L’emergenza informativa è grave ancor più di quella sanitaria. È necessario che lo Stato disponga di uno strumento univoco di comunicazione per il cittadino: la proposta di trasformare RaiNews nel canale istituzionale h24 sull’emergenza Covid-19.

Venerdì scorso 6 marzo, su queste colonne, abbiamo proposto una disamina accurata del grave errore comunicazionale commesso dal Governo Conte-2 in relazione alla “fuga di notizie” riguardante l’annuncio di chiusura di tutte le scuole d’Italia da giovedì 5 marzo a domenica 15 marzo (vedi “Key4biz” del 6 marzo 2020, “Coronavirus, il pasticciaccio sulla chiusura delle scuole”).

La questione è certamente controversa – sia a livello empirico, sia a livello teorico – perché la responsabilità primaria di questi “errori” può essere attribuita a giornalisti affamati di scoop (e quindi “irresponsabili” propagatori di allarmismo), oppure all’esecutivo stesso non granché buon comunicatore (non riesce ad offrire una comunicazione unica ed univoca). Di fatto, esiste una sorta di corresponsabilità.

Da osservatori professionisti dei flussi di comunicazione, da studiosi di mediologia e di comunicazione in situazioni di crisi, abbiamo registrato, con rinnovato sconforto, un secondo errore marchiano, venutosi a determinare con “il mistero” di un’altra bozza di Decreto del Presidente del Consiglio, che è stato anticipato da alcune testate giornalistiche, prima che il testo nella versione definitiva venisse pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Si tratta del Dpcm relativo alla restrizione di movimenti dalla Regione Lombardia.

In un’intervista odierna al quotidiano “la Repubblica” il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte lancia un nemmeno tanto velato attacco alla stampa: sarebbero “i media” i responsabili di queste dinamiche allarmistiche, che – nel caso in ispecie – hanno provocato panico ed isteria, spingendo molte persone ad abbandonare di gran fretta la Lombardia.

Conte: “non è stato Palazzo Chigi…”

Precisa il Premier: “non è stato Palazzo Chigi a far circolare la bozza, A tarda sera, quando la bozza è stata inviata – come prevede la legge – ai ministri e ai presidenti delle Regioni, ci siamo ritrovati con un Paese che discuteva di misure provvisorie, su cui io stesso mi ero riservato di effettuare definitive valutazioni. D’ora in poi, adotteremo contromisure severe affinché situazioni del genere non si ripetano più. La riservatezza degli atti normativi in corso di formazione va tutelata al massimo grado”.

Di fatto, Giuseppe Conte ha utilizzato la stessa “giustificazione” della scorsa settimana: “non è stato Palazzo Chigi”. D’accordo, non sarà stato Palazzo Chigi, ma chiunque sia stato… anche in questo secondo caso, si registra purtroppo un grave ritardo nella reazione, ed una presa di posizione non adeguatamente tempestiva e netta, forte, finanche dura.

Il problema di fondo non è infatti la “riservatezza” in sé, ovvero la riservatezza degli atti normativi dalla gestazione complessa: da quando mondo è mondo, cioè da sempre, sono trapelate dagli uffici governativi bozze di decreti del Presidente del Consiglio, e la parola “fine” si poneva soltanto quando il testo veniva pubblicato, nella sua versione definitiva, sulla Gazzetta Ufficiale.

È infatti pressoché impossibile “blindare” un simile testo, allorquando passa tra le mani di alcune decine di funzionari ed esponenti politici.

Il vero problema non è quindi una impossibile (perché impraticabile) “riservatezza”, bensì la capacità di intervenire in modo chiaro, tempestivo, univoco in tutti i flussi di informazione.

Serve una regia comunicazionale unica

Serve una regia comunicazionale, serve un “comunicatore unico”, serve una fonte unica di informazione istituzionale primaria e validata.

Se quella di qualche giorno fa (il decreto sulla chiusura delle scuole) è stata veramente una pagina buia nella storia della comunicazione pubblica in Italia, l’episodio che si è venuto a determinare tra sabato 7 e domenica 8, “arricchisce” quello che è ormai probabilmente destinato a divenire… un “libro nero”!

La questione ha assunto anche rilevanza giornalistica internazionale, al punto tale che una multinazionale dell’informazione del livello di Cnn ha dovuto “giustificare” il proprio “scoop” rivelando che la notizia era stata acquisita (confermata) dall’Ufficio Stampa della Regione Lombardia, per poi correggere parzialmente il tiro, adducendo un “anche” (lasciando così intendere una possibile fonte altra, o altre, senza rivelarle; secondo alcuni giornalisti, Cnn avrebbe ricevuto la bozza anche da “la Repubblica”). Anche, appunto.

Questa una breve ricostruzione: nella serata di sabato 7 marzo, intorno alle 19, comincia a circolare la bozza del decreto con cui da domenica 8 viene severamente ristretta la possibilità di muoversi dalla Lombardia e da 14 Province del Nord Italia. Secondo alcune ricostruzioni, l’Ansa avrebbe battuto una notizia alle 19:33 e l’avrebbe battuta da Roma, non dalla Lombardia o dal Piemonte: stop ai ricoveri non urgenti. Al di là della notizia, che non colpisce più di tanto, il testo si conclude: “Così il decreto che l’Ansa ha potuto visionare”. Abbiamo verificato oggi, e di questo dispaccio non c’è traccia sul database di Ansa: curiosa rimozione?! Secondo questa ricostruzione, comunque, il decreto “in bozza” circolava, eccome, e forse Cnn si è limitata a chiedere conferma alla Regione Lombardia… Oggi il Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana ha però smentito questa possibilità ed ha annunciato querele, precisando che lui ha letto il testo del decreto soltanto dopo che era stato rilanciato sui “social” (!!!): “iI che mi ha lasciato abbastanza perplesso. Tant’è vero che poi, quando sono stato chiamato da Palazzo Chigi, la mia risposta è stata: ‘Lasciatemelo almeno leggere prima di fare dei commenti al buio‘”. Come dire?! Incredibile ma vero???

Da più parti, quale che sia – in questo caso – la novella “gola profonda”, viene ormai invocata la testa del portavoce del Presidente, quel Rocco Casalino (che i maligni apostrofano come “laureato all’Università del Grande Fratello”), ma è bene chiarire che la criticità va ben oltre la specifica persona. Con sarcasmo e simpatico gioco di parole, ha scritto ieri Andrea Amata sul quotidiano “Il Tempo”: “il dilettantismo con cui vengono gestite delicate funzioni pare non percepisca l’eccezionalità della situazione e si indulge a collaborazioni dispendiose, come quella di Casalino, che è salariato dai contribuenti con 169mila euro lordi, che sarebbe meglio remunerare con il reddito di cittadinanza, anziché con un reddito spropositato per nuocere alla cittadinanza”.

Al di là di questo secondo caso di mala gestione dell’informazione, vogliamo ribadire la nostra proposta: esiste in effetti una continua e crescente alluvione di informazione sull’epidemia, tra decine e decine di trasmissioni televisive e l’oceano infinito del web, e diviene indispensabile – ed urgente – fare in modo che esista una fonte istituzionale primaria: una ed una soltanto.

Il cittadino non può essere costretto ad “inseguire” le “ultime notizie” del canale Alfa o del canale Beta, del sito Delta o del sito Omega… Ovvero: le sacrosante libertà di opinione e la democrazia non possono essere limitate e represse, ma uno Stato moderno ha il dovere di concentrare l’informazione – in casi di emergenza così grave – su 1 fonte una, che deve divenire la fonte primaria di informazione aggiornata, accurata, validata, e riconosciuta dallo Stato stesso.

Un esempio, tra i tanti: il cittadino non deve essere costretto ad andare sul sito web del Ministero della Salute o della Protezione Civile o su quello dell’Istituto Superiore di Sanità o, ancora, della Regione Lombardia… Ognuna di queste istituzioni (fonti) deve essere libera di curare una “propria” informazione, ma questa dispersione di fonti deve essere ricondotta ad unità: non una fonte unica, ma una fonte univoca che porti a sintesi l’informazione dello Stato. Insomma, elogio del policentrismo, ma fino ad un certo punto.

Rai News: canale da dedicare esclusivamente all’emergenza

Abbiamo quindi proposto di trasformare temporaneamente il canale delle news di Rai in un canale nazionale dello Stato, come fonte primaria di aggiornamento e validazione sull’evoluzione dell’epidemia, e sui provvedimenti assunti dalle varie istituzioni, nazionali e regionali.

Una versione straordinaria di RaiNews, concentrata tutta sull’emergenza Coronavirus.

Questa iniziativa dovrebbe essere concordata da un “tavolo di regia” da organizzare tra Stato e Rai, con rappresentanti dei dicasteri più direttamente coinvolti nell’emergenza (Salute, Interno, Istruzione…) e con rappresentanti delle Regioni (Conferenza Stato-Regioni).

Ferma restando la libertà di ogni istituzione di continuare a comunicare in autonomia (nessuna limitazione del pluralismo, quindi), ferma restando la libertà di ogni testata giornalistica di continuare a comunicare in autonomia (nessuna limitazione del diritto di esprimere le proprie tesi)… tutti i soggetti istituzionali dovrebbero segnalare la fonte primaria, come avviene per un “numero verde” di livello nazionale.

Tutti dovrebbero segnalare l’esistenza di un “canale” primario, non unico ma univoco, che rappresenta univocamente la voce dello Stato, inteso nella sua sintesi più alta.

Se non si assumerà una decisione di questo tipo, nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, si assisterà nuovamente a “fughe di notizie”, errori comunicazionali, ad una ridda infinita di “news” e “fake news”, tesi ed antitesi, la confusione alimenterà ulteriore confusione, con un incremento di notizie che finiscono per essere contraddittorie e non verificabili.

A chi obietta che una simile soluzione – un canale Rai dedicato esclusivamente all’emergenza – finirebbe per alimentare ulteriore bulimia informativa, rispondiamo in modo netto: ciò non corrisponde al vero, perché questo canale finirebbe per essere “il canale” di riferimento della popolazione tutta, un canale di servizio pubblico con un preciso profilo identitario.

L’emergenza informativa può essere paradossalmente più grave dell’emergenza sanitaria

Come ha scritto saggiamente Francesco Giorgino su “La Gazzetta del Mezzogiorno” di oggi, serve “più comunicazione istituzionale e meno comunicazione politica… Occorre evitare contraddittorietà e frammentazioni, riconducendo tutto il flusso informativo in uscita ad un unico ufficio e ad unica figura”.

Nella situazione attuale, riteniamo che all’emergenza specificamente sanitaria si affianchi una non meno delicata ed importante emergenza informativa.

Dal punto di vista materiale, la superficialità di gestione dell’emergenza può essere letale per la sostenibilità del sistema sanitario italiano, che soffre di una carenza di strutture per la terapia intensiva e sub-intensiva non in grado di fronteggiare una esacerbazione epidemica con la consequenziale eccedenza di ospedalizzazione…

Al contempo, dal punto di vista immateriale, la confusione informativa determina preoccupanti (e talvolta terribili) ricadute varie su più fronti, sociale ed economico in primis (la reazione psicosociale della popolazione, che si sente legittimata ad attivare sia letture riduzioniste sia interpretazioni allarmiste; la reazione dei mercati finanziari e del tessuto imprenditoriale, che rimane spiazzata dalla confusione…): e questa seconda emergenza informativa può paradossalmente provocare, nel brevissimo periodo, più danni dell’emergenza sanitaria.

Una comunicazione istituzionale inadeguata all’emergenza può produrre danni incalcolabili al Paese, più dell’emergenza stessa: urge quindi assumere misure straordinarie.

Abbiamo certezza che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sia conscio della gravità estrema della situazione e voglia suggerire al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte di adottarle.

In questi giorni, ho ripensato ad alcune vecchie letture, a Winston Churchill. Questa è la nostra ‘ora più buia’. Ma ce la faremo”, ha scritto su Instagram il Presidente del Consiglio, facendo riferimento all’emergenza che il Paese sta attraversando per il Covid-19. Temiamo che “l’ora più buia” debba ancora venire. Preveniamola, anzitutto a livello di informazione.

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