da “il Fatto Quotidiano”[14.10.25]: “Manovra, si annunciano tagli crudeli per il settore cine-audiovisivo ma non se ne capisce la logica”

Era prevedibile la “cronaca di un taglio annunciato”. Quel che lascia sconcertati è come vengano quantificati questi tagli

Come sempre avviene nelle ultime settimane dell’anno, il balletto delle cifre caratterizza la fase prodromica all’approvazione della Finanziaria: quella del 2026, per quanto riguarda il settore cinematografico e audiovisivo, si annuncia foriera di tagli crudeli e ferite profonde, se è vero che il governo intende ridurre da 696 a 550 milioni di euro la dotazione annuale del Fondo per il Cinema e l’Audiovisivo. E i 550 milioni del 2026 andrebbero a scendere a 500 nell’anno 2027: la riduzione, rispetto alla dotazione attuale, sarebbe quindi rispettivamente del 21% l’anno prossimo e del 28% per il 2027.

Se nei giorni precedenti circolava soltanto una bozza, nella mattinata di mercoledì 22 ottobre è apparsa la versione cosiddetta “bollinata” dalla Rgs Mef, sulla quale si avvia l’iter per l’approvazione, che dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2025: si prospettano quindi due mesi di “tira e molla”, di fantasiose cifre ballerine, di trattative segrete, senza che nessuno possa disporre di dati affidabili e di analisi accurate, di opportune valutazioni di impatto dell’intervento della mano pubblica nel settore.

L’analista mediologico osserva anche le curiose modalità e le strane tempistiche delle reazioni dei principali player, ovvero le associazioni del settore cine-tv, alla luce della bozza antecedente alla versione bollinata: per primi sono intervenuti, pugnaci, i lavoratori delle troupe attraverso il movimento #Siamoaititolidicoda e poi, moderatamente, Agici, Apa, Cna e dopo ancora 100autori, Afic, Aidac, Air3, Anac, Doc/it, Wgi… e da ultimi Anica e Anec-Agis. Seguono rituali raccolte firme.

Nella prima bozza di Finanziaria, il taglio previsto era addirittura maggiore, con un calo a quota 500 milioni per il 2026 e a 420 milioni per il 2027, il che avrebbe determinato una riduzione nel breve periodo del 28% per il 2026 e del 40% per il 2027! Nella versione “bollinata”, il Mef ha parzialmente corretto il tiro: sono convinto che il taglio verrà ulteriormente ridotto, nelle prossime settimane, nel gioco delle parti.

Una manina infragovernativa lunedì sera ha passato alla redazione di HuffPost Italia copia della lettera di protesta che la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni (Lega) ha inviato al titolare del Mef Giancarlo Giorgetti (Lega), al “suo” Ministro Alessandro Giuli (FdI) e alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Non pochi hanno ironizzato su una Sottosegretaria che paradossalmente assume le posizioni dell’opposizione (Lucia Borgonzoni come il contestatario Elio Germano?!).

Si ricordi che il Fondo Cinema e Audiovisivo istituito con la Legge n. 220 del 2016 – nota come “Legge Franceschini” – ha avuto una dotazione iniziale di 400 milioni di euro, che è salita a 640 milioni con la legge di bilancio 2021, per arrivare al record storico di 750 milioni con la finanziaria per il 2022 e 2023, e stabilizzarsi a quota 700 milioni (ovvero 696 milioni) negli anni 2024 e 2025. In sostanza, il più longevo ministro della Cultura d’Italia, il dem Dario Franceschini, ha iniettato risorse pubbliche crescenti nel sistema, privilegiando lo strumento del “credito d’imposta”, che però non è mai stato tenuto sotto adeguato controllo e ha prodotto nei primi 6 anni (2017-2022) uno sforamento rispetto alle risorse stanziate nell’ordine di almeno 600 milioni di euro – secondo elaborazioni dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale IsICult fatte proprie dall’Istituto Bruno Leoni Ibl (nel suo rapporto di ricerca Il sistema audiovisivo presentato il 2 aprile 2025) – e ulteriori 800 milioni di euro negli ultimi 3 anni (2023-2025).

Come IsICult andrà presto a rivelare, lo “splafonamento” è stato determinato da uno specifico comma della Legge Finanziaria per l’anno 2021, voluto da Dario Franceschini, che ha allargato i cordoni della borsa e ha prodotto un deficit crescente nel bilancio dello Stato: danari pubblici fuori controllo.

Era prevedibile una “cronaca di un taglio annunciato”. Lascia però sconcertati la quantificazione (rozza) dei tagli: da 700 a 500 milioni di euro sulla base di quali analisi, studi, valutazioni?! No data, e quindi prevale una volta ancora la nasometria. In questo caso, impugnando un’accetta violenta. E inizia il balletto di cifre (con la Sottosegretaria presto novella grande eroina?!) in assenza di ricerche adeguate che possano consentire sia al Principe sia ai “sudditi” di capire perché si assegnano – tra l’altro – 700 milioni di euro al cinema e audiovisivo e soltanto 450 milioni al Fondo nazionale per lo Spettacolo dal vivo, ovvero teatro e musica e danza… Qual è la logica? Qual è la strategia? Quale la politica (culturale)? Non è dato sapere. Prevalgono imprecisione, approssimazione, confusione. Con buona pace dell’evidence-based policy making.

E c’è attesa grande per le imminenti inchieste tv che stanno preparando sia “Report” di Rai3 sia “Piazza Pulita” su La7. Confido però che non determinino – nella sana battaglia per la trasparenza – effetti paradossalmente “controproducenti” (eterogenesi dei fini), ovvero una conferma che si deve “tagliare” il budget al settore (come auspica una parte del centrodestra). Non si tratta di spendere meno, in verità, ma di spendere meglio: con trasparenza ed equità, per stimolare l’estensione del pluralismo espressivo, i produttori indipendenti e gli autori emergenti. Non andando ad ingrassare le multinazionali straniere dell’audiovisivo, come è purtroppo avvenuto negli ultimi anni.

Angelo Zaccone Teodosi

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