Il Capo Dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli ha la febbre, si alimenta una ansia istituzionale ed una isteria collettiva che il Governo sembra non percepire.

Alle ore 15 di oggi mercoledì 25 marzo, l’Ufficio Stampa del Dipartimento della Protezione Civile ha diramato un comunicato che annunciava che il Capo Dipartimento Angelo Borrelli aveva accusato sintomi febbrili ed aveva quindi lasciato la sede della Protezione Civile…

Naturale sorge il quesito: ma il Capo Dipartimento non viene sottoposto a tampone a cadenza quotidiana, e, nel caso specifico, può essere che una semplice febbre lo vada a preoccupare così tanto?! La prudenza è comunque tanta, e certamente doverosa.

Battute (affettuosamente scherzose) a parte, non resta che augurarsi che si tratti di un malessere superficiale: si converrà che, in caso di effettiva positività, verrebbe “colpita” l’immagine di un uomo-simbolo della lotta contro il Covid-19. E si replicherebbe la vicenda un po’ paradossale che ha riguardato Guido Bertolaso, che ha annunciato ieri di essere positivo, a distanza di dieci giorni dalla nomina a consulente speciale del Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana

Temiamo comunque che la gestione comunicazionale dell’emergenza si confermi veramente confusa, anzi caotica: gli appelli affinché venga definita una “linea” unica ed univoca continuano a cadere nel vuoto.

Ieri pomeriggio, abbiamo assistito “live” – come inviati di “Key4biz” anche – ad una dinamica un po’ surreale: alle 18, inizia la ormai tradizionale conferenza stampa quotidiana del Capo Dipartimento, presso la sede della Protezione Civile a Saxa Rubra, ma il Capo Ufficio Stampa Pier Francesco Demilito segnala subito che essa dovrà durare assai poco, perché alle 18.20 dovrebbe iniziare una conferenza stampa del Presidente del Consiglio a Palazzo Chigi. A parte il “dettaglio” (anch’esso afferente alla gestione dell’emergenza dal punto di vista della comunicazione) che forse il Premier avrebbe potuto attendere le 19, per iniziare la sua conferenza stampa… come dire?! Certamente, “ubi maior (Conte), minor (Borrelli) cessat”

Le domande dei giornalisti vengono quindi rimandate all’indomani, e soltanto il collega Marco Sabene del Tg2, riesce a porre un quesito “off the records”, che però, per un errore tecnico, viene comunque messo in onda da RaiNews24… Il quesito è in verità delicato: nell’edizione di ieri mattina, in una intervista a “la Repubblica” (intitolata “I numeri sono altri. L’epidemia va più veloce della nostra burocrazia”), Angelo Borrelli aveva stimato che la quantità totale dei “contagiati” (ovvero dei “positivi asintomatici”) potesse essere anche 10 volte superiore a quelli finora censiti (63mila, a ieri), e quindi nell’ordine di oltre mezzo milione di persone. L’inviato del Tg2, a microfoni spenti (in verità tali non lo erano!), ha domandato retoricamente “ma allora noi che diavolo veniamo a fare qui, ogni giorno, per ascoltare dati che in fondo sono irrilevanti, se la dimensione del problema è ben altra?!”. Borrelli ha subito precisato che non ha mai sostenuto che il numero contagiati fosse “falsato”: “il mio era un discorso generale sui casi asintomatici. Il mio era un discorso più ampio sul possibile numero di positivi asintomatici. C’è chi ne ipotizza di più, chi di meno. Si tratta di un discorso empirico, basato anche sul fatto che, ad esempio, tra i miei collaboratori ci sono tre positivi assolutamente asintomatici”. Alla luce di quel che è accaduto oggi, la prospettiva provoca preoccupazione.

Eccesso di policentrismo, troppe voci a parlare?!

Da segnalare che peraltro, sempre ieri, verso le 12.30, s’era tenuta una conferenza stampa, presso la Protezione Civile di Domenico Arcuri, nominato Commissario Straordinario all’emergenza Coronavirus. Un’altra voce nel coro. Conferenza convocata dall’Ufficio Stampa di Invitalia (la società pubblica di cui Arcuri è Amministratore Delegato), e non dall’Ufficio Stampa della Protezione Civile. Curiosa dinamica anche questa (vedi alla voce “ognuno va per conto suo”).

Ed alcuni osservatori notano che l’entrata in campo del Commissario Arcuri abbia provocato una qualche reazione da parte del Capo Dipartimento Borrelli, al punto tale che avrebbe valutato l’eventualità delle dimissioni.

Altri osservano poi che alcuni esponenti del Partito Democratico ritengano che Angelo Borrelli “parli troppo”: Stefano Vaccari, Responsabile dell’Organizzazione del Pd, ha sostenuto a chiare lettere che “in emergenza, chi è a capo della catena di comando deve fare, e parlare il meno possibile”.

Va però segnalato che il quotidiano “punto-stampa” di Borrelli delle ore 18 è ormai la quasi unica occasione per consentire ai giornalisti di praticare una sana dialettica con lo Stato (esercitando il proprio lavoro di informazione), ovvero con l’istituzione preposta ad affrontare direttamente l’emergenza Covid-19. E c’è chi ipotizza che la febbriciattola odierna di Angelo Borrelli sia una risposta diplomatica a chi gli ha chiesto una posizione più defilata…

Al di là del caso specifico, riteniamo che il flusso comunicazionale che proviene dal Governo per fronteggiare l’emergenza continui ad essere totalmente inadeguato, nella sua frammentazione e discontinuità.

È un processo comunicazionale che produce effetti gravi, sia nell’immaginario collettivo (aumenta la paura, si alimenta l’ansia) sia nella quotidianità reale di ogni cittadino (che non capisce più bene “cosa” può fare e cosa no).

Mascherine obbligatorie o no?!

Un esempio evidente della confusione in atto: sul sito web del Ministero della Salute si continua a leggere che l’uso della mascherina non è necessario, se non per coloro che ritengono di avere sintomi (in primis, una febbre superiore a 37,5 gradi) o coloro che hanno contatti con persone contagiate. Eppure, per la via, la gran parte dei cittadini che osano uscire di casa (per le poche attività consentite, dalla spesa alimentare alla passeggiata nelle “vicinanze” dell’abitazione) usa ormai la mascherina, ed in occasione dell’incontro del Premier con le opposizioni la triade Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Antonio Tajani si è presentata con mascherine. E che dire della Ministro per l’Innovazione Paola Pisano che ha dichiarato ieri pomeriggio (alla trasmissione di Rai Radio1 “Un giorno da pecora”) che “al Consiglio dei Ministri si partecipa tutti fisicamente, a meno di quarantene, tutti distanti con mascherine e guanti”.

Qualcosa non quadra.

Così come non quadra che alcuni pseudo-“vip”, calciatori in primis (!), dichiarino simpaticamente di essersi sottoposti a tampone, allorquando allo stato attuale – almeno ufficialmente – possono essere sottoposti a questo test soltanto coloro che hanno sintomatologia netta e chiara dell’influenza. E peraltro non risulta esservi chance di effettuare il test a livello privato, anche se sono stati scoperti laboratori che “clandestinamente” spacciavano per tampone procedure di test ritenute inaffidabili dalle autorità sanitarie…

In ogni caso, è evidente che la confusione viene continuamente alimentata dall’eccesso di policentrismo informativo.

Dataset deficitario: quanti sono gli stranieri contagiati e morti a causa del virus in Italia?!

Andrebbe poi sviluppata una seria analisi critica anche del “dataset” messo a disposizione dalla Protezione Civile, che fa proprio quello del Ministero della Salute ovvero dell’Istituto Superiore di Sanità: viene precisato che la conta dei deceduti si riferisce a persone che sono morte non “per” il Coronavirus ma “con” il Coronavirus. È noto che gran parte dei decessi sono di persone con una comorbilità elevata (almeno 1 se non 2 o 3 patologie di una qualche gravità), ma non vengono fornite informazioni più dettagliate.

Circolano notizie (ma saranno “fake news”?!) secondo le quali ben pochi dei pazienti contagiati in Italia sono cittadini stranieri (hanno forse barriere immunitarie particolarmente alte?!)…

Secondo alcune tesi, per esempio, nessun ricoverato apparterrebbe alla comunità cinese (si sono così rinchiusi nelle loro abitazioni, adottando criteri severissimi di autoisolamento?!)…

A quanto ci risulta, l’Istituto Superiore di Sanità non dispone di questi dati: non esiste un database che consenta di sapere quanti dei contagiati e dei deceduti siano cittadini italiani o stranieri. Incredibile, ma vero.

Anche il processo decisionale del Governo non sembra mostrare una linea di coerenza: basti osservare che sono state prodotte, nell’arco di pochi giorni, tre versioni in-progress dell’ormai mitico modello di “autocertificazione”, alimentando – anche in questo caso – confusione nel cittadino che pure, per lavoro o per necessità, è costretto a spostarsi all’interno del proprio Comune o finanche oltre.

Altra questione che appare emergere, giorno dopo giorno, quella che abbiamo definita l’“emergenza psico-sociale”: il Governo sarà presto verosimilmente costretto ad affrontare un “effetto-domino” dalle imprevedibili conseguenze, dato che è tecnicamente impossibile mettere in atto provvedimenti concreti ed operativi di reazione all’emergenza psico-sociale imminente, a fronte della evidente attuale impreparazione dell’esecutivo rispetto alle dimensioni quali-quantitative del fenomeno.

L’effetto-domino dell’emergenza psico-sociale: il disturbo post-traumatico da stress

Abbiamo già segnalato (vedi già su “Key4biz” del 10 marzo, “Coronavirus, tutte le falle dei flussi informativi istituzionali”) che si dovrà presto affrontare, oltre l’emergenza sanitaria, una vera e propria emergenza psico-sociale. Senza dubbio apprezzabile che alcuni ospedali si stiano attrezzando per fornire supporto psicologico ai medici “in prima linea”: fanno benissimo (e che il Ministero della Salute li aiuti), ma chi pensa ai milioni e milioni di cittadini stravolti da questa dinamica emergenziale, che sconvolge la vita di ognuno?!

In psicologia, esiste una sindrome ben definita, denominata “disturbo post-traumatico da stress”: alcuni Comuni hanno avviato un servizio telefonico gratuito (per esempio quello di Novara), alcune associazioni di psicologi si sono mosse autonomamente in questa direzione, ma una emergenza di queste dimensioni dovrebbe affrontata in modo deciso, serio, netto, univoco direttamente dal Ministero della Salute, attrezzandosi anzitutto con un call-center nazionale unico, dotato delle risorse professionali e tecniche indispensabile.

Ci sta pensando qualcuno?! Non è dato sapere.

Nella letteratura scientifica della psicologia, esistono molte ricerche che hanno raccolto numerose prove sugli effetti negativi che un prolungato periodo di segregazione può avere sulla salute psicologica, a partire da una crescita dell’ansia, di una alimentazione della rabbia, per arrivare a comportamenti fobici. Emergono sentimenti negativi come la depressione, la noia, la solitudine, la frustrazione, l’irritabilità… È stato dimostrato che, durante il periodo di distanziamento sociale, si possano sviluppare disturbi di tipo fobico od ossessivo che permangono a lungo dopo la fine dell’epidemia.

Come è stato osservato durante le epidemie di virus come Ebola o Sars, l’interruzione dell’attività lavorativa ha causato, oltre a gravi perdite economiche per i lavoratori, anche un forte rischio di sviluppare nella fase successiva alla fine dell’epidemia disturbi ansiosi, rabbia e depressione, con nocumento della rinnovata attività lavorativa.

I primi 3 suicidi causati dall’emergenza virus

Crediamo meritino attenzione tre notizie di ieri martedì, che riteniamo possano rappresentare una punta dell’iceberg: sono stati registrati i primi tre suicidi “causati” dal virus.

L’altro ieri, a Mirabella Eclano (in provincia di Avellino), un 43enne si è tolto la vita per una forte depressione dettata dalla paura del contagio da Covid. Sabato scorso si era allontanato da casa, senza più dare notizie di sé. Aveva saputo da poco che la compagna e i suoceri erano risultati positivi al virus, e, dopo la morte di un anziano a Mirabella Eclano alcuni giorni fa, era caduto in profonda depressione, lasciando intendere ad alcuni amici i suoi propositi di suicidio. Dalla segnalazione di scomparsa sono partite le ricerche, da parte delle forze dell’ordine che hanno battuto palmo a palmo tutte le zone, dove il 43enne avrebbe potuto nascondersi. Lunedì mattina, è stato trovato impiccato in una zona di campagna…

Ieri, a Monza, un’infermiera di 34 anni si è suicidata: la notizia è stata enfatizzata dalla Federazione nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (Fnopi), che segnalava la positività al virus, ma questa notizia è stata smentita dalla direzione generale dell’Ospedale San Gerardo. Positiva o meno, questa donna ha deciso di suicidarsi…. La Fnopi precisava che l’infermiera “viveva un pesante stress per la paura di aver contagiato altri”…

Ieri a Cremona, contagiato dal Coronavirus, presumibilmente angosciato anche dal timore per la possibilità di aver infettato qualche famigliare, un 73enne ricoverato da qualche giorno all’Ospedale Maggiore (il maggiore polo sanitario della zona), ha scelto di farla finita, e si è buttato dalla finestra della stanza in cui si trovava, al settimo piano del nosocomio….

L’esigenza di informazioni corrette, precise, nette, non fuorvianti, da fonte unica e univoca

Per ridurre la portata degli effetti negativi dell’attuale collettiva “quarantena” (intesa in senso lato), la letteratura scientifica suggerisce che è necessario dare informazioni corrette, precise, nette, e non fuorvianti ai cittadini, spiegando in maniera esaustiva la natura dei rischi (senza allarmismi e confusioni: vedi alla voce “mascherina” sì / no), e far sì ci siano chiare linee di comunicazione da parte della sanità pubblica, facendo in modo che la popolazione abbia un’adeguata comprensione della malattia.

Il che, in Italia, non sta avvenendo.

La responsabilità primaria va senza dubbio attribuita giustappunto alla “prima linea” della comunicazione di emergenza, che è quella del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ma non ci sembra di percepire comunque una “voce” unica ed univoca dal Ministero della Salute, dal Dipartimento della Protezione Civile (che dalla Presidenza del Consiglio dipende), dal Ministero dell’Interno, che sono i tre principali “player”, in questa emergenza.

Una soluzione va cercata e trovata, rapidamente (giorni, non settimane!): è tanto complicato affidare a Rai questo specifico compito, che rientra perfettamente nelle sue funzioni di “servizio pubblico”?! Affidare ad una rete televisiva finora “minore” – a livello di audience – come RaiNews24 la funzione di canale istituzionale di informazione sull’emergenza non sarebbe una decisione complicata, e consentirebbe al Governo di avere un “medium” unico ed univoco per informare la cittadinanza, sempre più confusa.

In ogni caso, è verosimile che l’Esecutivo debba veramente iniziare a ragionare su un possibile allentamento di alcune misure eccessivamente severe: è evidente che, per reprimere comportamenti irresponsabili di alcune migliaia di cittadini idioti, si stanno imponendo irragionevoli misure draconiane a decine di milioni di cittadini.

Non sarebbe utile che il Governo faccia cessare la crescente “caccia all’untore” che corre o passeggia (come tuonano sindaci come quello di Roma e di Torino o il Presidente della Regione Campania) e che si dica apertamente che passeggiare da soli e al sole (e – udite udite! – finanche nei parchi e sugli arenili) è un diritto e non è vietato (non deve essere vietato!), anche perché fa bene al sistema immunitario, più di qualunque vaccino o medicina?

Al di là degli aspetti di rilevanza costituzionale, quanto può durare questa compressione dei diritti civili?! Giorni, riteniamo, settimane forse, certamente non mesi, perché altrimenti si rischia veramente una esplosione psichica ed una implosione sociale, i cui costi potrebbero essere veramente enormi.

Ragionare su sistemi alternativi di contenimento dell’epidemia

Riteniamo che il Governo debba quindi valutare rapidamente anche sistemi alternativi di contenimento dell’epidemia, alternativi rispetto a quelli draconiani finora adottati, rientrando sui propri passi, ed adottando metodiche differenti, a partire dalla possibile adozione a livello di massa di sistemi di monitoraggio della situazione reale (tamponi o test assimilabili) ed allentando progressivamente le limitazioni, definendo le aree geografiche di maggiore rischio e quelle di minor rischio.

Continuando così, un po’ a tentoni, ed utilizzando soltanto in modo eccessivo (e peraltro contraddittorio) lo strumento della repressione della mobilità, le conseguenze socio-economiche di questa strategia possono rivelarsi più dannose di quelle sanitarie (certamente assai gravi) del Covid-19. Conseguenze dannose che si potranno percepire nel medio-lungo periodo.

La “quarantena” crescente sta producendo effetti gravissimi nel tessuto psicosociale dell’intero Paese (senza dimenticare le conseguenze sull’economia ed il rischio di deriva neo-autoritaria dal punto di vista politico): che il Governo ragioni anche su questa emergenza, per ora meno visibile ma più profonda dell’emergenza sanitaria.

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