionista), per l’approvazione del bilancio 2023 (già approvato dal Cda), ma secondo i più tutto verrà rimandato al dopo-elezioni europee.

Pare che voglia invece accelerare il rinnovo del Cda di Cinecittà la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni, preoccupata che dall’esito delle elezioni dell’8 e 9 giugno prossimi possa emergere un ridimensionamento del suo partito (alcuni sondaggisti danno la Lega Salvini percentualmente addirittura sotto Forza Italia…) e conseguentemente del suo ruolo nella compagine governativa (c’è già chi prospetta un rimpasto che potrebbe vederla non confermata nell’esecutivo…). Borgonzoni sostiene con insistenza il rinnovo del ruolo di Chiara Sbarigia (che è ormai divenuta la sua più fidata consigliera) nella veste di Presidente di Cinecittà, non curante della inopportunità di promuovere una candidata che è anche Presidente dell’Associazione Produttori Audiovisivi (Apa). Contraddizioni tipicamente italiane che nessuno sembra rilevare, evidentemente nemmeno il Ministro, che pure ha un approccio meno conservatore della sua Sottosegretaria ed ha ben compreso da tempo che “c’è del marcio in Danimarca”. La volontà di innovazione del Ministro Gennaro Sangiuliano appare evidentemente frenata dalla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni, da sempre vicina ai “poteri forti” del sistema, i cinematografici dell’Anica ed i televisivi dell’Apa in primis… Nessuno sembra ricordare che Borgonzoni è “corresponsabile”, non meno di Dario Franceschini dell’attuale assetto – ormai malato – del sistema cinematografico ed audiovisivo italiano, essendo passata da una maggioranza all’altra (sempre come Sottosegretaria alla Cultura), senza apportare correzioni di rotta alla legge del 2016. Ma anche in questo caso si rinnova lo strisciante quesito: quali le ragioni del ritardo?!

L’inutile kermesse del David di Donatello

A fronte di queste (accresciute) attese e di questi (incomprensibili) ritardi, venerdì della scorsa settimana, l’Accademia del Cinema Italiano (presieduta dalla giornalista Piera Detassis, ormai trattata ormai quasi fosse una… “papessa”) e la Rai hanno “celebrato”… non si sa bene cosa, nella ennesima noiosa edizione (la n° 69) dei “David di Donatello”: ci siamo sforzati – per il nostro dovere di cronisti – a seguire la kermesse, il cui unico momento di “pathos” è stato in verità rappresentato dall’intervento dello storico “cronista” Vincenzo Mollica (malato ma resistente, elegante e pugnace) per ritirare il suo Premio alla Carriera (indimenticabile la sua autoironia: “sono qui con il Signor Parkinson e la Signora Cecità, du’ figli de ‘na migno**a!”).

La trasmissione ha visto la pessima conduzione del solito banale Carlo Paolo e di Alessia Marcuzzi come spalla (peraltro mal trattata da Conti) e soprattutto di un co-conduttore deficiente come Fabrizio Biggio, totalmente inadatto al ruolo (sia consentito l’uso dell’aggettivazione “deficiente” per un attore che è divenuto famoso come spalla di Beppe Fiorello a “Viva Rai2!”, ma si ricordi che parte del suo successo è dovuto alla coppia con Francesco Mandelli, giustappunto… “I soliti idioti”). E sarà casuale che Biggio sia sposato con Valentina De Ceglie, che è la cugina di Alessia Marcuzzi?

Di chi la responsabilità di un simil… “casting”?! Ci stupiscono questi errori da parte della Direzione Intrattenimento Prime Time, guidata dal maggio dell’anno scorso da Marcello Ciannamea, qualificato manager Rai di lungo corso (dal 1998 al 2004 è Direttore del Marketing, nel 2013 Direttore dei Palinsesti, nel 2019 Direttore Coordinamento Editoriale Palinsesti Televisivi e nel 2020 alla guida della Direzione Distribuzione…). Sarà stato mal consigliato, forse… dalla stessa “papessa” del David Piera Detassis?!

Il tentativo di elevare un po’ la qualità della trasmissione c’è stato – va riconosciuto – ma non può certamente dirsi riuscito. Estemporaneamente innestati nella scaletta cantanti che nulla avevano a che fare con l’oggetto del programma (soltanto per cercare di acchiappare un po’ di audience…), proposte alcune coreografie complessivamente inefficaci e povere (sufficiente richiamare lo splendore delle scenografie e coreografie delle finali di “X Factor” su Sky Italia…), marchiani errori di inquadratura e di stacchi di montaggio degni di una televisione locale…

Una trasmissione complessivamente indegna dal punto di vista estetico, aggravata da un autocompiacimento intollerabile. Siamo veramente anni-luce dagli Oscar. E che abbia registrato un buon risultato di share (17,3 % in media) non ci convince granché: un simile programma avrà realmente stimolato i potenziali spettatori ad andare al cinema, allorquando tutti i titoli premiati sono ormai fuori dal circuito “theatrical”?! Riteniamo proprio di no.

Un vero paradosso, quindi: è questo il sistema giusto per promuovere il cinema in sala?! No.

Così come continua ad essere semplicemente scandaloso che il servizio pubblico mediale italiano non abbia una trasmissione in prime-time dedicata alla promozione del cinema italiano. Sugli storici programmi “culturali” sepolcrali dell’immarcescìbile soporifero Gigi Marzullo, si stenda un velo di penoso silenzio, ed anche rispetto al tentativo di Pascal Vicedomini  con “Paradise – La finestra sullo showbiz” su Rai2, giunto alla terza edizione: sembrano veramente foglie di fico, per nascondere le nudità (e responsabilità) del servizio pubblico nella (non) promozione del cinema (meglio quel che fa Sky Italia, con “Wow” il programma di cultura e cinema, musica e arte e intrattenimento, condotto da Valentina Clemente di “Sky Tg24” che va in onda dal lunedì al venerdì alle 21).

Cinema che intanto, in sala, in Italia, crolla a picco.

Su queste colonne, venerdì scorso 3 maggio, avevamo titolato: “Questa sera il David di Donatello, ma qualcuno parlerà del crollo del box office?”. No. Nessuno ne ha parlato.

Giriamo la testa dall’altra parte, facciamo finta che tutto vada al meglio… suvvia! E che la festa continui, come sul… Titanic.

‘Serata televisiva come al solito languida e punitiva

Rispetto alla trasmissione, ci piace rimandare ai caustici commenti di Davide Turrini sul quotidiano “il Fatto” l’indomani, che meritano essere letti per la qualità della critica e per la simpatia dello stile: vedi “David di Donatello, le pagelle: Carlo Conti con lo stesso abito blu da non si sa più quanti anni. Moretti e Sorrentino non vedono l’ora di andare a casa” (su “Fq Magazine” del 4 maggio 2024). Altro lapidario condivisibile commento di Turrini: “serata televisiva come al solito languida e punitiva, con un red carpet a dir poco sconcertante”…

Un commento nostro, forse per tutti: nei titoli di testa della trasmissione, è stato indicato che il programma era realizzato in collaborazione con il “Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo” (sic !), allorquando è dal 2021 (!!!) che il dicastero ha la denominazione di “Ministero della Cultura”: ciò basti, per evidenziare – “red carpet” ridicolo a parte – la evidente complessiva sciatteria dei curatori del programma. In un Paese normale, un simile erroraccio avrebbe determinato, l’indomani, che qualche testa saltasse…

E come commentare la decisione – delirante – di ospitare le categorie professionali meno “prestigiose” in una “location” parallela al Teatro 5, determinando una sgradevole “serie B”?! Al punto tale che è intervenuto anche il sindacato, con una dichiarazione di Sabina Di Marco, Segretaria nazionale del Slc (Sindacato Lavoratori della Comunicazione) Cgil, che si è associata al rammarico (sommessa protesta, anche in questo caso…) delle associazioni di scenografi, costumisti, montatori, arredatori, autori della fotografia, tecnici del suono e degli effetti visivi, truccatori e acconciatori, per la inadeguata gestione della 69ª edizione della premiazione dei David di Donatello, “che hanno determinato una gerarchia fra premiati di serie A e premiati di serie B”. Di Marco ha criticato le modalità di svolgimento della cerimonia, che ha relegato queste figure in spazi diversi da quelli destinati ad attori, registi, sceneggiatori e produttori: “ingenerosa e miope l’organizzazione della serata finale, che avrebbe invece dovuto celebrare la coralità dell’arte cinematografica”.

La Sottosegretaria Borgonzoni: “risultati incredibili” della campagna “Cinema Revolution”, ma intanto nell’aprile 2024 il cinema in sala crolla a picco

E che dire della “solita” Sottosegretaria Lucia Borgonzoni che è intervenuta durante la serata dei “David” semplicemente per ribadire che la cinematografia è importante e preziosa e fondamentale etcetera (“è cultura è lavoro è magia…”: la solita noiosa retorica di sempre) e che verrà rilanciata la campagna “Cinema Revolution” (quest’anno dal 9 giugno al 19 settembre), che ha certamente fatto crescere un po’ i consumi nell’estate del 2023 (“risultati incredibili”, ha sostenuto enfaticamente la Sottosegretaria), ma che si è dimostrata assolutamente inefficace, anzi fallimentare, nel breve periodo, se nell’aprile del 2024 il flop del cinema in sala è inquietante…

Agire assistenzialmente soltanto sulla leva del “prezzo”, con un biglietto a 3,5 euro (“con il resto che lo mette il Ministero”, ha ribadito gioiosa e orgogliosa Borgonzoni), non è un’azione complessivamente qualificante la fruizione del cinema “theatrical”. Si tratta di un palliativo.

Peraltro, come abbiamo già segnalato su queste colonne, a partire dai dati Cinetel, nell’aprile 2024, il totale degli incassi è inferiore del 32 % rispetto all’aprile del 2023, un calo corrispondente grosso modo anche alla diminuzione di spettatori, che è nell’ordine del 31 %. Di fatto, son stati persi, tra l’aprile 2023 e l’aprile 2024, ben 3 spettatori cinematografici su 10. Rispetto all’anno 2019, persi 5 spettatori su 10. In effetti, il dato del calo appare ancora più impressionante (ovvero sconfortante), se lo si confronta con lo stesso periodo (il mese di aprile) dell’ultimo anno cosiddetto “pre-pandemia” Covid, ovvero il 2019: siamo a – 51 % a livello di incassi, a fronte di addirittura – 56 % di biglietti venduti. Sui fuochi di artificio di “Cinema Revolution”, rimandiamo ai nostri diversi interventi su queste colonne: vedi – tra gli altri – “Vera ‘revolution’ o rischio ‘grande bolla’ per il cinema italiano?” su “Key4biz” del 4 luglio 2023 ed anche del 10 ottobre 2023, “Il cinema italiano va davvero benissimo?”.

In Francia, il primo quadrimestre del 2024 ha registrato 56 milioni di cinespettatori: un dato che, da solo, la dice lunga rispetto alle condizioni drammatiche del mercato italiano, con i suoi 25 milioni di biglietti venduti…

Come abbiamo già segnalato, avevamo auspicato, venerdì scorso 3 maggio, che qualcuno, durante la serata dei “David”, facesse riferimento alla crisi, ed invece tutti (ribadiamo: tutti) hanno fatto finta di nulla, in una sorta di recita drogata su quanto siamo “bravi”, su quanto siamo “forti”… Una sorta di ubriacatura collettiva.

Ritardi multipli e variegati, ma nessuno protesta: rassegnazione? paura? conformismo?

Conclusivamente, quel che stupisce di più è il nostro ritrovarci, ancora una volta, su queste colonne, “vox clamentis in deserto”.

Nessuno protesta per le perduranti nebbie… nessuno protesta per i tanti ritardi su più fronti…

Nessuno protesta: forse per inerzia e rassegnazione, forse per paura di ritorsioni del Principe di turno…

Un esempio, sintomatico ed emblematico: i promotori ed organizzatori di festival cinematografici italiani, all’8 maggio 2024, non hanno ancora chance di presentare istanza di contributo al Ministero della Cultura per le proprie iniziative nel corso dell’anno solare 2024. Anche questo è, infatti, uno dei tanti decreti direttoriali che il settore attende da molti mesi… L’anno scorso il decreto ovvero l’avviso per presentare le istanze vide la luce a metà giugno ed i risultati vennero pubblicati a metà ottobre! Nell’anno 2022, invece, il Ministero si era sforzato ed aveva pubblicato l’avviso a fine febbraio, che è una data senza dubbio più ragionevole, ma nel 2023 la situazione è nuovamente peggiorata.

E quest’anno, quindi, i fondi “promozione” verranno assegnati con ritardi verosimilmente ancora più surreali. Certo, se si attende ancora, ad inizio maggio, la pubblicazione del misterioso “piano di riparto” del Fondo Cinema e Audiovisivo per il 2024, di cosa ci si stupisce, “di conseguenza”?!

Conclusivamente: come diavolo è possibile “fare cultura” in un Paese che così (mal)tratta chi si sforza di promuovere ed organizzare le proprie iniziative con un minimo di anticipo e di programmazione?! Evidente il deficit tecnocratico della pubblica amministrazione, evidente il deficit tecnico della politica.

E, sulla specifica questione, s’è forse udita 1 parola una di protesta da parte dell’Associazione dei Festival Italiani di Cinema (Afic) presieduta da qualche mese da Pedro Armocida? No.

Come volevasi dimostrare.

Silenzio totale, in pubblico. Lamentazioni diffuse, ma in privato.

Rassegnazione? Paura? Conformismo? Pavidità?

E così la deriva continua e la situazione peggiora…

Ed i “David di Donatello” celebrano paradossalmente… la decadenza del cinema in sala!

[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale”. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.

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