Emerge il complessivo deficit di “digital strategy” del sistema museale italiano, che vanifica buona parte delle potenzialità. Manca ancora una “politica digitale” del sistema culturale italiano.

Questa mattina, nella sala “Spadolini” del Collegio Romano, sede centrale del Ministero della Cultura (Mic), è stata presentata la dodicesima edizione del rapporto Civita, ovvero lo studio che ogni anno l’associazione presieduta da Gianni Letta dedica all’evoluzione del sistema culturale italiano: l’edizione 2021 è concentrata sul rapporto tra dimensione digitale e fruizione museale, tematica affrontata con grande accuratezza.

Il titolo è autoesplicativo degli obiettivi: “Next Generation Culture”, ovvero “Tecnologie digitali e linguaggi immersivi per nuovi pubblici della cultura”.

Apprezzabile la qualità della ricerca, stimolante la mattinata di presentazione dello studio. Iniziativa promossa e realizzata dall’Associazione Civita in collaborazione con Icom Italia, presieduta da Adele Maresca Compagna.

Obiettivo primario dello studio è la comprensione di come il digitale può contribuire ad incrementare la fruizione di musei.

In estrema sintesi, emerge come la pandemia Covid-19 e la conseguente chiusura dei luoghi della cultura abbia innescato processi di autoriflessione da parte delle istituzioni museali, con particolare attenzione al proprio identikit nella società multimediale e rispetto alle modificazioni della domanda, in particolare da parte dei giovani, sempre più influenzati – nei propri consumi – dai “social media”.

Emerge l’esigenza di una più diffusa e qualificata “cultura digitale” da parte dei manager dei musei e di una maggiore diffusione di “pratiche” che non si limitino alla “digitalizzazione del passato”, ma promuovano l’ideazione e la produzione di nuove forme di coinvolgimento del pubblico, nella prospettiva di uno “spett/attore”, se non addirittura “spett/autore”. Superando quindi il tradizionale ruolo del “fruitore”, “consumatore”, “spettatore”: dalla fruizione passiva ad un coinvolgimento attivo nello “story telling” delle cose culturali.

Nei mesi del “lockdown”, i media digitali hanno contribuito ad un ripensamento sui modelli organizzativi dei musei e hanno cercato di valorizzare in modo innovativo i luoghi della cultura, facilitando un’accessibilità molto più ampia ed inclusiva.

Attraverso una collaborazione tra aziende tecnologiche e operatori del settore sarà possibile implementare il processo già iniziato, e comprendere su quali forme di innovazione investire, affinché la cultura svolga un ruolo da protagonista nella creazione di una responsabilità sociale e nella proposta di un modello di sviluppo sostenibile.

Con la pubblicazione del “XII Rapporto”, l’Associazione Civita ha voluto fornire un proprio contributo originale, avanzando proposte per la valorizzazione e gestione del patrimonio culturale in chiave digitale.

L’iniziativa è stata trasmessa in streaming anche dall’agenzia stampa Adnkronos, e non poteva essere diversamente, dato che ormai le iniziative “in presenza” debbono essere saggiamente accompagnate da una videotrasmissione via web.

Il Ministro della Cultura Dario Franceschini è intervenuto alla presentazione, con una introduzione in occasione della quale ha ribadito il carattere emblematico del controverso progetto ItsArt (ovvero “Italy is Art”), la piattaforma per la promozione via web del sistema culturale italiano affidata a Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) e Chili, così come del progetto della Digital Library curata dall’Istituto Centrale per la Digitalizzazione del Patrimonio Culturale (la “Digital Library” ha il compito di coordinare ogni iniziativa del Mic riguardante la digitalizzazione del patrimonio e a essa fanno riferimento i 4 “istituti centrali” del Ministero con competenze di catalogazione e ricerca in materia di archivi, biblioteche, catalogo e beni sonori).

Il Ministro ha sostenuto che la sospensione in cui ci ha costretto il Covid-19 dovrebbe averci aiutato a mettere a fuoco “problemi e distorsioni”, ed il digitale dovrebbe contribuire a stimolare “il tempo nuovo” che ci attende, “un tempo nuovo da studiare ed esplorare”, nel lento rientro alla normalità: “non tutto sarà come prima”, ha concluso.

La presentazione, moderata con eleganza dalla giornalista del Tg1 Rai Barbara Carfagna (autrice anche del programma di Rai1 “Codice: la vita è digitale”, giunto nel 2020 alla quarta edizione), è durata un paio di ore, ed è senza dubbio apprezzabile che il Ministro l’abbia seguita con attenzione per tutta la sua durata.

Il Presidente di Civita Gianni Letta ha sostenuto che verosimilmente sarà proprio il digitale “la chiave di volta per preparare i tempi nuovi”, ed ha confidato “nei prodigi e nelle virtù” della dimensione digitale. Peccando forse di ottimismo, non ha nemmeno fatto cenno, però, alle potenzialità negative del nuovo habitat “esistenziale” nel quale sempre più ci ritroviamo a vivere.

Il “decalogo” proposto dall’Associazione Civita

Il Responsabile Ricerca dell’Associazione Civita Alfredo Valeri (Centro Studi “Gianfranco Imperatori”) ha illustrato sinteticamente i risultati dello studio, in una efficace sintetica presentazione.

Gli autori dello studio hanno stilato anche una sorta di “decalogo”, destinato alle istituzioni museali, ovvero dieci “regole-chiave” per la comunicazione dei musei, che riguardano altrettante esigenze richiamate dal Rapporto Civita:

  1. essere digitalmente presenti
  2. privilegiare la comunicazione per immagini
  3. pensare palinsesti e produzioni innovative
  4. adattare la visualizzazione ai formati mobile
  5. interagire e rispondere sempre al pubblico
  6. rendere il museo un luogo della scoperta e dell’immaginazione
  7. essere chiari negli obiettivi e dinamici nelle strategie
  8. rafforzare la dimensione ludica del museo
  9. sviluppare nuovi approcci narrativi e di “storytelling”
  10. garantire un ascolto costante della propria audience

Più in generale, vengono indicate alcune “policy” prioritarie, a partire dalla necessità di individuare quali siano “le reali esigenze del settore culturale, mettendole in relazione con le risorse e le soluzioni tecnologiche esistenti”.

Il concetto essenziale è: innovazione. “Per garantire la sostenibilità dei processi, occorre vedere nell’innovazione tecnologica nuovi modelli di business e non semplicemente un accompagnamento o una sostituzione di modelli esistenti”.

In sostanza, non ci si deve limitare a “riprodurre l’esistente” seppur in… versione digital-multimediale, ma ci si deve sforzare di ideare opere e strumenti che provochino un coinvolgimento attivo del fruitore, non più “spettatore” passivo, sviluppando al meglio l’esperienza “ludico-didattica”: in questo senso, è evidente che è proprio la dimensione dei videogiochi la frontiera cui si deve guardare, nella auspicabile convergenza di culture, linguaggi, tecnologie.

Simonetta Giordani (Civita): servono dati, e dati nuovi sulla fruizione museale, strumenti sofisticati di conoscenza

Particolarmente efficace la relazione di Simonetta Giordani, Segretaria Generale dell’Associazione Civita: ha sostenuto che si debbono cambiare anche le “metriche” di analisi del consumo, la domanda non può essere misurata più soltanto con il numero dei visitatori dei musei, ma ci si deve avvalere di “strumenti sofisticati” di conoscenza, che sono indispensabili per l’elaborazione di una complessiva “digital strategy” dei musei italiani. Secondo Giordani, se le giovani generazioni mostrano consumi culturali modesti, ciò sarebbe dovuto ad un ancora prevalente “approccio unidirezionale e top down” dell’offerta culturale. Ci si deve sforzare di provocare invece processi “partecipati e esperienziali”, per attrarre “nuovi pubblici”, utilizzando al meglio tutte le forme di “realtà aumentata”, sviluppando “story telling” e “linguaggi immersivi”.

In sintonia con Giordani (e “musica per le nostre orecchie” di ricercatori) quel che ha sostenuto Lorenzo Maternini, Co-Founder di Talent Garden: si deve andare oltre una visione passatista del museo come “luogo della contemplazione”, ma soprattutto si deve implementare il complessivo “sistema informativo” dei musei italiani. Dati e meta-dati, messi a disposizione della collettività e della comunità professionale, divengono linfa vitale per le “start-up” che lavorano all’utilizzazione del digitale per lo sviluppo del sistema culturale. È necessario progettare “modelli data driven di misurazione delle performance”, che possono garantire più elevati standard di efficacia ed efficienza alle soluzioni innovative adottate. L’accesso ai dati è peraltro anche uno strumento per consentire una maggiore trasparenza rispetto all’intervento dello Stato.

Il 12° Rapporto Civita, si avvale di una scorta di dati ed analisi provenienti da una pluralità di studiosi di settore: fanno parte del volume i sondaggi sui consumi digitali durante il periodo delle restrizioni, a cura di Annalisa Cicerchia e Ludovico Solima; le indagini di Icom rivolte a musei e al loro rapporto con il digitale, curate da Barbara Landi e Anna Maria Marras; lo studio di “case histories” sull’industria digitale di Alfredo Valeri, che propone una panoramica sull’ecosistema imprenditoriale italiano, di cui si individuano i possibili sviluppi a partire dalle tecnologie in espansione; le ricerche sulle prospettive future della “Realtà Virtuale” nei musei italiani post-Covid, su cui riflette Claudio Calveri

Il volume propone anche una interessante tabella sinottica sulle decine di indagini che sono state realizzate, a livello nazionale ed internazionale, sulle conseguenze della pandemia rispetto ai consumi museali: sono stati presi in considerazione 30 sondaggi, di cui ben 19 promossi da istituzioni italiane.

Le ricerche hanno confermato alcune criticità strutturali del settore, legate in particolare al fatto che la comunicazione digitale spesso non è accompagnata dalla presenza di una strategia apposita, da adeguate figure professionali e da investimenti a lungo-medio termine. Sono soprattutto i piccoli e medi musei che faticano, spesso per carenza di budget e di competenze, a tenere il passo con l’evoluzione del digitale.

La “prospettiva utente”: i risultati di un questionario cui hanno risposto oltre 7mila persone

Particolarmente interessante quel che lo studio Civita propone rispetto alla “prospettiva utente”.

L’impatto che la “digital transformation” in ambito culturale esercita sull’audience è stato indagato attraverso diverse metodologie.

In primo luogo, Annalisa Cicerchia e Ludovico Solima hanno analizzato le circa 7.000 risposte fornite al sondaggio lanciato online al pubblico dalla Dg Musei del Mic durante la prima fase del “lockdown”, al fine di verificare lo stato delle relazioni tra le persone e i luoghi della cultura in quella stagione di isolamento forzato, durante la quale i musei hanno molto accresciuto la propria offerta di contenuti digitali disponibili “on line”.

Il 72 % dei rispondenti (soprattutto di genere femminile) ha visitato siti Internet o profili “social” di musei, italiani o stranieri, e ha avuto la possibilità di accedere a tali nuovi contenuti.

Sito del museo, FacebookYouTube e Instagram sono state le piattaforme e i canali prescelti, rispettivamente dal 74 %, 56 %, 38 % e 36 %.

I contenuti preferiti e maggiormente apprezzati sono stati i video (76 %), le foto (56 %), conferenze e seminari “on line” (34 %).

La comunicazione rimane prevalentemente “mono-direzionale” e con uno scarso grado di “interazione”, considerato che il 73 % di coloro che hanno frequentato siti e profili social dei musei si è astenuto da qualunque tipo di feedback.

È interessante osservare come la gran parte dei fruitori abbia utilizzato il cellulare, piuttosto che il computer o il note-book, per accadere ai contenuti digitali online: questa considerazione dovrebbe stimolare molte riflessioni sul novello “piccolo schermo” dei “device” digitali…

7 cittadini su 10 pagherebbero 3 euro per una visita guidata a distanza

Quasi 7 rispondenti su 10 ritengono, tuttavia, che una proposta digitale di elevata qualità potrebbe contribuire al rilancio delle visite in presenza e ben 6 su 10 sarebbero disposti a pagare 3 euro per una visita guidata di un museo effettuata a distanza in compagnia del direttore o di un esperto a sua completa disposizione.

Sulla base del rapporto individuale con il mondo della cultura, sono emersi dal campione 5 “profili” a cui corrispondono diversi atteggiamenti rispetto alle soluzioni digitali adottate dai musei durante la chiusura: gli “appassionati” (48 % degli intervistati); gli “addetti ai lavori” (23 %); gli “affezionati” (15 %); gli “occasionali”(12 %); i “tiepidi”  (meno del 2 % del campione).

Un ulteriore punto di osservazione, applicato nell’analisi di Claudio Calveri, è quello inerente ai comportamenti e al “sentiment” dell’utenza rispetto ai contenuti culturali veicolati attraverso le tecnologie e i linguaggi immersivi. In particolare, viene considerata la “realtà virtuale” (Vr), che mira a creare un’esperienza sensoriale che spesso coinvolge i diversi sensi, a differenza della “realtà aumentata” (Ar), che prevede la possibilità di inserire nel contesto fisico elementi ulteriori in senso informativo e narrativo, in chiave testuale e visuale. Le formule che integrano entrambe le possibilità vengono definite di “mixed reality” (Mr).

Dall’analisi, emerge che la quantità (se non la qualità) dell’esperienza “on line” offerta dai musei durante l’ultimo anno non è stata in grado di garantire la costruzione di una relazione digitale continuata e significativa con gli utenti, probabilmente per una carenza di visione strategica complessiva, oltre che di efficacia dello strumento specifico della Vr.

Non potendo contare su un “palinsesto coordinato di attività on line”, i musei hanno perso l’occasione dell’abbrivio regalato loro dalla situazione del pubblico, incuriosito e motivato in particolare sul tema dei tour virtuali.

Generalmente, infatti, emerge – in Italia come all’estero – un diffuso, tendenziale favore degli utenti nei confronti dell’apertura (ancora in fase primordiale) delle organizzazioni culturali a un’offerta calibrata sulla Vr, che si sviluppa di pari passo all’acquisizione di una maggiore propensione all’alfabetizzazione tecnologica di entrambe le parti, operatori e pubblico.

La prospettiva imprese: esperienze innovative, ma in assenza di una visione di sistema

La dimensione dell’innovazione alimentata dall’ecosistema di aziende tecnologiche che offrono servizi e prodotti avanzati per il settore culturale e turistico è al centro dell’indagine svolta da Alfredo Valeri.

Si tratta per lo più di imprese giovani, “startup” innovative con una decina di addetti, nate talora come “spinoff” universitari, e localizzate prevalentemente nel Lazio, in Lombardia, nel Veneto, in Campania e in Sicilia.

La convergenza di trend tecnologici che riguardano il “machine learning” e l’intelligenza artificiale, l’acquisizione e la visualizzazione in 3d nell’ambito di soluzioni immersive, la diffusione di dispositivi mobili e indossabili, sino alla standardizzazione del 5G, sta generando impatti sempre più dirompenti sulle modalità con cui i contenuti culturali vengono fruiti dall’utente, oltre che sui processi creativi e sulle dinamiche di gestione dei flussi e di allestimento degli spazi culturali.

Guardando al “mercato”, fra i principali ambiti in espansione spiccano:

  1. l’intersezione tra arte e videogiochi, con la “gamification” che si propone quale supporto per coinvolgere in chiave ludico-didattica soprattutto i pubblici giovani;
  2. la sperimentazione di modalità innovative di applicazione della realtà virtuale (Vr) a servizio della cultura e della creatività;
  3. la creazione di piattaforme che, grazie alla “computer vision”, riconoscono opere d’arte consentendo all’utente di visualizzare contenuti multimediali extra sul “device” e orientarsi lungo percorsi tematici;
  4. l’applicazione in ambito turistico di tecnologie immersive in grado di condizionare il processo di scelta e acquisto di destinazioni/esperienze;
  5. la realizzazione negli spazi urbani di opere digitali in realtà aumentata (“Ar”), fruibili attraverso l’utilizzo di “smart device” e appositi visori.   

Il volume che propone i risultati della ricerca Civita, 160 pagine con una bella grafica, pubblicato grazie al sostegno di Igt, è edito da Marsilio, ed è in vendita a 30,40 euro in versione brossura, ed a 9,99 euro in versione “epub” (con “drm”).

Conclusivamente, una apprezzabile iniziativa di ricerca, ben oltre il dataset proposto da strutture come la Fondazione Symbola o Federculture.

Rai assente

Impressionante (in negativo) osservare la totale assenza Rai (se non per l’intervento della appassionata Barbara Carfagna) su queste tematiche: eppure non dovrebbe essere ricercata una sinergia tra Ministero della Cultura e Rai, in materia di promozione della cultura digitale applicata ai musei e, più in generale, in materia di promozione mediale della cultura?! Non dovrebbe essere proprio Viale Mazzini il promotore primario della alfabetizzazione digitale del nostro Paese?!

Chi redige queste noterelle ricorda come una innovativa esplorazione avviata da Rai qualche anno fa (2015), affidata all’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult, sia rimasta chiusa nei cassetti della Direzione Marketing della Rai: si tratta della ricerca “The Social Museum and Smart Tourismo (Smst)”, ovvero “Politiche pubbliche nello sviluppo di applicazioni ict in ambito museale e turismo per cultural heritage”, iniziativa di studio che faceva parte di un “cluster” di studio Miur (Rai + altre 3 grandi imprese, ovvero Telecom ItaliaEngineeringVitrociset, + 12 “pmi” + 3 università), di cui è persa traccia… Uno dei tanti casi di avanguardie cognitive che non vengono adeguatamente sviluppate.

Auguriamoci che lo studio promosso e realizzato da Civita venga ben metabolizzato dal Mic, e sia soltanto il primo di una serie di ricerche che abbiano la capacità di intervenire attivamente sullo stanco tessuto museale italiano.

Uno dei risultati dello studio Civita lamenta – come abbiamo segnalato – il deficit di “palinsesto coordinato di attività on line” da parte dei musei italiani (considerati nella loro individualità così come nel loro insieme), e ci domandiamo se non si tratti della stessa criticità che riguarda anche proprio quella piattaforma “ItsArt” nella quale il Ministro crede con tanta convinzione…

Oggettivamente, la “digital strategy” dei musei italiani sembra ancora tutta da costruire. Manca ancora una “politica digitale” del sistema culturale italiano. Si osservano tanti piccoli e grandi interventi, in assenza però di una strategia globale, sistemica, di lungo periodo. Il rischio frammentazione è sempre latente, il rischio polverizzazione e dispersione di risorse è dietro l’angolo.

Clicca qui, per la presentazione del 12° Rapporto Civita, “Next Generation Culture. Tecnologie digitali e linguaggi immersivi per nuovi pubblici della cultura”, a cura di Alfredo Valeri, Responsabile Attività di Ricerca Centro Studi “Gianfranco Imperatori”, Roma, Ministero della Cultura, 21 giugno 2021.

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