Perché i verbali del Comitato Tecnico Scientifico della Protezione Civile non vengono resi di pubblico dominio?

Ieri pomeriggio, abbiamo partecipato alla tradizionale conferenza stampa del Capo Dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli, affiancato dal Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) Silvio Brusaferro, ed abbiamo posto alcune domande precise, che, ahinoi, ancora una volta, hanno ricevuto risposte non altrettanto precise.

Va riconosciuto che Borrelli e Brusaferro sono sottoposti, da mesi, a continue raffiche di domande, e non soltanto in sede di punto-stampa presso la sede del Dipartimento a Saxa Rubra, ma anche da parte di giornalisti che li intervistano e contattano direttamente, giustappunto al di là del rituale appuntamento delle ore 18 (che, dalla settimana scorsa, non ha più cadenza quotidiana bensì bisettimanale): sono indubbiamente sotto pesante stress continuo, e si deve dar atto della loro capacità di resistenza, mantenendo sempre un atteggiamento cortese e cordiale, di assoluta disponibilità dialettica.

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C’è però un problema di fondo, che va al di là del loro ruolo professionale, ovvero il campo di oscillazione tra quel che “vogliono” dichiarare e quel che “possono” dichiarare: Borrelli è un dirigente apicale della Pubblica Amministrazione, ed anche Brusaferro lo è, sebbene il secondo abbia senza dubbio un ruolo più tecnico-scientifico, a fronte di un ruolo più tecnico-organizzativo del primo. Entrambi sono certamente tenuti a mantenere una qual certa riservatezza “d’ufficio”, nel rispetto dei loro doveri come manager pubblici. Però…

Sono loro gli interlocutori privilegiati del Governo, anzitutto del Presidente Giuseppe Conte e poi del Ministro della Salute Roberto Speranza: sono loro, insomma, i “tecnici”, ovvero gli “esperti”, ovvero – come piace dire a Conte – gli “scienziati”.

Il loro referente è indubbiamente il Premier, a loro debbono rispondere istituzionalmente.

Non sappiamo “chi” ha deciso, ad inizio febbraio, che questi dirigenti pubblici potessero / dovessero anche “riferire” alla collettività, ovvero comunicare. Un processo comunicazionale, in questi ambiti, è una decisione delicata e strategica, e verosimilmente questa scelta non è stata autocratica. Riteniamo che il Capo Dipartimento abbia “concordato” con il Presidente del Consiglio (la Protezione Civile dipende dalla Presidenza del Consiglio) così come il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità avrà concordato con il titolare del dicastero suo referente (il Ministero della Salute).

Il ruolo centrale del Comitato Tecnico Scientifico nella gestione dell’emergenza

È altresì evidente che l’organo consultivo (ma in verità – come andremo a precisare – co-decisionale) è stato identificato nel Comitato Tecnico Scientifico (ormai noto al popolo anche come “Cts”), la cui composizione è stata definita discrezionalmente dal Capo Dipartimento, con un atto in data 3 febbraio 2020 (una “ordinanza”, cui ha fatto seguito un “decreto” il 5 febbraio): composizione originaria di 7 membri, che via via, dapprima informalmente e poi formalmente (con un secondo atto in data 18 aprile – pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 22 aprile – a distanza di oltre un mese e mezzo dal primo atto) è stato elevato a ben 20 membri, di cui una parte esponenti istituzionali ed una parte esperti di varie discipline.

Questo Comitato Tecnico Scientifico è quindi una “creatura” amministrativa del Capo Dipartimento, ma vogliamo immaginare che nella sua estensione in itinere Angelo Borrelli si sia consultato con gli uffici di gabinetto sia della Presidenza sia del Ministero della Salute. Comunque, la firma in calce all’atto è la sua, e sua è la responsabilità ideologica della composizione della “squadra”.

Il ruolo del Cts nella gestione pubblica della pandemia è stato centrale e determinante. Il Presidente del Consiglio ha sempre sostenuto che ogni decisione è stata assunta previo consulto con il Comitato. Nell’ultimo atto assunto da Conte, il Decreto Presidente del Consiglio di domenica 26 aprile, vengono citati esplicitamente, in premessa, “i verbali” del Comitato Tecnico Scientifico.

Le precise domande poste al Capo Dipartimento Borrelli e le risposte talvolta evanescenti: il mistero dei verbali del Comitato

Per primi – come evidenziato anche su queste colonne – abbiamo chiesto al Capo Dipartimento di rendere nota la composizione aggiornata del Comitato Tecnico Scientifico, e per primi abbiamo avuto cortese risposta, il 16 aprile, in anteprima rispetto a quanto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 23 aprile (vedi “Key4biz” del 24 aprile 2020, “Colao non comunica, ma Borrelli assicura “comunicherà”. Come e quando? Da Londra da dove guida la Task Force?”).

Per primi, abbiamo chiesto al Capo Dipartimento di acquisire copia di tutti i verbali del Comitato Tecnico Scientifico (fino al 25 aprile le riunioni risultano essere state ben 55), anche se in verità la collega Filomena Rorro di “Chi l’ha visto?” di Rai 3 così come la collega di “Tpi – The Post Internazionale”, Veronica Di Benedetto Montaccini si sono intestardite, prima, a chiedere specificamente i verbali relativi ad alcune decisioni afferenti la chiusura a “zona rossa” dei comuni della bergamasca di Alzano Lombardo e Nembro.

Se Angelo Borrelli ha risposto tempestivamente alla domanda sulla composizione aggiornata e completa del Cts, non altrettanto può dirsi rispetto ai verbali.

In un primo momento (lunedì 20 aprile), ci ha risposto che la decisione sulla pubblicità di questi documenti era in corso (“stiamo valutando”), mentre ieri la risposta, ad una rinnovata sollecitazione, si è rivelata sfuggente ma tendente al negativo: verranno resi pubblici “più in là” (testuale), ha sostenuto Borrelli, adducendo che la presenza nei documenti di elementi sensibili ha convinto gli uffici (previa acquisizione di un parere tecnico-legale) che sia preferibile mantenere segreti (o riservati che dir si voglia!) questi documenti, fino alla conclusione della pandemia. Ha quindi precisato che verranno resi pubblici “quando le ragioni di opportunità lo renderanno possibile”. Gli è stato obiettato che la “conclusione” della pandemia potrebbe realizzarsi anche fra un anno, e che il diritto di accesso della cittadinanza a documenti che sono stati determinanti nella assunzione di decisioni che hanno riguardato l’intera popolazione dovrebbe prevalere su esigenze di incomprensibile riservatezza istituzionale.

La questione è delicata quanto essenziale: se – come ribadisce il Premier – le sue decisioni sono state assunte sulla base dei pareri del Comitato Tecnico Scientifico, è naturale e giusto e corretto che si abbia accesso a questi documenti. Anche perché – questione non marginale – il Parlamento è stato completamente bypassato nel processo decisionale, ed il Governo ha assunto misure radicali sulla pelle di decine di milioni di cittadini.

L’esigenza di trasparenza, assoluta e tempestiva, appare inderogabile, e l’istanza di accesso un diritto non censurabile.

OpenPolis: norme in deroga senza trasparenza

Ieri 27 aprile una qualificata organizzazione indipendente di analisi critica del sistema istituzionale e politico qual è la Fondazione OpenPolis, raro caso di “watchdog” in Italia, ha pubblicato un intrigante dossier (“Coronavirus, le mappe del potere”) che analizza l’intreccio relazionale tra i “player” della gestione istituzionale della pandemia, tra Presidenza del Consiglio e Ministero della Salute e quindi Comitato Tecnico Scientifico in primis, per arrivare alla Task Force istituita il 10 aprile. Si ha conferma, nella lettura dell’interessante dossier, della prevalente opacità dei processi decisionali (il primo capitolo dello studio è intitolato “Norme in deroga senza trasparenza”).

La questione della trasparenza dei verbali del Comitato Tecnico Scientifico merita ulteriore approfondimento.

Si ricordi anche che il 13 aprile il Codacons ha accusato il Capo della Protezione Civile di aver mentito alla stampa in occasione della conferenza dell’11 aprile rispetto alla dichiarata non segretezza dei verbali. L’associazione dei consumatori manifestava quindi formale richiesta di accesso: insomma, questi benedetti verbali sono “segretati” (come aveva scritto al Codacons la Vice Capo di Gabinetto del Ministero della Salute Tiziana Coccoluto) oppure i verbali sono “riservati” ma non segreti (come sostiene Borrelli)?!

Si ricordi en passant che il decreto-legge “Cura Italia” del 17 marzo 2020 ha sospeso il Foia (“Freedom of Information Act”, vedi il comunicato del Dipartimento della Funzione Pubblica in data 9 aprile), specificando che le Amministrazioni Pubbliche hanno sospeso anche le risposte a richieste di accesso documentale (la Legge n. 241/1990), civico e civico generalizzato (ex Decreto Legislativo n. 33/2013) che non hanno carattere di “indifferibilità e urgenza” fino al 31 maggio 2020

Peraltro il 17 aprile, il Vice Ministro Pierpaolo Sileri (il n° 2 del dicastero!) ha dichiarato a “Tpi” che i verbali del Cts non li ha mai potuti leggere: “quei documenti sono sotto cassaforte e inaccessibili. Sono stati blindati e né io né la Sottosegretaria Sandra Zampa abbiamo potuto vederli. Gli atti del Cts sono secretati”.

Eppure, 20 aprile Angelo Borrelli rispondeva così ad una nostra precisa domanda: “i verbali non sono secretati, sono dati sensibili e stiamo vedendo quando renderli pubblici… è evidente che ci sono informazioni che esigono ancora riservatezza”.

Prevale confusione e opacità.

Le motivazioni addotte non sono sufficienti a giustificare la non trasparenza.

A questo punto, si ha ragione di ritenere che il Comitato Tecnico Scientifico (oppure lo stesso Presidente del Consiglio) abbia timore di rivelare che le decisioni assunte non sono state sempre dettate da univocità  ed unanimità di pareri da parte della eletta schiera di tecnici ed esperti.

Ciò è però naturale, perché anche “gli scienziati” – per citare il Premier – hanno ovviamente pareri diversi tra loro, ed immaginiamo che il Cts si sia dotato di un “regolamento interno” ed abbia probabilmente deliberato “a maggioranza”, magari con “dichiarazione a verbale” dei dissidenti. O comunque ci auguriamo che così sia stato, data la delicatezza del ruolo assegnato dal Governo a questa eletta schiera di amministratori, tecnici ed esperti.

Attendiamo quindi fiduciosi che i verbali del Comitato Tecnico Scientifico vengano resi di pubblico dominio quanto prima: auspichiamo che quel “più in là” di Borrelli si traduca nell’arco temporale di poche settimane, se non di pochi giorni.

Abbiamo poi posto ieri un’altra domanda a Borrelli: come è possibile che la composizione del Comitato Tecnico Scientifico, attualmente formato da 20 persone, sia tutta maschile?!

Il Capo Dipartimento ci ha risposto in modo sempre cortesissimo ma non convincente, adducendo che il Cts è formato da rappresentanti istituzionali, e, se i rappresentanti sono di genere maschile, sarà maschile la composizione del Comitato (ha esemplificato: se il Capo Dipartimento o il Presidente dell’Iss fossero donne, le donne sarebbero ben rappresentate nel Comitato). Risposta tautologica, anzitutto, e peraltro non esatta, dato che egli stesso ha cooptato nel Comitato una pluralità di esperti (8 esperti), inclusi un pediatra ed un geriatra, e si tratta di esperti… maschi (non rappresentanti di “istituzioni”). Nessuna eccellente pediatra o geriatra donna in Italia?!

Nessuna donna nel Comitato Tecnico Scientifico e quindi un deficit di “sensibilità femminile”?!

Abbiamo quindi ipotizzato una sorta di nesso “causa / effetto” tra la composizione tutta maschile del Comitato Tecnico Scientifico e quella che può essere interpretata come la “deriva medico-sanitaria” dei processi decisionali assunti dal Governo.

È vero, senza dubbio, che l’emergenza è stata determinata da processi che hanno richiesto e richiedono interventi anzitutto medico-sanitari, ma riteniamo che le conseguenze psico-sociali dei provvedimenti draconiani e repressivi assunti dall’Esecutivo siano state molto sottodimensionate, anche a causa dell’assenza, nel Cts, di esperti di discipline altre rispetto a quelle specificamente sanitarie.

Lungi da noi prospettare su queste colonne un ragionamento ideologico sul “gender”, ma abbiamo ragione di ritenere che sia più “tipica” nelle donne la sensibilità verso le categorie più fragili e vulnerabili: i bambini e le bambine, così come le persone che soffrono le varie dimensioni del disagio, dai disabili agli autistici alle persone con disturbi psichici… E sicuramente più agevole, per una donna, per esempio, comprendere quelle che possono essere le conseguenze, in un habitat familiare “recluso”, rispetto al rischio di violenza domestica. E non a caso in queste settimane, il fenomeno della violenza domestica è cresciuto, come denunciato anche dalle associazioni che lo combattono…

Donne o uomini che siano… a suo tempo, qualche settimana fa, il Capo Dipartimento, a nostra contestazione, aveva sostenuto che avrebbe fatto tesoro dell’esigenza manifestata, di una opportuna integrazione multi-transdisciplinare, ma ciò non è avvenuto, e nel Cts non siede nessun psicologo, nessun sociologo (e nemmeno un esperto di statistica, che pure potrebbe fornire un utile “valore aggiunto” al dataset quotidianamente prodotto dal Dipartimento).

Queste figure – lo psicologo, lo psichiatra ed il sociologo – sono invece presenti nella altra “eletta schiera”, quella cooptata da Conte, che forma la “Task Force” ma abbiamo già segnalato come in questo secondo e più recente organismo (ha poco due settimane di vita) vi sia una indubbia altra prevalenza: sono in maggioranza economisti ed esperti di organizzazione del lavoro. Accantonando quindi la polemica di “gender” (ovvero sul fatto che anche in questa schiera di 17 super-esperti le donne sono soltanto 4), va registrato che questo organismo opera nel mistero più assoluto.

Nessuna traccia pubblica dell’operato della Task Force: viene semplicemente evocato dal Premier, a mo’ di entità superiore, quasi mistica.

Il Presidente Vittorio Colao, infatti, non comunica, e non si ha notizia della sua vocazione  ovvero intenzione a parlare pubblicamente. Il Capo Dipartimento (che pure è membro “di diritto” anche della Task Force insieme al Commissario Straordinario Domenico Arcuri) ha ribadito, anche ieri, che il “referente” istituzionale del Comitato di Esperti è il Presidente del Consiglio, ed a lui essa deve riferire. E sarà Colao a decidere “se e come” comunicare. in verità giovedì 23 aprile Borrelli aveva dichiarato che sicuramente Colao avrebbe comunicato.

Ci troviamo quindi di fronte ad un Presidente del Consiglio che comunica intensamente (a modo suo) seppur discontinuamente al Paese, che non interagisce granché con il Parlamento (anzi – va segnalato – tende a sfuggire da Camera e Senato), che però dichiara pubblicamente e ripete spesso che il Governo decide sulla base dei pareri tecnici del Comitato Tecnico Scientifico e della Task Force. Del primo (Cts), però, i verbali non sono pubblici. Del secondo (Task Force), non si ha pubblica notizia.

Queste dinamiche non brillano per trasparenza.

La questione “comunicazione” è intimamente intrecciata con la questione “trasparenza”.

La deriva medico-sanitaria e la deriva economico-organizzativa

Restiamo convinti – come abbiamo sostenuto anche su queste colonne – che sia peraltro in atto una duplice deriva: un dominio medico-sanitario della pandemia, nella prima fase, e, dal 10 aprile, un dominio economico-organizzativo, gestiti da Cts e Task Force, con un “governo” dell’emergenza che ha trascurato e continua a trascurare le conseguenze psico-sociali delle dinamiche in atto.

Esempio sintomatico ed emblematico: la ritardata riapertura delle scuole. Erano state prospettate due ipotesi: una riapertura graduale a partire dal 18 maggio, una riapertura a settembre. Senza dubbio, la scuola – come ha ribadito ieri il Presidente dell’Iss – rappresenta un habitat dal latente pericolo, non soltanto per il sovraffollamento delle classi tipico, purtroppo, della disastrata scuola italica, ma per le conseguenze connesse, in primis il trasporto, pubblico e privato, correlato alla frequenza.

È vero, ma al tempo stesso il Governo ha completamente ignorato il problema dei genitori che, dal 4 maggio, riprendono a lavorare, e non hanno chance di assistenza domestica per i figli, senza dimenticare le conseguenze infrapsichiche, prima che didattiche, nei bambini e nelle bambine, nei ragazzi e nelle ragazze, che sono state costrette a restare chiuse in casa per ormai due mesi (le scuole sono state chiuse in tutta Italia dal 5 marzo, da dieci giorni prima nelle regioni del Nord più colpite)…

Proprio ieri, però, il Capo Dipartimento Borrelli ed il Ministro Speranza hanno annunciato che è in funzione un “numero verde” di assistenza psicologica, esigenza che in verità era emersa dai primi giorni del “lockdown”. Era ora! Non entriamo qui nel merito della organizzazione del servizio – che vogliamo augurarci essere stato validato al meglio nelle sue metodologie, anche da parte dell’Ordine nazionale degli Psicologici – ma segnaliamo che si tratta di iniziativa senza dubbio commendevole ma tardiva. Assolutamente tardiva.

Certo, di fronte ai 26mila morti a causa (concausa, ad esser accurati) della pandemia, coloro che si sono suicidati in qualche modo anche loro “a causa” della pandemia forse non sono stati più di 10 (non risulta un censimento accurato in materia), ma si tratta della punta dell’iceberg di un malessere psico-sociale diffuso: certamente alcune decine di migliaia, anzi – più verosimilmente – alcune centinaia di migliaia di cittadini hanno sofferto e soffrono infrapsichicamente le conseguenze di decisioni così assurdamente rigide, assunte dal Governo nella estrema limitazione della libertà di movimento.

Disturbi da stress post-traumatico… per milioni di cittadini

Decisioni governative assunte più sul terrore del “contagio esponenziale” che su una serena analisi razionale dei fattori di rischio: a voler scherzare su pur così delicata tematica, ci piacerebbe sapere che i membri del Governo, ma anche i super-esperti del Comitato Tecnico Scientifico e finanche della Task Force, si sono avvalsi di adeguate terapie di sostegno psicologico.

Temiamo che così non sia. Eppure anche loro stanno soffrendo, e soffriranno, di disturbi da stress post-traumatico: quello stesso stress che hanno provocato, irresponsabilmente, in milioni di cittadini.

Si conferma il rischio di una pseudo “tecnocrazia sanitaria” che continuerà a governare il Paese nelle prossime settimane, affiancata da una pseudo “tecnocrazia economica”, nella oscillazione tra Comitato Tecnico Scientifico e Task Force.

Con buona pace delle conseguenze psico-sociali di provvedimenti governativi assunti ignorando gli aspetti multidimensionali e transdisciplinari, ovvero una visione umanistica ed olistica della salute e del benessere psico-fisico, che dovrebbero invece essere alla base di un sano “governo dell’emergenza”.

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